Quando si diffonde un allarme tantopiù se soggetto percezioni e interpretazioni diverse, contano due cose: i numeri e la testimonianza di chi di quell’allarme è protagonista. Marco Barbieri , Segretario Generale di Confcommercio Milano-Lodi-Monza e Brianza, non minimizza la gravità del fenomeno delle infiltrazioni mafiose nel commercio, ma ne disegna il perimetro reale e soprattutto coglie l’occasione per suggerire gli strumenti per la prevenzione.
«Non da oggi, ma da tempo la città di Milano, l’area metropolitana milanese, l’ambito lombardo è una delle realtà più ricche di tutta Italia. C’è business, ci sono aspetti finanziari che invogliano a fare impresa e in questo contesto, ahimè, si inseriscono anche elementi di illegalità. Dopodiché da qui a dire che tutti i supermercati di media e grande distribuzione dell’hinterland Milanese sono in mano alla malavita, mi sembra un’affermazione esagerata. A noi non risulta assolutamente. Certo anche noi abbiamo evidenziato situazioni di subentri e acquisti di attività che in alcuni casi hanno funzioni di copertura. Abbiamo detto più volte che ci devono essere maggiori controlli: processi di liberalizzazione indiscriminata hanno portato inevitabilmente ad agevolare queste nuove aperture di attività. Oggi basta presentare una banale “SCIA” (segnalazione certificata di inizio attività) che è l’atto amministrativo in base al quale io comunico al Comune l’intenzione di aprire il tal esercizio, nella tal zona senza che ne conseguano veri ed effi caci controlli che sul soggetto».

Stiamo parlando di norme. Un problema per voi e per chi ha il compito di amministrare il territorio, il “sistema commercio” che è tessuto vitale della città.
«È così. La politica locale, gli amministratori, sono presenti, sono attenti, ma anche loro, nei limiti dei poteri che la legge attribuisce alle funzioni di controllo. Proprio tre giorni fa abbiamo organizzato la giornata della legalità, qui a Milano in collegamento con Roma, presentando un’indagine su tutti i problemi presenti a Milano in termini di reati predatori, sicurezza e contrasti agli stessi. Un elemento che è emerso è che le forze dell’ordine ci sono, chi deve fare i controlli c’è dopodiché però se chi commette un furto viene arrestata fi no a sei volte, perché dopo ogni arresto viene rimesso in libertà, il problema non è di un’assenza della politica o del controllo delle forze dell’ordine. Quindi torniamo al ragionamento: la politica amministrativa c’è i controlli ci sono, ma il problema sta nel resto. Nel caso delle infiltrazioni mafiose, se il legislatore ha permesso – torno a dirlo – un processo di liberalizzazione indiscriminato per cui, in sostanza, io faccio una “Segnalazione certificata di inizio attività)” e finisce lì, è evidente che può accadere di tutto».

L’allarme discende dall’interpretazione di studi e numeri, ma voi avete riscontri diretti, concreti dia vostri associati rispetto al pericolo al quale sono esposti?
«In base alle segnalazioni, un fenomeno particolare non lo rileviamo. Dopodiché c’è da dire, che uno dei problemi fondamentali di queste tipologie di reati è la denuncia. Se si è vittime di furto si denuncia senza alcun problema, ma quando si è sottoposti ad azioni criminali di altro tipo, tutto è sempre più complicato. Noi cerchiamo di rimediare sensibilizzando e offrendo strutture ascolto e assistenza».

Non è che ci sia anche un problema di credito, di accesso al credito….
«Ha centrato un tema importante, sul quale abbiamo appena finito una battaglia di tutela, ad esempio, delle cooperative fidi, dei consorzi fidiI. Il piccolo commercio o comunque la piccola media impresa, quando deve andare a chiedere un finanziamento, anche di 20 mila euro, incontra mille ostacoli nel sistema bancario. E allora noi continuiamo a dire che va valorizzato il sistema dei confidi, che sono quegli organismi che erogano il cosiddetto microcredito, che poi sono realtà cooperative del sistema associativo. L’alternativa finisce per consistere nel rivolgersi fuori dalla legalità. Ed ecco che cadiamo in un attimo nel fenomeno della infi ltrazioni, del riciclaggio. Soprattutto durante e dopo il covid il tema della liquidità è emerso in modo forte».

Siamo nel grande ambito della prevenzione, laddove la prima condizione è forse un commercio più robusto, che regga meglio i momenti critici…
«Proprio così. Bisogna permettere all’attività commerciale, alla piccola e media impresa di lavorare con libertà, lavorando sulla circolazione dalle persone, sul contenimento di oneri fiscali e tributari locali. Continuo a dire a Milano il fare impresa è bello, è facile, ma il costo della vita a Milano è alto. In città il 90% delle attività commerciali è in affitto e quando l’affitto scade i si raddoppia il canone, per non parlare dei costi dell’energia, delle materie prime. Se io non si hanno i numeri, i flussi, si diventa più permeabili a certe soluzioni. Milano è una città bella, è una città attrattiva, è una città dove si si può avere il piacere di fare impresa. Bisogna tenere alta la guardia, ma creare le condizioni affinché impresa sia più forte delle difficoltà»

Mario Alberto Marchi

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