I risultati della ‘Cura Ascierto’, il medico del Pascale che per primo ha avuto l’intuizione di usare il Tocilizumab per combattere il Coronavirus sono molto soddisfacenti. Ogni giorno si aggiungono notizie di nuovi guariti grazie alla terapia. Le ultime da Caserta, dal nosocomio “Sant’Anna e San Sebastiano”. A spiegare i successi ottenuti che lasciano spazio a grandi speranze è stato  Paolo Maggi, direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive dell’ospedale casertano: “Sono già guariti sei pazienti, di cui cinque dimessi e uno in divezzamento dall’ossigenoterapia. Abbiamo trattato otto pazienti con il nuovo farmaco Tocilizumab”. Nel Reparto di Rianimazione si è ottenuto inoltre uno dei pochi trattamenti erogati in Italia con il farmaco Remdesivir, con il tampone del paziente si è negativizzato ed è stato estubato.

Visto il successo, e la grande richiesta del farmaco in tutta Italia, cosa succederebbe se i contagi dovessero aumentare esponenzialmente e il farmaco finire? “Tutto può finire”, ha detto Franco Maria Buonaguro, Direttore della Struttura Complessa di Biologia Molecolare e Virologia Oncologica dell’Istituto Pascale, nel gruppo che con Paolo Ascierto ha avuto la felice intuizione del Tocilizumab. Il virologo ha spiegato che a partire da quella intuizione si è aperto un filone di ricerca che va avanti alacremente soprattutto in questi giorni.

“Contemporaneamente anche se con caratteristiche diverse ci sono anche altri due anticorpi monoclonali che riescono a bloccare l’interleuchina 6. E inoltre si potrebbero individuare lungo il percorso biomolecolare di questo processo altri punti e altre molecole con cui poter intervenire. Questa scoperta ha aperto un filone nuovo di interventi per bloccare la tempesta citochinica. Quello che noi non sapevamo era se questo trattamento portasse complicazioni, favorendo il virus come succede con il cortisone e aumentasse la severità della malattia. Per questo è stato fondamentale contattare i cinesi: avere la certezza che il Tocilizumab non avrebbe minato la sopravvivenza di chi si ammala”.

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