Le soluzioni
Immigrazione senza retorica: tre casi di cronaca con un problema in comune. Quando a mancare è l’integrazione

Uno dei temi più presenti nel dibattito pubblico è quello dell’immigrazione. Da un lato, quello destro del Parlamento, si cercano soluzioni per evitare un arrivo in massa nel nostro territorio di clandestini, spesso vittime dei trafficanti senza scrupoli di esseri umani e quasi sempre destinati a diventare manovalanza della criminalità o dediti all’accattonaggio se non veri e propri schiavi; dall’altro, si mette in luce la necessità etica di accogliere tutti, senza distinzione alcuna, in nome dei principi fondamentali che spettano a ogni essere umano.
Come schierarsi, dunque, considerando la oggettiva bontà di entrambi i punti di vista? Credo che un aiuto che possa permetterci di orientarci in questo clima di incertezza ideologica sia rappresentato dai casi di cronaca che avvengono quasi quotidianamente e che vedono coinvolti gli immigrati e la loro cultura, che inevitabilmente i primi ci portano in “dono” dalle loro terre. Del caso Ramy se ne è parlato tanto e tutti ne conosciamo anche i dettagli. Parleremo invece di tre casi di cronaca che rappresentano esempi importanti per rispondere al quesito prima posto.
Tre casi
A capodanno, in piazza Duomo a Milano, otto donne sono state vittime di violenza sessuale di gruppo da parte di immigrati, i quali non hanno poi fatto mancare insulti allo Stato italiano e alle Forze dell’Ordine. La successiva ricostruzione dei fatti ha permesso di inserire il fatto nell’ambito del fenomeno chiamato “taharrush gamea”, che in lingua araba significa molestie collettive. Il 10 aprile scorso, nel quartiere Centocelle di Roma, molti fedeli del fondamentalismo Islamico si sono riuniti per festeggiare la conclusione del Ramadan. Gli uomini si inginocchiano e pregano Allah mentre le donne, cui non è concesso assistere per discutibili motivi religiosi, vengono poste dentro un recinto da pollaio con un telo che impedisce loro la vista. Il 31 dicembre scorso, a Villa Verucchio nel riminese, un egiziano accoltella due diciottenni e due anziani, così, senza apparenti motivi. Intervengono i carabinieri e il maresciallo Luciano Masini prima intima all’aggressore di desistere e gettare a terra il coltello e poi viene a sua volta aggredito. Non gli resta che estrarre l’arma e sparare. Verrà invece inquisito per eccesso di legittima difesa. I tre casi hanno una cosa in comune. Estrinsecano i problemi di integrazione tra italiani e immigrati. Questo assunto porta a una riflessione, preceduta da una domanda retorica: è giusto far entrare in Italia clandestinamente persone che saranno sempre estranee al nostro tessuto culturale e sociale, rappresentando una minaccia concreta per la nostra sicurezza? La risposta è no. Senza esitare. Non possiamo permettere che clandestini arrivino nel nostro territorio senza speranza di integrarsi, di lavorare, di essere liberi e felici. Un conto è un’immigrazione regolare, finalizzata alla crescita economica e sociale del nostro Paese e del singolo immigrato, un altro è arrivare qui, non sapere dove andare e cosa fare e respirare un’aria di risentimento, che inevitabilmente sfocerà in protesta, in odio e infine in violenza. Ė inevitabile che questo accada.
L’immigrazione e il problema demografico
La nostra Italia ha, tra i tanti, un problema demografico. La popolazione invecchia, si fanno pochi figli e pochi tra loro sono disposti ad accettare lavori pesanti. Ben venga, quindi, una sana immigrazione, che da un lato permetta al singolo di poter vivere e lavorare in condizioni migliori di quelle che si vedeva concesse nel suo paese, dall’altro all’Italia di poter contare su una forza lavoro utile al nostro mondo agricolo, industriale e commerciale. Bene ha fatto dunque il governo in carica ad emanare il decreto flussi che prevede per il triennio 2023-2025 fino a 452mila ingressi regolari! Questo significa dare concrete opportunità di speranza e integrazione.
Migrare senza regole
L’idea del lato sinistro del nostro Parlamento, invece, risponde ad una logica poco lungimirante, dai contorni anche spesso ipocriti. Accettare che si possa migrare senza regole, in nome del diritto di ognuno di vivere dove più si preferisce, significa accettare che si possa vivere ai margini o producendo criminalità. Pensiamo alle tante vittime di tratta di esseri umani, il business illegale più remunerativo insieme al narcotraffico, che sbarcano in italia rischiando la vita su barconi di fortuna e che sono poi costretti alla prostituzione, al caporalato e allo spaccio di droga.
Immigrazione senza retorica
Tornando ai casi di cronaca, possiamo dire senza pregiudizi e scevri da condizionamenti ideologici, che non si può guidare un veicolo senza patente, e che non fermarsi ad un posto di controllo e’ un reato. Non si può permettere che si possa esportare dal proprio paese una cultura che nel nostro ordinamento giuridico si configura come reato. Pensiamo, di converso, se una donna italiana o comunque occidentale vada in un paese islamico e vada in giro con la minigonna o con una camicia sbottonata, cosa da noi assolutamente normale. Sarebbe nei migliori dei casi arrestata. Non si può andare in giro ad accoltellare passanti e farla franca, come probabilmente sarebbe accaduto se Masini si fosse voltato dall’altra parte. Vizi di forma, infermità mentale e altri astrusi meccanismi giudiziari sarebbero andati in soccorso del feritore seriale. Ma questo è un altro argomento. Restiamo sul tema Immigrazione. E concludiamo. Immigrazione sì, dunque, ma senza retorica
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