Italia
Il Cinema ha bisogno di sostegno, non di sorveglianza. Ministero e Agenzia, due carrozzoni inutili e dannosi

Due proposte legislative sbagliate frutto della stessa logica, rispondere con strumenti vecchi e inadeguati a problemi nuovi e sfide impreviste invece che accelerare su norme che vedano meno burocrazia e più libertà d’impresa seppure regolata. A prima vista, l’idea può sembrare nobile: un’attenzione dedicata, un dicastero autonomo per il cinema e l’audiovisivo o un’Agenzia a gestione “manageriale” per ottimizzare risorse e strategie. Ma dietro l’apparenza di rilancio, si cela un pericoloso ritorno al dirigismo culturale, a una burocrazia asfissiante che rischia di soffocare la creatività e la pluralità di voci che fanno grande l’arte cinematografica.
Un Ministero inutile
L’istituzione di un Ministero del Cinema rappresenta un doppione dannoso. Il Ministero della Cultura già dispone di una Direzione Generale Cinema con strumenti normativi, fondi e competenze consolidate. Crearne uno nuovo non sarebbe un rafforzamento, ma una dispersione: risorse umane e finanziarie sottratte ad altre aree culturali già trascurate e una guerra di competenze interna, tra vecchi e nuovi apparati. Inoltre, un ministero autonomo rischia di accentuare il controllo politico sulle scelte artistiche. Il cinema ha bisogno di sostegno, non di sorveglianza. Se la politica vuole aiutare, lo faccia con risorse certe e regole chiare, non con nuove piramidi burocratiche.
Agenzia o carrozzone?
L’idea di un’Agenzia per il Cinema a modello “RAI-Way” o “ICE” è altrettanto pericolosa. Quale indipendenza si può garantire in un’agenzia di nomina politica, magari guidata da un “supermanager” amico di turno? Quale trasparenza nei finanziamenti, nelle selezioni, nelle missioni internazionali? Si rischia la creazione di un ennesimo carrozzone, poco efficiente e molto politicizzato. Le agenzie funzionano solo in contesti altamente regolati e con forti sistemi di controllo indipendenti, che in Italia raramente funzionano come dovrebbero. Il settore ha bisogno di semplificazione, non di nuove strutture da alimentare.
Il vero rilancio passa da altro
Il rilancio del cinema italiano non passa per nuove sigle ministeriali o per le nomine dei soliti noti. Passa da investimenti nell’educazione all’immagine, nella distribuzione, nel rafforzamento delle sale, nelle coproduzioni europee, nella tutela del lavoro creativo, nella formazione di nuovi talenti. Serve una legge sul cinema moderna, snella, chiara, non una riedizione aggiornata del centralismo culturale di epoca fascista o delle “commissioni di qualità” degli anni ‘80. Servono risorse, certo, ma soprattutto servono visione e fiducia nei creatori. Il cinema non si gestisce con timbri e decreti. Si coltiva con libertà, pluralismo, investimento e fiducia. Un Ministero del Cinema e una sua Agenzia rischiano di diventare simboli di una politica che vuole governare l’immaginario invece di sostenerlo. E questo, in una democrazia matura, è il pericolo più grande.
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