Professore De Masi, Grillo ha spaccato tutto? O ha solo “scomunicato” Conte? «Scomunicando Conte ha spaccato tutto. Grillo ha avuto paura di sottoporre la proposta di Conte al parere e alla volontà degli iscritti. Conte in fondo questo aveva chiesto. Aggiungendo anche che se non ci sarebbe stato ampio consenso, ne avrebbe tratto le conseguenze». Domenico De Masi, sociologo e politologo, non perde una battuta dell’infinito spartito dedicato alla storia del Movimento. «È tutto molto interessante – dice – e io sto come un astronomo quando ha scoperto una cometa e non smette più di osservarla. Sono affascinato e adesso ancora di più. C’era una metamorfosi in corso che è stata bruscamente interrotta. Ora si torna indietro. Come nel gioco dell’oca».

Analizziamo alcuni passaggi di un post destinato a fare storia: “Il consenso è solo l’effetto delle vere cause, l’immagine che si proietta sullo specchio (…). E invece vanno affrontate le cause per risolvere l’effetto ossia i problemi politici. Servono idee, progetti, visione, merito, competenza, valori per rimanere un movimento decentralizzato, ma efficiente”.
In realtà questo è quello che proponeva Conte. Nel suo documento c’erano idee, progetto, visione. Voleva pompare nell’organizzazione merito e competenze.

Ancora Grillo continua: «Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali».
È un giudizio sbagliato. Conte ha dimostrato di avere capacità manageriale: ha gestito due governi, ha tenuto i nervi saldi nell’affrontare una pandemia e il paese ancora adesso gli è riconoscente per questo.

Vi siete sentiti in queste ore? Se lo aspettava?
«Non ci siamo sentiti in queste ore. Di sicuro non mi aspettavo una reazione così dura. Ripeto, ha avuto paura. La sua forza sarebbe stata andare avanti con la votazione. Accettare la sfida lanciata da Conte. Invece si è troppo arrabbiato per quello che l’ex premier ha detto ieri (lunedì, ndr). Hanno sbagliato entrambi.

Cosa succede adesso?
Il mucchio di sabbia non diventa mattone.

Cioè?
C’è un saggio di Robert Michels, docente all’università di Perugia di Sociologia dei partiti politici, in cui spiega come e perchè ogni movimento è come un mucchio di sabbia che ha un solo obiettivo: aggregarsi e diventare un mattone, cioè un partito. Michels ha dimostrato che tutti i partiti sono nati da Movimenti. Poi qualcuno ci riesce, altri no. M5s ha interrotto questo percorso. Peccato.

Non è stato proprio questo il problema: diventare altro da quello che erano?
No, evolvere e cambiare è nella natura anche dei fenomeni politici.

La guerra tra grillini può danneggiare l’azione del governo Draghi?
Certo che si. Draghi ha bisogno di tutte le gambe della sua larga coalizione per andare avanti. per andare aveva bisogno di tutte le gambe. Adesso nella più numerosa forza parlamentare regna il caos: chi decide? Chi dà la linea? Andare a recuperare la piattaforma Rousseau poi, dopo che erano riusciti ad emanciparsi. Che errore. Oltre che un spreco di forze.

Prevede altre scissioni nel Movimento?
«Più che altro la liquefazione con conseguenze sul governo e nel centrosinistra. Molto difficile ora dire come andrà a finire. La fine del Conte 1 e poi del 2 è già stata un’accelerazione di chiarezza nei gruppi parlamentari, ha provocato scissioni, dimissioni, espulsioni. Però è successo un miracolo politico perché è vero che il Movimento ha dimezzato i voti ma è rimasto intorno al 15% e da lì non si è più mosso. Questo 15% si è poi posizionato convintamente nell’ambito del centrosinistra che al momento ha due gambe: Pd e M5s. Ora è saltata una delle due gambe del centrosinistra. E questo apre autostrade al centrodestra. O meglio, alle destre.

Aveva parlato con Grillo di questo scenario?
Si, una forza di maggioranza ha il dovere di porsi queste domande e analizzare gli eventuali scenari. L’Italia vive la grande anomalia di essere l’unico paese europeo dove i partiti leader sono partiti di destra e non di centrodestra. E queste destre potrebbero beneficiare di una deriva che le potrebbe anche portare al 60%”.

