Mentre il mondo si ferma e punta gli occhi verso il Conclave, in Parlamento si riapre il dibattito sulla legge elettorale. Un tema scomparso da mesi dai radar della politica, tornato ora in cima all’agenda dopo l’apertura di Giorgia Meloni sulle preferenze e il rilancio del premierato. Nei fatti cosa cambierebbe? Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato e massimo esperto di riforme di Fratelli d’Italia, spiega i dettagli delle possibili novità e apre al dialogo con le opposizioni. A partire dal Partito democratico, d’accordo sulle preferenze con un sistema proporzionale con sbarramento alto. Ma FdI dovrà convincere soprattutto la Lega, fredda sul tema, come dimostrano le parole del capogruppo alla Camera Riccardo Molinari: «La legge elettorale che c’è adesso va più che bene. Oggi per noi però il tema non c’è, quando gli alleati vorranno parlarne sanno dove trovarci».

L’apertura della presidente Meloni è importante: torneranno davvero le preferenze?
«Giorgia Meloni è sempre stata favorevole alle preferenze. L’elettore deve poter scegliere il governo, il partito e anche il parlamentare. Il sistema che garantisce meglio governabilità e rappresentatività insieme è quello delle Regioni. Con un ragionevole premio di maggioranza si garantisce la governabilità».

A che soglia pensa per il premio di maggioranza?
«A mio parere il premio dovrebbe scattare al di sopra del 40% e garantire il 55% dei seggi. In questo modo verrebbe garantita anche la rappresentanza».

Ma la Corte Costituzionale non lo accetterebbe se fosse sproporzionato…
«Un premio del genere sarebbe del tutto compatibile con le pronunce della Corte Costituzionale».

Bisognerà comunque integrare la nuova legge elettorale con il premierato. L’elettore potrebbe indicare direttamente sulla scheda il candidato premier?
«L’indicazione del premier sulla scheda consoliderebbe il bipolarismo. È la democrazia dell’alternanza, che è la forma più compiuta di democrazia, e anticiperebbe la riforma del premierato qualora la legge non entrasse in vigore in tempo per le elezioni del 2027».

A che punto è il confronto all’interno della maggioranza?
«Il confronto è ancora alla fase di semplice discussione, non c’è ancora niente di definito: solo ipotesi».

E poi bisognerà coinvolgere anche le opposizioni. Dal Pd arrivano segnali di dialogo.
«Bisognerà trovare una sintesi come maggioranza e poi confrontarsi anche con le opposizioni, a cominciare dal Pd».

Al Senato è partito l’iter del ddl che abolirebbe il ballottaggio alle comunali nelle grandi città. Cosa risponde a chi parla di «furto di democrazia» e di «deriva autoritaria»?
«Non si può portare a votare la gente due volte in due settimane. Si provoca solo disaffezione. Ormai sempre più spesso chi vince al secondo turno ottiene meno voti di quanti ne aveva presi il suo avversario al primo turno. Ne risente la stessa legittimazione del sindaco».

Anche perché un sistema del genere si applica già in alcune elezioni…
«In Sicilia è in vigore da tempo. Anche in Toscana il governatore si elegge con questo metodo. E anche il Friuli-Venezia Giulia ha fatto la stessa scelta. Non mi pare si siano verificati problemi per la democrazia, anzi».