Sei Punte
L’Alto rappresentante UE
Il curriculum anti-israeliano di Borrell che vede la pace nei regimi delle impiccagioni
L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza dell’Unione europea, lo spagnolo Josep Borrell, è quello che non ha mai detto una parola lungo i dodici mesi di bombardamenti di Hezbollah che hanno incenerito la Galilea e fatto sessantamila profughi israeliani. È lo stesso che invece ha preso a rilasciare dichiarazioni quando lo Stato Ebraico ha cominciato a contrastare quegli attacchi, ovviamente dichiarazioni di condanna nei confronti di Israele e di solidarietà nei confronti del governo libanese.
È ancora, Josep Borrell, quello che ha sempre ritenuto di proclamare la insostituibilità dell’Unrwa (l’agenzia dell’ONU per il sussidio dei rifugiati palestinesi in Medio Oriente), senza mai dire nulla degli assassini che vi militavano a mo’ di distacco, una specie di secondo lavoro al di fuori delle più ampie parentesi professionali al servizio di Hamas. Ed è lo stesso che l’altro giorno annunciava di voler istigare i ministri degli Esteri dei paesi membri dell’Unione europea a pronunciarsi affinché essa deliberasse di chiudere le relazioni politiche con Israele, oggetto di consolidati accordi e reciproci riconoscimenti. Ovviamente, inutile precisarlo, con il festoso saluto di qualche inossidabile democratico di casa nostra, a cominciare da un’entusiasta Laura Boldrini che ieri affidava alle agenzie la propria speranza che questo sia l’inizio della soluzione finale della questione israeliana.
Il curriculum anti-israeliano
Naturalmente il curriculum anti-israeliano (è un eufemismo) di quel signore, come quello delle sue badanti provinciali, non dovrebbero influenzare il giudizio su una simile proposta, la quale è meritevole di essere considerata infame a prescindere da chi ha il coraggio anche solo di immaginarla. Di fatto, l’Unione europea, semmai quell’intendimento dovesse realizzarsi, interromperebbe il dialogo politico con l’unica democrazia del Medio Oriente – che, come ogni democrazia, può commettere errori e abusi – mantenendo invece gradevoli relazioni con le autocrazie e i regimi sanguinari circostanti che rivendicano e perseguono il progetto di distruggere quella singolarità democratica.
La pace delle democrazie delle impiccagioni
Il presupposto dell’iniziativa di Josep Borrell – si badi bene allo sproposito – è che Israele si renderebbe responsabile della violazione dei diritti umani nelle operazioni belliche a Gaza. Il che, naturalmente, può essere (è di questi giorni la notizia che Israele ha avviato indagini su possibili episodi di tal genere), ma incuriosisce che le sensibilità europee siano chiamate a vibrare per i diritti umani sacrificati nella guerra scatenata da Hamas mentre tutt’attorno vige la pace delle democrazie delle impiccagioni, l’ordine delle adultere lapidate, la disciplina degli omosessuali scaraventati giù dai tetti e l’equilibrio di ottocentomila morti (parte dei quali palestinesi) soltanto tra Yemen e Siria. Tutte vicende di violazione indegne di nota – figurarsi di condanna – visto che a rendersene responsabile non è l’entità di cui fare repulisti dal fiume al mare.
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