La Corte Europea sanziona l’Italia. Avevo presentato nel 2019 insieme a Marina Silvia Mori del Foro di Milano – purtroppo recentemente scomparsa – alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo un ricorso nell’interesse di Bruno Contrada. Nel ricorso denunciavamo la violazione dei suoi diritti fondamentali, come stabiliti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, conseguente alle perquisizioni domiciliari e alle intercettazioni telefoniche cui lo stesso Contrada era stato sottoposto nel 2017 e 2018, su richiesta della Procura Generale di Palermo.

Intercettazioni per il processo sull’omicidio dell’agente di Polizia Agostino, nel quale tuttavia Contrada non era e non è mai stato sottoposto a indagini e men che meno imputato. Con sentenza del 23 maggio 2024, la Corte Europea – all’unanimità – ha riconosciuto la sussistenza della violazione convenzionale da noi denunciata, affermando che la legislazione italiana in tema di intercettazioni non prevede adeguate ed effettive garanzie contro eventuali abusi nei confronti di coloro che – come Contrada – siano stati sottoposti a intercettazioni senza essere parte del procedimento penale, in quanto né imputati né sottoposti a indagini.

Nessuna possibilità di ricorso

L’ordinamento non mette a disposizione di costoro, infatti, nessun ricorso avanti l’Autorità Giudiziaria, al fine di chiedere un effettivo riesame della liceità e della necessità delle intercettazioni e ottenere nel caso un adeguato risarcimento. La Corte Europea ha rilevato, dunque, un deficit grave, sistemico e strutturale della legislazione in tema di intercettazioni, che va al di là del singolo caso riguardante Contrada. Aspettiamo che la sentenza emessa dalla Corte EDU diventi definitiva (avendo il Governo italiano l’astratta possibilità di chiedere il riesame della questione da parte della Grande Camera della Corte stessa).

La lezione

Com’è intuibile, al di là del massacro personale e della persecuzione giudiziaria effettuati nei confronti di Contrada, è veramente paradossale che l’Italia, un tempo culla del diritto, debba farsi dare sempre “lezioni” dalla Corte Europea o comunque da autorità giurisdizionali sovranazionali nel garantire i diritti fondamentali dell’individuo, così come stabiliti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali. Le violazioni che insistentemente pubblici ministeri e giudici italiani infliggono ai cittadini (spesso ignari e impossibilitati a sapere che tale violazione sta avvenendo) sono molteplici e gravi; e derivano tutte dalla qualità assolutamente irragionevole e deficitaria della legge italiana.

L’interferenza dello Stato

La condanna che è stata inferta all’Italia spiega chiaramente come le violazioni vengano realizzate perché la legge lo consente: nella sentenza è chiarito, infatti, che la disciplina globale delle intercettazioni non ha una natura tale da impedire un’interferenza dello Stato, che risulta invece necessaria in una società democratica; pertanto, essa si pone in contrasto con l’art. 8 della Convenzione. Il problema è di carattere generale e sistemico e riguarda una politica incapace di modificare una legislazione abnorme, che mortifica il diritto alla riservatezza e, più in generale, i diritti fondamentali dell’individuo. Abbiamo vinto un’importante battaglia. Adesso tocca alla politica: chiediamo al Ministro della Giustizia (che ci era sembrato sensibile a tale problema) di intervenire al più presto, senza il timore di incorrere nelle forche caudine del giustizialismo populista.

Stefano Giordano

Autore

*Penalista del foro di Palermo, difensore di Bruno Contrada