Gli schiaffi in faccia tra Grillo e Conte, il “vuoto pneumatico” del Pd Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, si dimostra ancora una volta “coscienza critica” della sinistra. Una voce libera, cosa sempre più rara nell’Italia d’oggi. Professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni), Sui 5Stelle aveva idee chiare e nette già agli albori, quando i “grillini” avevano il vento in poppa.

Così in un’intervista del marzo 2014 fotografò il Movimento: “È un gruppo totalmente privo di cultura politica. Un gruppo di ignoranti. Non è una colpa morale ma certo è un grave difetto..”. Recentemente in un’intervista a questo giornale aveva definito i grillini dei “guappi disperati”. La conversazione era del settembre 2020. Un anno dopo, il professor Canfora conferma e aggiunge: “Disperati sì, ma mica scemi. La scissione di cui si parla la vedo un po’ difficile perché i notabili di quel partito ci tengono ad essere alla Camera il gruppo numericamente maggioritario e se si dividono perdono tutto. Faranno un po’ di ammuina ma niente duelli al l’ultimo sangue. Guappi sì, ma di cartone”.

Professor Canfora, tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte volano gli stracci. Giorni e giorni di dichiarazioni al vetriolo, accuse velenose e contro accuse altrettanto spietate, minacce, più o meno velate, di scissione e tentativi affannati di ricucitura..
Uno dei segni della decadenza politica della nostra Repubblica è che siamo indotti a riflettere sul pensiero di un tale di nome di Grillo. Questo è forse il punto più basso della storia della Repubblica. Dopodiché il pensiero che costui esprime è privo di qualunque contenuto e significato. Colui che è riuscito anni fa a radunare folle a Piazza San Giovani urlando e strepitando in modo molto scomposto, ha intercettato a suo tempo l’insoddisfazione profonda di tantissime persone, deluse dall’asservimento del Pd al governo Monti, agli ordini di Napolitano, allora Capo dello Stato. Napolitano è il padre di Grillo, politicamente parlando. E ora vediamo l’effetto catastrofico di tale paternità.

Quanto all’ex presidente del Consiglio. Ma non doveva essere lui il “federatore”, il candidato premier di un centrosinistra unito sotto le insegne Pd-5Stelle?
Fin dal tempo in cui del Pd era segretario Zingaretti, sembrava essere all’ordine del giorno. Con l’arrivo di Letta, si è subito dovuta ascoltare un’altra formulazione, che mi ha molto colpito. Mentre Zingaretti trattava con rispetto, da pari a pari, Conte, e quindi anche il Movimento politico che lo aveva proposto come presidente del Consiglio, Letta invece dal primo momento ha cominciato a dire che nello schieramento di centrosinistra noi siamo leader, la guida. E poi da questa posizione di guida trattiamo anche con i 5Stelle. Credo che nella storia politica mondiale, un gesto più sbagliato non sia mai stato commesso nei confronti di qualcuno col quale ti vuoi alleare. il fallimento non va iscritto a Conte, semmai a Letta.

In tutta questa storia si evocano alleanze, sia pur competitive, ma di contenuti non si ha traccia. Chi li ha visti?
I contenuti per ora mi pare che siano pari a zero. Tanto più che l’unico pensierino che Letta ha partorito, affidandolo a una intervista al settimanale Sette del Corriere della Sera, e cioè una tassazione speciale sui patrimoni elevatissimi, se l’è subito rinfoderata, non appena il “domatore” Draghi ha ordinato di rinfoderare quella proposta, e lui, Letta, ha subito detto signorsì. Dopodiché è rimasto il nulla, adesso abbiamo il cacciavite…

Mentre nel Paese la questione sociale esplode sempre più drammaticamente. Non siamo arrivati al punto più alto di distanza tra il cosiddetto Paese reale e la sua rappresentanza politica?
È proprio così. Questa specie di formazione politica che si chiama Pd, che teoricamente dovrebbe occupare un’area di sinistra, a parte il ddl Zan di altro non si occupa, mentre i morti sul lavoro sono quotidiani. Noi sappiamo benissimo che il rimedio indicato ormai da tempo immemorabile da Luciano Gallino con un ottimo intervento su La Repubblica, sarebbe quello di moltiplicare gli ispettori che devono controllare le norme di sicurezza sul lavoro. Questo costa parecchio ed è una iniziativa fondamentale per difendere la vita dei lavoratori. Per non parlare poi della questione dei licenziamenti incombenti. Contenuti zero. Parliamo del nulla. E in questo nulla cresce il prestigio di una persona abile politicamente come la Meloni e cresce il prestigio del suo partito. Se questi del Pd non lo capiscono e pensano di rimanere in eterno al Governo, perché c’è sempre un presidente della Repubblica che li protegge, si sbagliano di grosso, perché adesso le scadenze elettorali stanno per arrivare e saranno catastrofiche per loro.
La metto giù brutalmente: ma gli operai, il “nuovo proletariato” dei riders, di quelli a partita Iva, dei giovani laureati che provano a sfangarla lavorando per qualche centinaia di euro in un call center, sono passati di moda a sinistra?
Non solo sono passati ma sono stati virtualmente cancellati. Faccio un esempio concreto. Viaggiando in treno qualche giorno fa, un lavoratore che trasportava il carrello con cui si dà da bere ai viaggiatori, mi ha fermato – era un giovane molto vivace – e mi ha detto: sono un lettore attento di Gramsci. Oggi Gramsci in quale partito si riconoscerebbe? Io gli ho detto: nessuno. E lui mi ha detto: sono d’accordo. Questo è un esempio concreto di forza lavoro dimenticata, disprezzata, perché non sta nelle zone a traffico limitato…

