Il bilancio è pesante
Il peso dei fumatori sulla sanità pubblica? Pari a una finanziaria senza debito. E con lo svapo risparmi per 700 milioni

L’economia della prevenzione è un tema che, specie in occasione della Giornata Mondiale Senza Tabacco, merita un’analisi più razionale e meno ideologica. Esiste ormai un consenso tra clinici ed economisti della salute: non basta vantare un’aspettativa di vita elevata – secondo Eurostat, nel 2023 l’Italia era seconda in Europa con 83,8 anni, dopo la Spagna – dobbiamo chiederci quanti di questi anni siano effettivamente vissuti in buona salute.
È noto, ad esempio, che a Trento si viva più a lungo che a Napoli (84,5 contro 81,2 anni).
Il peso dei fumatori sulla sanità pubblica
Ma non è solo una questione di quantità: è la qualità della vita che cambia. Secondo l’Istat, la percentuale della popolazione in buona salute è molto più alta in Trentino che in Campania. Questo divario non si spiega soltanto con la spesa sanitaria, ma soprattutto con gli stili di vita, che rappresentano il principale determinante delle disuguaglianze territoriali. Un esempio su tutti: il fumo. Da oltre un decennio, la percentuale di fumatori in Italia resta sopra il 19%, con forti concentrazioni regionali. Il bilancio per la salute è pesante: circa 93.000 morti all’anno per malattie legate al tabacco. Ma c’è anche un costo economico, spesso sottovalutato. Secondo le stime dell’Osservatorio sull’economia della salute pubblica, se anche solo la metà dei fumatori passasse a prodotti senza combustione, si risparmierebbero circa 700 milioni di euro l’anno in costi diretti per il Servizio Sanitario Nazionale.
I costi diretti sono le spese immediate sostenute dalla sanità per curare le malattie legate al fumo: visite, ricoveri, farmaci, interventi chirurgici. Ma il vero potenziale risparmio si ottiene includendo anche i costi indiretti. Cosa sono? Le perdite economiche che non si vedono nei bilanci ospedalieri, ma che pesano moltissimo sull’economia: giorni di lavoro persi per malattia, riduzione della produttività, invalidità precoce, pensionamenti anticipati, e purtroppo anche morti premature che sottraggono forza lavoro attiva. Questi costi, sommati a quelli diretti, possono superare i miliardi di euro ogni anno. In pratica, quanto basta per fare una finanziaria senza debito.
In queste ore si discute di un possibile raddoppio della tassazione sui tabacchi. Dal mio punto di vista, si tratta di una vera e propria follia economica: un aumento improvviso e drastico del prezzo delle sigarette rischierebbe di spingere molti consumatori verso il mercato illecito, vanificando così gli obiettivi sia fiscali che di salute pubblica. Gli interventi fiscali devono invece seguire la strada di quanto fatto recentemente dal Governo, che ha combinato con successo aumento del gettito, obiettivi di salute pubblica e lotta efficace al commercio illegale. Tuttavia, per ottenere risultati simili, è fondamentale stimare correttamente l’elasticità della domanda. L’elasticità misura quanto cambia la quantità di un bene acquistato in risposta a una variazione del prezzo. Se la domanda è molto elastica, un piccolo aumento del prezzo porta a una grande riduzione dei consumi; se è rigida, i consumi cambiano poco anche se i prezzi salgono molto. Nel caso del tabacco, la domanda può essere più o meno elastica a seconda del reddito, della dipendenza e della disponibilità di alternative meno dannose.
Non stimare bene questa elasticità significa rischiare di applicare tasse troppo alte che non riducono il consumo, aumentano il mercato nero e compromettono il gettito fiscale previsto. Per questo serve una politica fiscale graduale e calibrata: aumenti progressivi delle accise, monitoraggio continuo degli effetti su consumi e gettito, e sostegno mirato a chi vuole smettere di fumare. È inoltre importante differenziare la tassazione tra prodotti ad alto rischio e quelli a rischio ridotto, come prodotti innovati senza combustione, che in altri Paesi hanno aiutato a diminuire i fumatori tradizionali. In sintesi, la prevenzione è anche un fatto di conti pubblici. È tempo di superare gli slogan e costruire una strategia fondata su dati, gradualità e buon senso. La prevenzione non è solo una politica sanitaria: è una scelta economica di lungo periodo. E oggi più che mai può rappresentare una leva cruciale per garantire sostenibilità e salute per tutti.
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