Il Segretario della CGIL è pensionabile a sua insaputa?
Lo strano caso di Maurizio Landini: è pensionabile ma non lo sa
Landini ha maturato l’anzianità contributiva. Una regola precisa dello Statuto della Cgil vieta espressamente di rivestire cariche dirigenziali a chi è in età pensionabile. E quindi, come la mettiamo con quella norma attuativa dello Statuto sull’incandidabilità alle cariche se pensionabili?
Che figura, Maurizio Landini. È diventato virale il video in cui il numero uno della CGIL se la dà a gambe davanti alle domande scomode di una giornalista. Il Segretario Generale che ha silurato senza tanti complimenti il suo ex portavoce è irritato e molto, molto imbarazzato. Quando gli chiedono conto del collaboratore defenestrato scappa letteralmente, davanti alle telecamere di Quarta Repubblica.
Una immagine assai eloquente dello stato d’animo che regna ai piani alti del sindacato. La contraddizione tra il predicare bene e il razzolare male è stridente. E mostra senza più troppi dubbi che la CGIL tra una campagna e l’altra contro la precarietà, licenzia, eccome. E non c’entra proprio nulla il Jobs Act.
Vengono licenziati Massimo Gibelli e non solo. Ci sarebbero altri casi, altre persone. Allontanate senza troppe remore dalle stanze di Corso Italia. Come nel caso dell’avvocato Francesca Carnoso, membro del direttivo nazionale Fisac Cgil (la sigla confederale dei bancari) esautorata nel 2021 senza troppe remore. Anche se non per caso: l’avvocata Carnoso un problema lo aveva sollevato. In punta di statuto, aveva contestato l’eleggibilità del Segretario generale della categoria, Nino Baseotto, per limiti di età.
Una regola precisa dello Statuto della Cgil vieta espressamente di rivestire cariche dirigenziali a chi è in età pensionabile. L’avvocata aveva fatto la voce grossa, forse troppo: “O le regole valgono per tutti o siamo di fronte a insostenibili privilegi”, aveva tuonato. E poi ha preso la pioggia. Una gragnuola di insulti, di critiche feroci. E infine l’allontanamento dall’incarico sindacale.
La regola nello Statuto CGIL però esiste, nero su bianco. Il Riformista ha potuto verificare. Si trova sulle Delibere attuative dello Statuto, in un documento votato dall’Assemblea Generale del 19 e 20 luglio scorso, tenutasi a Roma. Articolo 7.1.7: “Al fine di favorire il rinnovamento dei gruppi dirigenti ad esclusione di quanti operano nello SPI, il mandato esecutivo di coloro che raggiungono i requisiti di cui al punto 7.2 della presente Delibera: nel caso di pensione anticipata è possibile la conclusione dei cicli di mandato in essere (due mandati per un massimo di otto anni); in ogni caso il mandato esecutivo termina al compimento del 65° anno di età. Nel caso di pensione di vecchiaia il mandato elettivo termina di norma al compimento del 65° anno di età. È facoltà del Comitato Direttivo competente deliberare, con il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto, la prosecuzione del mandato sino alla sua conclusione e comunque non oltre la maturazione del diritto al pensionamento di vecchiaia. Dopo il compimento del 65° anno di età non è comunque possibile avviare un mandato esecutivo”.
C’è però un mandato esecutivo nazionale che risulterebbe, in base agli elementi in nostro possesso, forzare la norma statutaria della CGIL tanto da poter essere oggetto di impugnativa. Ed è proprio il mandato di Maurizio Landini quale Segretario Generale. Il leader sindacale è nato il 7 agosto del 1961: ad oggi ha 62 anni. Ma risulterebbe avere una contribuzione pensionistica che affonda nei tempi.
In più interviste, inclusa una recente al Diario del Lavoro, ha tenuto a precisare di avere iniziato a lavorare regolarmente a 15 anni. Circostanza confermata dalla sua biografia che troviamo in rete: “Lascia la scuola a 15 anni trovando occupazione in un’azienda metalmeccanica in qualità di apprendista saldatore”. Volendo prendere le sue affermazioni per buone, dobbiamo dunque considerare che Landini dal 1976 in poi ha ricevuto contribuzioni regolari. Avrebbe quindi 47 anni di contributi versati (che sommata all’età anagrafica farebbe “Quota 109”), di cui almeno tre versati prima del 19° anno: soddisfa pienamente tutti i requisiti di legge per la “pensionabilità”.
E non da oggi: quando è stato eletto al primo mandato nel 2019 aveva comunque già 43 anni di contributi. Al recente congresso di Rimini, il 18 marzo scorso, è stato rieletto per il secondo mandato avendo maturato 47 anni di contributi versati. Lo Statuto CGIL prevede che non si possa rimanere in carica oltre la maturazione del diritto al pensionamento di anzianità.
Cosa avrebbe dovuto fare, Maurizio Landini? Probabilmente, richiedere una deroga formale agli organismi dirigenti. Sicuramente, segnalare il problema. Una soluzione l’avrebbero trovata. Non esiste tema di decadenza automatica. Ma deve aver considerato più opportuno soprassedere, piuttosto che rischiare di vedersi sollevare il polverone dagli sfidanti interni.
Di fatto, non risultano riferimenti al caso dell’età pensionabile del Segretario posti al Direttivo Nazionale. Può esserci un difetto di comunicazione, dato che la trasparenza qua e là traballa. Come per esempio sulla maggior parte degli stipendi dei dirigenti confederali CGIL: sul sito c’è quello del Segretario nazionale, oltre 7.000 euro lorde, ma mancano le indicazioni di stipendi e benefits degli altri vertici. Mancano i criteri di spesa, posto che il Codice Etico della CGIL raccomanda esplicitamente “Sobrietà”. Negli acquisti e negli strumenti di lavoro. Non si sa se corrisponda a questa aspirazione alla sobrietà la decisione, maturata dallo stesso Landini, di dotarsi di ben due lussuosissime Audi A6. “In leasing”, aveva precisato con una nota. Come se il rent-to-buy sulle auto di lusso costasse poco.
Non si sa come avvengano le contrattazioni interne al sindacato: chi decide sulla rivalutazione degli stipendi, chi valuta bonus ed emolumenti e con quali criteri avvengano promozioni, trasferimenti e appunto: i licenziamenti senza giusta causa. Al sindacato serve un sindacato interno? Un sindacalista CGIL che agisca a tutela dei lavoratori della CGIL, a rischio precarietà non certo per il Jobs Act ma per un altro, annoso problema. I sindacati in Italia sono libere associazioni dalla natura incerta. A causa dell’inattuazione dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 39 della Costituzione, i sindacati non possono ottenere la personalità giuridica tramite la registrazione. La loro esistenza è legittimata dall’art. 39.1, ma non esiste una disciplina legale di attuazione. E dunque, liberi tutti: ciascuno fa e disfa le proprie regole del gioco. Crea statuti e regolamenti sui quali poi interviene con deroghe e eccezioni. Come nel caso di cui diamo conto oggi: Maurizio Landini sarebbe Segretario nazionale di una associazione sindacale che sembrerebbe impedirgli statutariamente di esserlo.
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