Che spazio rimane per il partito personale dell'ex premier?
Inseguire Conte è una trappola, il nuovo Movimento isola Schlein: così governare resta un miraggio
Elly sarà schiacciata tra l’estremismo della sinistra e l’ala riformista indebolita M5S e Avs si pestano i piedi: mancheranno i voti per rafforzare la coalizione
“Nella vita democratica non c’è nulla di peggio del vuoto politico”, diceva Bettino Craxi. Ma anche il “troppo pieno” non è che sia il massimo. Produce solo rumore e competizione sul nulla, deficit di rappresentanza e quindi fuga dalle urne. La tanto celebrata svolta di Giuseppe Conte va dritta in questa direzione: aumenta la ressa sull’estrema sinistra. Un luogo dell’anima, più che della politica, dove il riflesso condizionato è dire sempre “no” in nome di altissimi valori: la giustizia, la pace, la salvezza ecologica del pianeta, la purezza della sinistra. Ma un luogo comunque già occupato. La furba alleanza fra Fratoianni e Bonelli fa il pieno di voti e non si fa sfuggire gli specchietti per le allodole tipo Ilaria Salis. E accanto a loro c’è il voto di testimonianza che premia il Pd. Una sorta di bandierina di antifascismo preventivo, che funziona soprattutto nelle aree urbane e fra le classi medie progressiste: visto che al governo ci sono “loro”, io per sicurezza mi turo il naso e voto per voi.
Nel bipolarismo emotivo che fa vincere le “due querce”, di destra e di sinistra, e con l’estrema ben presidiata da Avs, che spazio rimane per il neopartito personale di Conte? A chi parlerà un movimento imborghesito e depurato del garante, il famoso francescano da 300mila euro all’anno? Cosa potrà dire di originale la forza politica dei decreti ristoro e del Superbonus, visto che alle porte non si intravede una nuova pandemia? C’è la politica estera: come farà a essere più anti-israeliana e anti-Nato della sinistra pro-Pal? E c’è il dibattito politico interno: come farà a essere più intollerante dello squadrismo universitario che impedisce agli altri di parlare? Resta l’antico amore per Donald Trump. Ma con quello si esce da ogni campo largo presente e futuro.
Insomma, un bel guaio, che le cronache a caldo della resa dei conti cinquestellata sembrano ignorare, conquistate dal fascino della disfida fra i due maschi-Alfa. È vero: Conte è abile, alterna con perizia la pochette bianca con la camicia aperta sul petto. È anche efficace nel dar voce a una certa rabbia sociale e all’antagonismo “di sistema”, che imparò ai tempi in cui si proclamava avvocato del popolo. Ma la geometria della politica rischia di essere per lui un limite invalicabile. Il partito trasversale che erano i 5S poteva teoricamente parlare a tutti, dai No Tav agli scontenti del Nord, dagli ambientalisti ai giustizialisti, dai pretendenti del reddito di cittadinanza a chiunque avesse qualche moralismo o invidia sociale da far valere. Quel partito poteva anche disegnare qualsiasi strategia, e infatti così fece quando passò da una possibile alleanza con il Pd di Renzi a quella con la Lega di Salvini, poi a una nuova alleanza con il Pd di Zingaretti, poi ancora a un look governativo e tecnocratico con Luigi Di Maio ministro di Draghi, e infine alla versione piazzarola dell’ultimo Conte.
La svolta del voto online inchioda il Movimento a vivere nel limbo di una retorica senza sbocchi né precisi riferimenti sociali, bazzicando gli slogan massimalisti in un’area piccola e già super-affollata. Con un ulteriore rischio: anche se Conte riuscisse a radicare il suo nuovo partito nella sinistra antagonista, perché un elettore dovrebbe votare lui e non Avs? Fra l’originale – ben legato alla Cgil di Landini e alle piazze antioccidentali – e i parvenu del conflitto sociale, cosa potrà scegliere questo povero elettore?
Per queste ragioni, il trionfo di Conte non è davvero una buona notizia per Elly Schlein. Perché la condanna ancor di più a essere sola, con i voti che crescono e le possibilità di governo che si assottigliano. Alla sua destra c’è un Riccardo Magi con una fisionomia sempre meno radicale e riformista, alla sua sinistra due galli che competono in un piccolo pollaio. La lezione di coalizioni che compongono davvero le differenze e le rappresentanze sociali resta per ora sepolta dai festosi proclami di Conte, “il perdente di successo” come lo definisce Antonio Polito. “Ci hanno buttato fuori da Palazzo Chigi perché non volevamo che continuassimo a cambiare la società”, dice. Oggi è entusiasta, beato lui, di poterla continuare a cambiare “sporcandosi le mani”.
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