Il Cnel ha deciso: bocciata la proposta di salario minimo. Ieri erano presenti 62 consiglieri su 64, quasi il plenum. Il documento finale è stato approvato con 15 voti contrari, nessun astenuto. Favorevoli 39 organizzazioni, tra cui Cisl, Confindustria e Confapi. Contrari Cgil, Uil e Usb. In definitiva il Cnel ha ritenuto che la contrattazione collettiva sia ancora oggi la sede da privilegiare, posizione condivisa da tutte le confederazioni sindacali sino a pochissimi anni fa. Infatti anche la Cgil prima dell’era Meloni, è sempre stata contraria al salario minimo.

Il lavoro istruttorio e di analisi svolto dal Cnel ha evidenziato il vicepresidente Claudio Risso, della Cisl, contribuisce a chiarire come l’introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe la grande questione del lavoro povero che va ben oltre il tema delle retribuzioni. La povertà lavorativa riguarda, infatti, la quantità di lavoro nell’arco dell’anno per chi vive di contratti precari e intermittenti, la composizione del reddito all’interno del nucleo familiare e l’azione redistributiva dello Stato. Quanto ai trattamenti retributivi giusti e dignitosi, il Cnel ritiene che la contrattazione collettiva sia ancora oggi la sede da privilegiare e valorizzare sottolineando l’importanza di controlli e interventi di vigilanza nelle stesse aree della parasubordinazione e del finto lavoro autonomo.

“Ci sembra un’impostazione, condivisibile, in linea con gli orientamenti della Cisl, che continua a ritenere che il tema del salario minimo, del salario dignitoso o del salario massimo possibile, va affrontato e risolto restando nella cornice delle buone relazioni sindacali e nella contrattazione collettiva, tra l’altro è l’indicazione che ci manda a dire l’Ue nella direttiva” ha commentato il segretario Luigi Sbarra “Pensiamo che questo orientamento, questi dati e valutazioni del Cnel possono rappresentare un solido riferimento al sistema politico e al parlamento per andare nella direzione di estendere valorizzare e rafforzare la contrattazione collettiva”. Mentre a Landini che contrariato fa appello alla Costituzione, risponde il presidente del Cnel Brunetta: “Sono d’accordo con il segretario della Cgil: stare sulla strada maestra della Costituzione, e con il documento approvato stiamo nell’alveo della Costituzione”. Che infatti, non essendo stata riformata, prevede proprio la consultazione del Cnel.

All’articolo 49 fa invece appello la Cisl, che ha organizzato oggi e domani nelle piazze di tutta Italia le Giornate della Partecipazione. Due giornate di confronto e di dibattiti ed una ulteriore occasione per firmare la proposta di legge di iniziativa popolare, “La Partecipazione al lavoro”, che si pone l’obiettivo di portare i lavoratori nei consigli di sorveglianza e nei Cda delle aziende e di favorire la loro compartecipazione agli utili d’impresa. La campagna della Cisl ha già visto l’adesione di moltissimi lavoratori, pensionati e cittadini. La due giorni sarà anche occasione per presentare le prime adesioni al Manifesto Cisl “Insieme per la Partecipazione”, documento che già conta oltre 40 sottoscrizioni di autorevoli personalità del mondo universitario, culturale e scientifico e indica la via di un modello di sviluppo incentrato sul protagonismo dei lavoratori alla vita d’impresa”.

“In un momento estremamente delicato per la nostra storia- si legge nel Manifesto- condizionato da preoccupanti instabilità geo-politiche, crescenti divari di produttività e valore tra settori e contesti geografici, polarizzazione delle competenze e dei salari, esclusione sociale delle persone più deboli e perduranti difficoltà del sistema scolastico, formativo e universitario, la CISL non si accontenta di assistere a uno stanco dibattito attorno alle possibili soluzioni di breve termine. Per questo vogliamo rimettere al centro lo spirito e i contenuti della nostra Costituzione, che promuove un sistema economico e sociale alternativo tanto al liberismo quanto al dirigismo. In particolare, l’articolo 46 prevede che la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende è un «diritto», ben più di una semplice facoltà, da concretizzarsi in conformità alla legge e «in armonia», non in conflitto, con le esigenze della produzione. In oltre settant’anni, non sono state approvate leggi in grado di liberare il potenziale sociale ed economico di questa disposizione. Le rigide contrapposizioni ideologiche prima, l’affermazione di modelli manageriali ostili al coinvolgimento dei lavoratori poi e, infine, la linearità novecentesca della produzione e dell’organizzazione del lavoro si sono rivelati ostacoli insormontabili per le molte proposte che pure si sono succedute nei decenni.

La situazione di oggi è diversa: sono già centinaia le buone pratiche di partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese, in ambito strategico, ma anche economico, organizzativo e consultivo; il livello di istruzione e competenze dei lavoratori è sempre più elevato; tanto la crisi economica derivante dal Covid, quanto quella causata dall’incremento dei costi energetici, hanno dimostrato ad associazioni datoriali e sindacati che la collaborazione è ben più feconda della dogmatica contrapposizione”.

Tra i primi firmatari del Manifesto ci sono: Leonardo Becchetti, Giuliano Cazzola, Enrico Cisnetto, Enrico Giovannini, Pietro Ichino, Emmanuele Massagli, Tommaso Nannicini, Stefano Parisi, Maurizio Sacconi, Giulio Sapelli, Giovanni Tria, e anche l’ex presidente del Cnel Tiziano Treu e molti altri. “Siamo convinti che i tempi siano maturi per dare seguito alle intuizioni dei padri costituenti e dei fondatori della CISL creando le condizioni strutturali per un nuovo rapporto tra capitale e lavoro, responsabile e generativo”. La grande condivisione e partecipazione a questo manifesto della Cisl, insieme alla decisione del Cnel, dimostrano che la rappresentanza del mondo del lavoro non spetta solo a Landini.

E se qualcuno oggi si lamenta della decisione sul salario minimo scaricata dal governo sul Cnel, si ricordi che qualcuno lo voleva abolire. E loro votarono contro.