Sono in corso in questi mesi a Brescia due processi alquanto particolari. Il primo, per il quale c’è già stata la sentenza di primo grado, ha visto sul banco degli imputati Piercamillo Davigo, ex consigliere del Csm, condannato ad uno anno e tre mesi di carcere per aver divulgato i verbali segreti dell’interrogatorio dell’avvocato Piero Amara a proposito dell’esistenza della loggia Ungheria. L’appello è attualmente in corso e la sentenza è attesa nelle prossime settimane. Il secondo, invece, riguarda il procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e il pm presso la Procura europea Sergio Spadaro, entrambi accusati di aver nascosto delle prove a favore degli imputati, poi tutti assolti in via definitiva, del maxi processo Eni-Nigeria.

In quest’ultimo processo, il cui dibattimento si trascina stancamente da mesi, sta emergendo uno spaccato non proprio edificante circa le dinamiche all’interno della Procura del capoluogo lombardo prima della gestione dell’attuale procuratore Marcello Viola. Vale allora la pena ricordare la testimonianza del pm milanese Paolo Storari, interrogato dal procuratore di Brescia Francesco Prete nel lontano maggio del 2021. Sentito a proposito di questa “fuga dei verbali”, Storari raccontò con grande dovizia di particolari che i vertici della Procura di Milano, che intendevano utilizzare Amara nel processo Eni-Nigeria per ottenere la condanna degli imputati e tra questi anzitutto del numero uno del colosso petrolifero Claudio Descalzi, non avevano convenienza ad approfondire la vicenda della loggia Ungheria in quanto l’attendibilità del dichiarante Amara poteva esserne inficiata.

Per chiarire ciò che accadeva, Storari disse testualmente: “Mi ricordo benissimo quello che De Pasquale mi ha detto … quello me lo ricordo … di tenere nel cassetto due anni questo fascicolo”. Una frase alquanto inquietante che fa a pezzi ogni discussione sull’obbligatorietà dell’azione penale, rivendicata come un mantra ad ogni occasione dall’Associazione nazionale magistrati. La circostanza curiosa, in attesa degli esiti del processo, e che in tutti questi anni il Csm ha mai ritenuto di dover esaminare se ci siano profili di incompatibilità nei confronti di De Pasquale e di Spadaro che hanno sostenuto l’accusa nel processo Eni-Nigeria, nonché dello stesso Storari alla luce delle sue affermazioni.

Ad oggi, infatti, essi continuano a lavorare nella stessa Procura. Ed è difficile pensare che il procedimento per incompatibilità possa dipendere da questo processo penale pendente a Brescia a carico di De Pasquale e Spadaro per omissione in atti di ufficio poiché la “pregiudiziale penale” vale per il procedimento disciplinare ma non per quello di incompatibilità ambientale o funzionale. Ciò è dimostrato anche dal fatto che la pratica giace ferma anche nei confronti di Storari che ha definito la propria posizione penale a Brescia (era coimputato con Davigo, ndr) con una sentenza ormai passata in giudicato da alcuni mesi.

Vi sono infatti numerosi casi nei quali il Csm ha proceduto con la pratica di incompatibilità ambientale o funzionale nonostante la pendenza, per gli stessi fatti, di procedimenti disciplinari o penali. Ricordiamo ad esempio i casi del pm fiorentino Paolo Barlucchi, del pm antimafia Cesare Sirignano o dell’ex pm romano Stefano Fava, sottoposti, in contemporanea, a procedimenti penali, disciplinari e procedure di incompatibilità per gli stessi fatti senza che tuttavia le procedure di trasferimento siano state sospese dal Csm come invece sta avvenendo per De Pasquale e Spadaro.

Il Csm a guida David Ermini aveva anche effettuato a tal proposito una possente attività istruttoria, disponendo una trasferta al palazzo di giustizia di Milano dei componenti della prima Commissione, competenti proprio per le incompatibilità dei magistrati, nel lontano mese di gennaio 2022 con costi rilevanti per la collettività. A distanza di due anni tutto tace e De Pasquale, su cui pende una accusa molto grave per un magistrato e che i cittadini che hanno a cuore le sorti della giustizia sperano sia archiviata quanto prima, continua ad essere il responsabile del dipartimento dei reati contro la criminalità internazionale della Procura di Milano, con la sua stanza a pochi metri da quella di Storari a cui aveva detto di tenere nel cassetto il fascicolo su Amara.