Addio al ceto medio, che per anni “ci ha sostenuto”, e spazio al “turismo di lusso” perché “aveva ragione Briatore quando, parlando del Salento, diceva che per attrarre i turisti ricchi servono strutture di alto livello”.

La conversione è di Vito Vergine, imprenditore titolare del lido Maldive del Salento, a Pescoluse, e presidente del Sindacato italiano balneari di Lecce. In una intervista rilasciata al Corriere della Mezzogiorno pugliese, Vergine spiega le ragioni del cambio di target in una stagione estiva che, stando agli analisti, dovrebbe rappresentare un vero e proprio bagno di sangue per le famiglie italiane ‘grazie’ all’aumento quasi sconsiderato dei prezzi di accesso a lidi, ristoranti e strutture ricettive (poco importa però se per raggiungerli i viaggi diventano sempre più spesso una odissea) in quello che dovrebbe essere l’ultimo anno prima delle nuove gare per le concessioni balneari. 

Dobbiamo assecondare il mercato e le attività turistiche strutturate lo faranno senza esitazioni“. Le ragioni oltre che economiche sembrano anche essere di tutela ambientale: “Faremo questo passo perché ci piace fare qualità e realizzare quello che abbiamo sempre predicato da decenni, cioè che il Salento merita di essere rispettato. No al turismo che aggredisce le nostre risorse naturalistiche, no al turismo di massa”.

No dunque a quella fascia media che – ammette – “prima ci dava ossigeno” ma ora “si sta depauperando, va sempre più restringendosi”. Questione di sopravvivenza per Vergine perché, dopo anni che il Salento ha fatto registrare centinaia di migliaia di presenze, “bisogna considerare anche che il nostro territorio è fragile, non può sopportare una pressione antropica eccessiva. Le nostre spiagge sono strette rispetto a quelle della riviera romagnola dove si possono sistemare cinquanta file di ombrelloni, contro le nostre cinque, massimo otto file”.

Quindi le “spiagge fragili e piccole vanno offerte in una maniera adeguata a chi se lo può permettere. Non è un discorso cinico. Questo passaggio va fatto e non per colpa nostra, ma per le dinamiche di mercato”.

Per i poveri, pardon, per chi non può permettersi costi eccessivi per accedere ai lidi “ci saranno altre strutture con prezzi più bassi” ma soprattutto “ci sono le spiagge libere che sarebbe un bene se venissero sporcate di meno” perché “basta dare uno sguardo accanto ai nostri lidi per vedere cosa lascia la gente”.

Spazio dunque agli stabilimenti di lusso per rispondere alle esigenze di un determinato tipo di clientela: “Succede che un cliente arriva e ti chiede lo champagne e noi dobbiamo rispondere anche a quel tipo di richiesta. La nostra strategia scaturisce comunque dall’analisi della situazione sociale. Chi si diverte a puntare il dito contro di noi, non ha capito che siamo continuamente sulla graticola” chiosa l’imprenditore che chiarisce: “Non si può pretendere di offrire quantità e qualità se hai una concessione su sessanta metri di arenile. Sarebbe come fare un albergo a cinque stelle con sole dieci camere che dovrebbero poi essere vendute a prezzi altissimi, inaccessibili”.

 

Redazione

Autore