Il Texas non è mai stata terra di miracoli. In questo come in altri Stati del sud, nella cosiddetta “fascia della morte” che coincide esattamente con la “fascia della Bibbia”, la regola terribile dell’Antico Testamento – “chi ha ucciso dev’essere ucciso” – raramente ha conosciuto una eccezione. L’imperativo dell’occhio per occhio, che secondo il senso originario di giustizia andrebbe inteso come limite insuperabile, equilibrio di bilancia, pareggiamento dei conti – al massimo un occhio per un occhio cavato, tutt’al più un dente per un dente! –, nella terra dei deserti sconfinati e del Rio Grande, non ha conosciuto limite, bilancia, parità. Il Libro si è fermato all’antico messaggio, la buona novella della seconda parte della storia – “non giudicare” e, soprattutto “non uccidere” – raramente è stata ascoltata, meditata, accolta.

Nella storia infinita – arcaica, moderna, contemporanea – della pratica della pena di morte in America, il Texas ha conquistato sempre la piazza centrale del podio, la più alta, quella destinata al primo classificato. Dopo una teoria di mezzi di esecuzione, terribili e giustificati da nobili fini di giustizia – dall’impiccagione alla fucilazione, dalla sedia elettrica alla camera a gas –, il Texas è stato il primo a impiegare quello detto “più civile, dolce e umano” dell’iniezione letale. È accaduto il 7 dicembre 1982, quando Charles Brooks è stato legato con le braccia aperte a un lettino a forma di croce che, in tal modo, da simbolo universale di amore e fratellanza è ritornato al suo scopo originario, cioè lo strumento dell’estremo supplizio.

Il Texas è divento il primo anche per numero di esecuzioni negli Stati Uniti: 574 persone sono state messe a morte dal 1976, quando la pratica della pena capitale è ripresa dopo una tregua di qualche anno decretata dalla Corte Suprema americana perché il metodo di esecuzione anche ai suoi occhi sembrava “crudele e inusuale”. Altre 755 esecuzioni erano state praticate prima del 1976. Diversi detenuti nel braccio della morte sono stati giustiziati nonostante seri dubbi sulla loro colpevolezza, ma non sono stati ufficialmente dichiarati innocenti. La dura giustizia del Texas raramente è stata temperata dalla grazia. Il suo governatore non può imporre una moratoria sulle esecuzioni, la sua Costituzione non glielo consente. Ha solo il potere di essere clemente su consiglio del Board of Pardons and Paroles. Per farlo, ha bisogno di una raccomandazione favorevole da parte del Consiglio, ma non è obbligato a seguirla. Nella sua storia, il Texas ha avuto pietà solo in tre casi.

Non l’ha avuta nei confronti di Karla Faye Tucker. Ero ad Huntsville, davanti alla camera della morte, quando Karla è stata messa a morte nel 1998. È stata la prima donna a essere giustiziata negli Stati Uniti dal 1984 e la prima in Texas dal 1863. Lo Stato campione di esecuzioni della “fascia della morte” non ha avuto pena neanche di Carl Wayne Buntion, un uomo di 78 anni giustiziato qualche giorno fa. Era il più anziano condannato a morte del Texas. Aveva ucciso un agente di polizia di Houston quasi 32 anni fa. Non era certo innocente, era sicuramente una persona diversa da quella del delitto. È la sorte tragica della pena di morte, quella per cui, colpevole o innocente, accade sempre di uccidere un “innocente”, un essere umano magari non estraneo, comunque diverso da quello del delitto.

Il Texas non è terra di miracoli. Ma nel caso di Melissa Lucio il miracolo è accaduto. Oggi, 27 aprile dell’anno del Signore 2022, doveva essere il giorno dell’Antico Testamento. È divenuto invece quello della Buona Novella. Al di là della solita storia, della consuetudine e di ogni ragionevole certezza, la Corte d’Appello Penale del Texas ha stabilito la sospensione dell’esecuzione di Melissa, proprio alla vigilia dell’ennesimo evento patibolare, dell’ennesimo primato texano. Nel braccio della morte per l’omicidio della figlia Mariah di due anni avvenuto nel 2007, Melissa sarebbe stata la prima donna latina giustiziata negli Stati Uniti dalla ripresa della pena di morte negli anni ’70. Il tribunale ha ordinato alla stessa corte che ha emesso la condanna di riesaminare il caso. Non è stato un provvedimento di clemenza contro la sua condanna a morte, ma un provvedimento “intermedio” che prelude però a un pronunciamento esplicito sulla validità della condanna.