Ma in tutto questo teatrino, non c’è anche una corresponsabilità della comunicazione? Per i morti sul lavoro, tranne alcune rarità, poca attenzione, mentre tanto retroscenismo su Grillo, Conte, Letta etc.
Senza dubbio. Una volta Beniamino Placido, grande giornalista e intellettuale italiano, ironicamente mi disse: avrai notato che su La Stampa di Torino non si parla mai di incidenti automobilistici. Per ovvie ragioni, perché è il giornale della Fiat. Ora il fenomeno si è dilatato all’intera comunicazione. Tutta totalmente asservita alle direttive. Il Minculpop si è reincarnato in forme sicuramente più eleganti ma molto, molto più ipocrite.

Per tornare ai 5Stelle. In queste convulse e rissose giornate, da più parti si evoca e si prevede una scissione con la nascita di un partito “contiano”…
Nessuno di noi è un profeta. Mi pare però un po’ difficile perché i notabili di quel partito ci tengono ad essere alla Camera il gruppo numericamente maggioritario e se si dividono perdono tutto. Mi pare difficile che questo possa accadere. Avranno pure aperto il Parlamento come una scatola di tonno, ma in quella scatola ci stanno bene, molto bene..

Lei prima parlava di un Movimento che aveva saputo intercettare un malessere…
Su una cosa bisogna intendersi: i 5Stelle sono, a mio avviso, l’effetto e non la causa della crisi del sistema politico e dei partiti tradizionali, a cominciare da quelli di sinistra o presunta tale. Le date sono quelle: 2011, colpo di mano, governo Monti, con la famosa lettera Trichet-Draghi (conosciuta anche come lettera della Bce all’Italia, ndr) con l’ordine di buttare via il governo Berlusconi, Napolitano dall’alto del Quirinale ordina che tutti i partiti stiano insieme, e naturalmente il Pd dice signorsì nonostante Bersani, allora segretario, fosse contrario. A quel punto il Pd ha perso per sempre la possibilità di vincere veramente le elezioni. La massa di gente che non ne poteva più e che ha visto anche la sinistra mettersi al carro, ha votato nel 2013 5Stelle alla grande. Nel 2018, dopo la giravolta di quei governi uno più insipido dell’altro – Letta, Renzi, Gentiloni – i 5Stelle hanno avuto un trionfo di voti , il 34%, sempre sull’onda di poter dire “noi eravamo fuori da quel carrozzone, tutti insieme agli ordini della signora Europa, di Napolitano, della Bce…” Così sono riusciti ad intercettare un enorme scontento che c’è nel Paese. È noto che le regole europee abbiano peggiorato la condizione di vita della povera gente. In Italia l’euro ha addirittura dimezzato il valore reale del salario. Lo sanno tutti. Quelli, i devoti di Grillo, erano molto vivaci, dicevano uscire dall’euro, l’Europa va rifatta e la gente li votava. Lo stesso Renzi, non certo un’aquila politica, nel 2014, nelle elezioni europee, ebbe il mitico 41% perché fece la campagna elettorale dicendo vado in Europa e batto i pugni sul tavolo. E la gente lo votò. Stiamo dicendo cose risapute che la censura dominante vieta che si dicano. Pazienza…”.

Da tutto questo qual è la morale della favola da trarre?
Non gliela so trarre fuori questa morale. Lo diranno i fatti prossimi venturi. Temo che la morale più a portata di mano sia un grande pasticcio al momento in cui si dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Scenario aperto: Draghi in pista oppure no, Mattarella costretto a fare il bis per qualche tempo…Comunque le elezioni politiche per quanto sia nel 2013 si faranno, e temo fortemente che nonostante il livello mediocre, la destra vinca. Alla fine, la morale è questa.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.