Una costante delle scelte di politica criminale in tema di sicurezza pubblica è costituita dall’inasprimento del trattamento sanzionatorio dei reati commessi a danno di soggetti esercenti funzioni pubbliche. In questa direzione va il recente disegno di legge in materia di sicurezza pubblica. Per comprendere il senso delle scelte che il Parlamento si appresta ad approvare (il testo, approvato dalla Camera dei deputati, è ora all’esame del Senato), è necessario fare un passo indietro e collocare le norme che si vogliono introdurre entro una chiara linea di sviluppo.

Il presidio penale

Già nella versione originaria del codice penale Rocco, connotato dal generale rafforzamento del controllo penale rispetto alle scelte del liberale codice penale Zanardelli del 1889, abbiamo assistito ad un significativo rafforzamento del presidio penale rispetto all’esercizio di funzioni pubbliche. Da un lato, il codice sanzionava con pene severe la violenza e la resistenza a pubblico ufficiale, nonché il delitto di oltraggio (punito ben più severamente dell’ingiuria realizzata a danno di un qualsiasi consociato privo di qualifiche pubblicistiche) e prevedeva una circostanza aggravante applicabile a qualunque reato, se commesso a danno di un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio; dall’altro lato, aveva soppresso la norma, presente nella disciplina previgente, che consentiva di non punire questi reati, qualora fossero stati commessi come reazione ad una condotta arbitraria del pubblico ufficiale; al contempo, introduceva nel sistema una nuova causa di giustificazione che ai pubblici ufficiali che avessero in dotazione armi ne garantiva l’uso legittimo quando ciò fosse necessario per respingere una violenza o vincere una resistenza, ampliando così le possibilità di utilizzo di qualunque mezzo di coazione fisica, ben al di là dei limiti ammessi dalla legittima difesa o dall’ordine impartito da un’autorità superiore.

La causa di non punibilità

Caduto il regime fascista, già nel 1944, venne reintrodotta la causa di non punibilità della reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale al fine di riequilibrare il rapporto tra la tutela dell’esercizio di funzioni pubbliche e la garanzia dei consociati da prevaricazioni dei soggetti con qualifica pubblicistica. La stessa giurisprudenza, più attenta ad inquadrare entro la cornice dei princìpi costituzionali il rapporto tra esercizio dei poteri pubblici di polizia con il rispetto dei diritti individuali, ha riconosciuto legittimità all’uso delle armi solo a condizione di rispettare il principio di proporzione. Per il resto, questo comparto della disciplina penale era rimasto immutato, fino a quando il legislatore decise di abrogare nel 1999 il delitto di oltraggio, nella consapevolezza che la tutela del prestigio dei pubblici ufficiali potesse essere assicurata dalla disciplina penale dell’ingiuria, come per qualsiasi altro consociato.

La stagione dei pacchetti sicurezza

Il quadro comincia a cambiare per effetto della stagione dei pacchetti sicurezza che andavano anche ad ampliare e inasprire l’intervento penale. Nel 2007, nell’ambito di un complesso di “misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche”, venne inasprita la disciplina delle lesioni personali arrecate ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (la riforma fu sollecitata da un caso di cronaca che vide la morte di un poliziotto in servizio per effetto della violenza scoppiata a margine di una partita di calcio); nel 2009, nell’ambito di un “pacchetto sicurezza”, venne reintrodotto il delitto di oltraggio, pur contraendone l’ambito di applicazione; nel 2019 i delitti di violenza, resistenza e oltraggio, quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni, sono esclusi dalla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (una scelta irragionevole, in quanto queste fattispecie, in molti casi, presentano in concreto modalità di realizzazione che denotano un tenue disvalore che giustificherebbe l’applicazione di questo istituto).

Le garanzie per le parti

In questo contesto il disegno di legge sicurezza interviene ad inasprire ulteriormente la disciplina sanzionatoria per alcuni fatti commessi a danno di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza. Viene introdotta una aggravante speciale in relazione ai reati di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, con una corrispondente riduzione del potere discrezionale del giudice nella quantificazione in concreto della pena, perché il giudice sarà limitato nel far valere eventuali circostanze attenuanti presenti. Ulteriormente aumentate sono le pene per le lesioni personali, sempre quando sono commesse a danno di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell’atto o anche solo a causa delle funzioni esercitate (un considerevole inasprimento sanzionatorio, che per le lesioni gravissime arriva a sedici anni, rispetto agli stessi fatti commessi a danno di chi non esercita queste funzioni, dove la pena può andare sino a dodici anni di reclusione); per questi fatti si applica la c.d. flagranza differita che consente, quando non è possibile procedere immediatamente all’arresto, di considerare presente lo stato di flagranza e procedere all’arresto entro quarantotto ore, quando dalla documentazione video-fotografica emerge inequivocabilmente il fatto e l’autore.

A garanzia di chi è soggetto ai poteri di polizia è previsto l’uso di dispositivi di videosorveglianza indossabili dalle forze di polizia impiegate nel mantenimento dell’ordine pubblico o di controllo del territorio, idonei a registrare l’attività operativa e il suo svolgimento: solo che la disciplina prevede non l’obbligo di utilizzo di questi mezzi ma la mera possibilità, condizionata dall’impegno finanziario di spesa necessario per l’acquisto di queste dotazioni. Invece a garanzia delle forze di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria è prevista la copertura delle spese legali in caso di processo penale, civile o amministrativo.

L’inasprimento sanzionatorio

Il complessivo inasprimento sanzionatorio denota una chiara linea di progressivo rafforzamento della tutela penale dei poteri coercitivi di polizia senza un rafforzamento delle garanzie individuali. È amplissima la distanza di queste scelte dallo spirito con il quale la giurisprudenza aveva valorizzato il principio di proporzionalità per limitare le condizioni di uso legittimo delle armi da parte dei pubblici ufficiali. Il messaggio che sta alla base delle norme che il Parlamento si appresta ad introdurre esprime una politica criminale più vicina a quella espressa dal codice Rocco che al quadro dei valori costituzionali che dovrebbero sempre costituire il contesto nel quale, a prescindere dalle contingenti forze politiche di maggioranza, ogni scelta sull’esercizio del potere punitivo dovrebbe essere collocata.

Marco Pelissero

Autore

*Professore ordinario di diritto penale