Era la notte del 26 aprile del 1986 quando, nella centrale atomica di Chernobyl, in Ucraina, esplodeva un reattore. Il reattore 4 che adesso si starebbe risvegliando. Lo ha riportato la rivista Science nei giorni scorsi. “È come se ci fossero tizzoni in un barbecue”, ha detto il professore Neil Hyatt in un’intervista. Niente panico tuttavia: non si può neanche lontanamente paragonare il tutto a quello che successe più di 35 anni fa.

Sarebbero riprese le reazioni di fissione nucleare dentro le masse di uranio sepolte nel reattore numero 4 che provocò il più grande disastro del  nucleare civile della storia. I sensori hanno registrato un numero crescente di neutroni, segnale di una reazione di fissione nucleare, come spiegato da Anatolii Soroshenko, dell’Istituto per i problemi di sicurezza degli impianti nucleari di Kiev. Gli scienziati del governo ucraino stanno valutando se intervenire per scongiurare conseguenze o se le reazioni si esauriranno da sole.

I neutroni al momento aumentano lentamente. Il nuovo manto a protezione del reattore lo ha protetto dall’acqua piovana. In alcuni punti i neutroni sono comunque cresciuti fino a raddoppiare, in quattro anni, in corrispondenza della stanza 305/2. L’ipotesi, come riporta Il Corriere della Sera, è che con l’asciugarsi dell’Fcm (Fuel Containing Material), in cui si trovano pietrificate 170 tonnellate di uranio irradiato, siano più facili gli scontri tra neutroni e atomi di uranio. Lo scienziato Maxim Saveliev ha osservato che “ci sono molte incertezze, ma non possiamo escludere la possibilità di un incidente”.

L’INCIDENTE – La centrale di Chernobyl era ancora in fase di costruzione ma già il vanto dell’Unione Sovietica. Le sue tecnologie fornivano energia elettrica e plutonio per usi militari. Il 26 aprile 1986 i tecnici effettuarono dei test di sicurezza. Il reattore veniva mantenuto a potenza più bassa, l’acqua nell’impianto di raffreddamento era poca, il reattore si surriscaldò ed esplose. Una violenza paragonata a 10 volte quella della bomba atomica su Hiroshima.

L’Urss provò a occultare la notizia. La Svezia fu il primo Stato a dare l’allarme. Una nube radioattiva si diffuse sull’Europa. L’evacuazione cominciò con 30 ore di ritardo. Circa 600mila persone, militari e civili, furono impiegate nella rimozione dei detriti radioattivi. Si preseguì quindi alla decontaminazione e a una struttura di contenimento delle macerie radioattive: il sarcofago. Morirono nell’immediatezza dell’esplosione due addetti alla centrale e 28 pompieri per la prolungata esposizione alle radiazioni. I danni sono ancora oggi incalcolabili: il Chernobyl Forum parla di fino a 5.000 decessi nell’arco dei prossimi 60 anni.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.