Qual è stato il problema tra Conte e Grillo?
Ripuliamo il tutto da romanticismi e idealità. Tra loro sta accadendo qualcosa di inevitabile: una lotta di potere.

M5s teorizza la politica come servizio, non come potere. Nove anni in Parlamento e ha cambiato anima oltre che pelle?
Il vero nemico dei 5 Stelle è il potere gestito dalla casta. La politica di per sé è potere. Come il campo dell’etica è la bellezza e il bene, così il campo della politica è il potere. Non è come scambiare un’idea o un punto di vista. La politica è a somma zero: se io ho il potere, tu non ce lo puoi avere. E questo è esattamente la fotografia di cosa sta succedendo tra Conte e Grillo.

La raccontano come un mediatore di questo duello. Corretto?
Un mediatore? Ma quando mai. A me piace avere rapporti diretti con la fonte dei fenomeni. Per studiarli e analizzarli. Non mi piace avere rapporti con i politici, fraintendono sempre. Ciò detto, non ho mai avuto il piacere di sentire Conte. Con Beppe invece c’è un bello scambio di idee a analisi

Molti sono stati gli errori e i passi falsi, anche di prospettiva e da più punti di vista, in questi anni. Individua un errore madre da cui discendono tutti gli altri?
Un peccato originale, intende? Si, questo: il Movimento è un tavolo che si tiene – teneva – in equilibrio su cinque gambe: quella radicale che fa capo a Grillo; quella governista (Di Maio, Fico e Patuanelli); digitale (Casaleggio e Rousseau), movimentata (Di Battista), carismatica, cioè i due fondatori, Grillo e Casaleggio padre. Conte ha fatto fuori i movimentisti, i digitali, la radicalità, ora anche il carisma del fondatori. Aveva salvato solo la gamba governista. Cioè una copia sbiadita del Pd. Lo capiva anche un bambino che non poteva funzionare”.

Conte ha detto che tra lui e Grillo quello che certo non fa difetto è l’intelligenza.
Certe cose eviterei di dirle.

Cosa è successo, dunque?
Conte ha preso alla lettera Grillo che, è vero, tre mesi fa gli aveva detto di diventare leader e assumere le redini del Movimento. Solo che l’intelligenza politica di Conte doveva capire che ad un fondatore non si può togliere il regno.

E cosa avrebbe dovuto fare visto che Grillo lo aveva incaricato ufficialmente?
Semplice: cercare di essere seducente, trovare il modo e la strada di far convivere se non tutte almeno molto delle gambe del Movimento. Che è esattamente quello che Draghi ha fatto con Grillo: lo ha fatto sentire importante. Ma il premier Draghi è furbo e ha capito subito che gli serviva Grillo. E soprattutto Grillo

Che del resto guidò la delegazione 5 stelle alle difficili consultazioni per il governo Draghi. Passaggio difficile perché si trattava del terza vita del Movimento in meno di quattro anni. Conte può esse geloso di questo rapporto? Vederlo come un ostacolo ai suoi piani di riconquista?
Guardi, sarò breve: se io fossi stato Conte avrei scritto il nuovo statuto insieme a Grillo. Questa cosa non è successa. E, anzi, nella conferenza stampa ho notato un frequente ricorso alla prima persona singolare: io, io, io io… non bello davanti ad una comunità corale che ha fatto del “noi” il suo valore aggiunto.

Lei esclude che Conte possa fare un proprio partito?
Mi pare abbia detto che non ha “piani B” né agende doppie. Io so solo che per fare un partito ci vogliono soldi, molti. Conte non ha i soldi di Berlusconi nè il carisma di Grillo.

E allora cosa è cambiato?
“I toni, il modo. L’uso ossessivo dell’”io” che di fronte ad un partito corale come il Movimento è un errore. È stata una scelta precisa. Conte ha capito che o la va o la spacca e ha chiesto un voto su di lui. Come fece Renzi con il referendum.

C’entra il governo Draghi e la convinzione di essere stato “spossessato” di un “suo” bene, la guida del governo e palazzo Chigi?
Su Draghi ho già detto: il premier ha scelto Grillo e non Conte. Sul resto, oltre al concetto di potere, posso dire, da meridionale quale sono, che in Conte è subentrato il problema della dignità. Un meridionale di buona famiglia se sfidato e provocato può solo mettere aut aut. Per un malinteso senso della dignità.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.