I miracoli non sono solo prerogativa dei santi, possono essere atti creativi di persone di buona volontà, che si mobilitano, pregano, invocano, si concentrano, vivono nel modo e nel senso in cui vogliono accadano le cose. L’atto di osservare qualcosa è esso stesso un atto creativo. Il modo di pensare, di sentire e di agire crea la realtà. Secondo Giordano Bruno, non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia. A ben vedere, fu il motivo vero della sua condanna. Per questo fu bruciato vivo a Campo de’ Fiori: per aver rivelato la comunione diretta tra Dio e l’uomo, per aver celebrato la centralità dell’uomo nuovo che, in virtù del suo cambiamento, può divenire cosciente, responsabile di sé e capace di creare un nuovo mondo. Questa non è filosofia, questa è fisica. Diventa realtà la possibilità che viene osservata. Noi siamo immersi in un campo che contiene tutte le possibili realtà che aspettano solo di essere osservate e che riflette quello che noi crediamo dentro di noi.

Allora, anche in Texas, è potuto accadere che coloro che si sono impegnati a “osservare” il caso di Melissa Lucio – avvocati, procuratori, parlamentari, attivisti contro la pena di morte – abbiano costituito un laboratorio straordinario di “spes contra spem”, sono stati speranza contro ogni speranza e, per ciò, hanno determinato un destino diverso per Melissa e, forse, anche per altri destinati a morte certa. Anche in Texas, nella terra delle cose immutabili e dei dannati a morte, irredimibili e indegni del benché minimo atto di clemenza, è potuto accadere che una donna già sulla soglia del patibolo non sia stata messa in croce. Tutto ciò è potuto succedere grazie a una teoria di fatti, di persone e di energie positive. Gli avvocati della importante associazione “The Innocence Project” hanno studiato il caso di Melissa Lucio e hanno osservato che lo Stato per ottenerne la condanna ha utilizzato testimonianze false, che le nuove prove scientifiche minano la condanna, che lo Stato ha nascosto le prove favorevoli all’imputata, in definitiva, che lei è innocente. Lo stesso procuratore, Luis Saenz, sollecitato dai giornalisti, aveva pre-visto che l’esecuzione sarebbe stata sospesa dalla Corte d’Appello; altrimenti, probabilmente, lo avrebbe fatto lui. Si sono mobilitati per lei e invocato la sua innocenza personalità importanti come Kim Kardashian, giurati popolari che pure l’avevano condannata, alcuni pubblici ministeri, gruppi di pressione a favore delle minoranze etniche e dei diritti dei minori. Una petizione popolare, alla quale ha partecipato anche Nessuno tocchi Caino, ha raccolto oltre 235.000 firme.

A favore della “clemenza” si sono pronunciati i parlamentari texani, molti repubblicani. Alcuni di loro si sono raccolti in preghiera nel carcere dove erano andati a trovarla. I 13 fratelli della piccola Mariah Alvarez hanno testimoniato quanto la madre li abbia curati e gli abbia voluto bene e hanno chiesto di non essere “vendicati” in un modo crudele che li avrebbe resi orfani. Nessuno tocchi Caino ha fatto l’esperienza di miracoli di questo genere, che sono avvenuti anche nei bracci della morte e della pena fino alla morte, dove i condannati al supplizio capitale e al “fine pena mai”, mutando sé stessi, incarnando il cambiamento che avrebbero voluto vedere nel mondo, hanno cambiato la realtà della pena di morte e della pena fino alla morte, hanno mutato gli altri e il mondo. La moratoria ONU delle esecuzioni capitali, la sentenza della Corte Europea dei diritti umani contro l’ergastolo ostativo, non sono state causa, ma effetto del cambiamento creatore di chi ha avuto fede sperando contro ogni speranza, così divenendo come Abramo padre di molte discendenze o come Caino costruttore di città.