L’opera realizzata da Deirdre McCloskey è probabilmente la più colossale apologia della borghesia mai stata scritta. Migliaia di pagine peraltro redatte con raffinato e suadente stile letterario, persino “colloquiale” con il lettore, per dimostrare, detta grossolanamente, che – come diceva Leibniz – viviamo nel migliore dei mondi possibili.

Grazie alla Silvio Berlusconi Editore arrivano dunque in libreria questi tre enormi tomi di Deirdre McCloskey, economista-storica-filosofa americana che ha trascorso la vita a studiare la storia del mondo e le sue fondamentali leggi economiche, e si tratta di tre volumi tanto spaventosi per la mole quanto agevoli nella lettura. Nello specifico si tratta di “Le virtù borghesi – Etica per la società commerciale” (pagg. 888, traduzione di Riccardo Cristiani, Alessandra Neve); “Dignità borghese – Perché l’economia non può spiegare il mondo moderno” (pagg. 852, traduzione di Francesco De Lellis, Lia Bruna); e infine “Eguaglianza borghese – Perché sono state le idee, non i capitali o le istituzioni, ad arricchire il mondo” (pagg. 1188, traduzione di Paolo Bassotti, Caterina Centrone, Alessandro De Lachenal, Fabio Galimberti, Alessandra Neve).

Come si vede, un’opera monumentale nella quale trova incredibilmente spazio qualunque argomento, certo con qualche inevitabile ripetizione, ma il lettore paziente saprà anche scegliere quale aspetto approfondire: siamo dentro ad un gigantesco supermarket delle idee, ad un clamoroso résumé della vicenda umana. Lo dimostrano la bibliografia e l’indice dei nomi che occupano pagine e pagine, dando per davvero la sensazione di avere tra le mani un opus magnum forse senza uguali. Peraltro il nocciolo duro è presto individuato: «Le nostre ricchezze non provengono dall’aver messo un mattone su un altro, una laurea su un’altra, un conto in banca su un altro, bensì dall’aver messo un’idea su un’altra».

Contrariamente al marxismo, ma anche contro le teorie di destra basate sul primato della forza, il vero motore della crescita che accompagna il genere umano dalla sua nascita è l’accumulo delle idee, cioè la progressiva e incessante ricerca di come costruire meglio, produrre meglio, vendere meglio, consumare meglio e dunque di come parlare meglio, organizzarsi meglio, vivere meglio: dunque le idee, la loro combinazione, la società, le regole liberali, la democrazia. «A mio parere – cogliamo questa frase di McCloskey – il capitalismo realmente esistente, non il collettivismo della destra o della sinistra, è andato oltre il mero consumo, producendo l’arte migliore e le persone migliori. Le persone hanno uno scopo. Un’economia capitalista offre loro la possibilità di farne esperienza». Qui sta la «dignità della borghesia», cioè la consapevolezza di sé in tutte le manifestazioni possibili, arte e cultura comprese, a garantire la superiorità del capitalismo: da non perdere sono le pagine apparentemente lontane dall’oggetto del libro, dall’amore, al sacro, a Van Gogh!

Ma tornando al punto, «corti di giustizia, salute pubblica, un po’ di polizia, alcuni eserciti, il riconoscimento dei diritti civili e la scuola pubblica – finché non venne espugnata dalla burocrazia e dai sindacati, traviati dal posto fisso e da laute pensioni – sono tutte idee magnifiche; ma il grosso dell’arricchimento moderno va attribuito all’innovazione. Solo una piccola parte – e resta da dimostrare che sia complessivamente positiva per i poveri – si può attribuire all’intervento pubblico e dei sindacati nel mercato» per cui«una regressione al socialismo o al fascismo della pianificazione centralizzata su vasta scala, quello per cui molti nell’intellighenzia ancora si struggono, su vecchie basi socialiste, su vecchie basi nazionaliste o su nuove basi ambientaliste, sarebbe una catastrofe».

Non è affatto un’opera “difficile”. Ecco infatti la McCloskey discorsiva, come se parlasse seduta in poltrona a giovani studenti: «Se andate a un’esposizione canina, a una mostra di antiquariato, a una convention di ballo o a un raduno dei molti milioni di birdwatcher americani, troverete persone senza pretese sociali che si impegnano con passione in qualcosa. Sì, alcune persone guardano più di quattro ore di televisione al giorno. Sì, alcuni sono dediti alla corruzione. Ma non sono peggiori dei loro antenati e in media sono migliori. I loro antenati, come i vostri e i miei, erano terribilmente poveri, impegnati solo a garantirsi il minimo indispensabile. Non deve per forza essere sempre così». La progressione umana, lo sviluppo delle idee, non sono qui prospettate “romanticamente” sulla scia di un positivismo scolastico e tardivo ma vengono messi a fuoco sulla base del metodo scientifico, empirico, dati alla mano, e senza mai dimenticare la qualità di questa crescita dell’umanità che non è solo economica ma anche morale.

Al fondo, pur se in una folla di pensatori, si potrebbe vedere nell’Illuminismo (più inglese e semmai kantiano che francese) una buon punto fermo, un “faro” della ricerca analitica di McCloskey, che confida nella lenta ma sicura attitudine dell’uomo a migliorare la propria condizione grazie alla conoscenza e alla continua tendenza a regolare la società umana. E per la studiosa americana non v’è dubbio che, lungi dall’essere il nostro un mondo perfetto, tuttavia esso è incomparabilmente il migliore di sempre, in barba ai catastrofismi di qualunque ideologia ammantati, in particolare di quella comunista, o comunque anticapitalista: «Per la persona comune, come si è visto dal 1917 al 1989, funziona meglio della cosiddetta pianificazione centrale sostenuta dalla Čeka o dal Kgb. In genere, un metodo distributivo non di mercato distribuisce i beni alle persone sbagliate. Alle persone che appartengono al partito, per esempio. E soprattutto non incoraggia in primo luogo la produzione di più giocattoli, più cibo o più edizioni del Nuovo Testamento in greco su carta sottile».

Nella conclusione dell’ultimo volume, il ribadimento, a questo stadio della storia, della superiorità del capitalismo: «Se si visualizzano soltanto le perturbazioni dell’ideale pastorale, tralasciando i guadagni derivanti dall’innovazione, è possibile tornare a essere poveri pastorelli e contadini inzaccherati, con un’opportunità di crescita intellettuale e spirituale minuscola. Se si venerano la gerarchia, la violenza e la nazione, è possibile consegnare la vita di milioni di persone in mano all’industria bellica. Se per le preoccupazioni per l’ambiente si abbandonano i princìpi economici, è possibile tornare ai tre dollari al giorno e andare a stare in una capanna sulla collina».

Si obietterà che il quadro di McCloskey appare fin troppo idilliaco. E che tutta la super-costruzione del suo gigantesco lavoro risente di una apoditticità ideologica riguardo alla esaltazione della borghesia. Sebbene, in conclusione, sia corretto dire che dopo secoli di discussioni ed esperimenti non si sia trovata situazione migliore della società capitalista fondata sulle idee liberali della borghesia: «La proprietà privata e il libero scambio – in breve, il capitalismo moderno – non sono il paradiso in terra. Ma per la distribuzione di beni limitati e soprattutto per la produzione di un numero maggiore di beni, be’… è il sistema peggiore, eccezion fatta per tutti gli altri che si sono sperimentati finora. E il suo effetto etico, come dicevo, non è del tutto negativo». Fuori dal capitalismo borghese, insomma, tutto il resto è peggio. E senza la borghesia, la Storia sarebbe stata buia.