«Piccolo, ti è piaciuto Harry Potter
«Sì, molto».
«E quale delle sue magie vorresti poter fare?»
«Il mantello dell’invisibilità»
Dialogo ipotetico, ma assolutamente verosimile, tra un critico cinematografico e un bambino, alla fine della proiezione di un film di Harry Potter. Diventare invisibili è una delle aspirazioni e delle fantasie più antiche e comuni, per fini leciti o illeciti che siano. L’azienda canadese Hyperstealth Corp sostiene di esserci riuscita. Ha pubblicato dei filmati su youtube che lo dimostrerebbero.
In assenza di verifiche, non possiamo sbilanciarci affermando che sia vero, perché i video potrebbero essere contraffatti, però la spiegazione tecnica del funzionamento è molto plausibile.
Ma è davvero possibile? Cosa significa in pratica diventare invisibili? Per capirlo, andiamo a rileggere Dante, che male non ci fa. Siamo all’inizio del terzo canto del Purgatorio, in cui incontriamo il figlio di Federico II di Svevia, Manfredi, quello bello, gentile e con un sopracciglio tagliato.
Dice Dante: «Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio, rotto m’era dinanzi a la figura, ch’avea in me de’ suoi raggi l’appoggio. Io mi volsi dallato con paura d’essere abbandonato, quand’io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura». Ovvero, la luce del sole, che brillava dietro di lui, era interrotta dal suo corpo, che quindi proiettava un’ombra davanti. Dante, quando si accorge che però l’ombra è una sola (cioè non vede, accanto alla sua, anche l’ombra di Virgilio), si guarda d’intorno, temendo di essere stato abbandonato dalla sua guida. Dante è un essere in carne e ossa e quindi blocca i raggi di luce; Virgilio, essendo puro spirito, è completamente diafano: la luce lo attraversa senza arrestarsi e quindi non fa ombra. Dante è visibile, Virgilio no. Per inciso, l’espediente usato da Dante di raffigurare con sembianze umane gli spiriti dell’Inferno e del Purgatorio, non regge all’analisi fisica. Se uno spirito è trasparente, non è visibile. Se è visibile, significa che trattiene o riflette una parte della luce, e quindi non è trasparente. A volte Dante chiama gli spiriti “ombre” ma, come appena visto, non possono essere ombre nel senso comune del termine e non possono neanche proiettare ombre…

Pensiamo al vetro di una finestra perfettamente pulito. Non è visibile. Senza avvicinarci e toccarlo, non possiamo sapere se ci sia, o no. Da questi ragionamenti, ricaviamo la prima conclusione. Per essere invisibile, un oggetto non deve ostacolare in alcun modo il percorso della luce. Ad esempio, se guardiamo un panorama attraverso il vetro pulito, l’immagine del panorama non deve essere attenuata (altrimenti ci accorgeremmo che c’è un vetro parzialmente opaco), ma neanche distorta, perché anche una distorsione denuncerebbe la presenza del vetro. Un vetro dallo spessore irregolare, come quello delle vecchie finestre, è perfettamente visibile, anche se trasparente. E questa è la seconda condizione essenziale: per risultare invisibile, un oggetto non deve né attenuare, né deviare i raggi di luce. Se volete una riprova, prendete un bicchiere di cristallo perfettamente pulito. Benché sia trasparente, non avrete difficoltà a vederlo. Il motivo è che, pur non attenuando la luce che lo attraversa, la devia. Queste sono dunque le caratteristiche che deve avere un oggetto per risultare invisibile in condizioni naturali. Ma la tecnologia spesso permette di modificare le condizioni in modo da riprodurre un effetto desiderato, senza che tuttavia tale effetto si verifichi realmente. Facciamo un esempio. Se guardiamo degli attori sul palcoscenico di un teatro, li riconosceremo come persone reali, in tre dimensioni, con corpi che occupano un volume di spazio. Al contrario, se guardiamo gli attori di un film al cinema o in televisione, ci accorgiamo subito che sono rappresentazioni piatte, come in un quadro o in una fotografia.

È però possibile cambiare le condizioni in modo da dare l’impressione che queste figure piatte siano invece tridimensionali. È il caso del cinema 3D. La sensazione di tridimensionalità si ottiene proiettando due immagini sullo schermo, opportunamente sfalsate, in modo che ciascun occhio possa vederne -tramite apposite lenti- solo una delle due. Il cervello sintetizza le due immagini leggermente diverse, ricostruendone una sola che ci appare tridimensionale. L’invisibilità si ottiene in maniera analoga: al pari del caso precedente, non importa ciò che accade in realtà, ma solo ciò che noi percepiamo come reale (questo discorso ci porterebbe lontano, meglio limitarsi alla luce e all’invisibilità…). Come premesso, noi non riusciamo a vedere un oggetto davanti a noi, se il fascio di luce che proviene da dietro l’oggetto e raggiunge i nostri occhi non viene alterato dalla presenza dell’oggetto stesso. Oppure… se il fascio di luce che proviene da dietro l’oggetto è sì alterato ma, prima di arrivare ai nostri occhi, è “rimesso a posto”! Riprendiamo l’esempio del terzo canto del Purgatorio. Il sole rosso brilla sia dietro Dante, che dietro Virgilio. I raggi del sole attraversano Virgilio, ma si bloccano contro il corpo di Dante. Supponiamo adesso di vestire Dante non con il lucco, la palandrana rossa che portava di solito, ma con un tessuto di un materiale in grado di afferrare i raggi del sole, farli girare intorno a Dante, e ricomporli esattamente nello stesso modo in cui erano disposti prima di incontrare Dante. Come un’onda che si divide quando incontra uno scoglio, lo aggira e si ricompone dopo lo scoglio, formando un’onda uguale e indistinguibile da quella iniziale; allo stesso modo il fascio di luce prima di incontrare Dante è uguale a quello che si osserva dopo Dante: Le alterazioni dovute all’incontro del fascio di luce proveniente dal sole col corpo di Dante vengono cioè compensate e, guardando verso Dante, non vedremmo lui, ma il sole che è dietro di lui. Il materiale appena descritto è proprio quello di cui sarebbe fatto il mantello dell’invisibilità di Harry Potter. Presto sapremo se la Hyperstealth Corp ha davvero fatto la magia.

Valerio Rossi Albertini

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