Parla l'europarlamentare dem
“Basta spocchia, senza i 5 stelle non c’è partita”, intervista a Massimiliano Smeriglio
La sinistra deve pesare nel Pd. Dibattito aperto. Il Riformista ne discute con Massimiliano Smeriglio, europarlamentare dem, già vice presidente della regione Lazio.
«Il punto più preoccupante mi è sembrato, ma magari era solo un fraintendimento, il modo con cui veniva narrato il riferimento alla mobilitazione intorno al Pci del 1976 come se quella fosse la sola sinistra a cui rifarsi…». Così Stefano Ceccanti in una intervista a questo giornale riferendosi a quanto sostenuto da Goffredo Bettini. Come la vede?
Diciamo che Ceccanti ha frainteso. Bettini ha il vizio di guardare avanti non indietro. Venendo da una storia nobile, quella dei comunisti italiani, architrave della Repubblica democratica, si sforza di immaginare il consolidamento della nostra democrazia. Sul ’76 ha semplicemente fatto un esempio, di come quella sinistra fosse capace di egemonia e ambizioni maggioritarie piuttosto consistenti visti i voti che quei partiti prendevano. Una cosa un po’ diversa dall’estremismo velleitario della vocazione maggioritaria dell’ultima stagione renziana e suoi derivati. Ceccanti fa una considerazione giusta e cioè ripartiamo dall’Ulivo. Bene ma cosa è stato materialmente l’Ulivo dal 1995 in poi? Cioè quali le ragioni e il perimetro di una coalizione capace di vincere le elezioni?
Domande pertinenti. E quali le risposte?
Il 6 marzo del 1995 Prodi scrive: “Abbiamo scelto questo simbolo perché finora l’unico albero della politica italiana era la Quercia, e occorreva un’altra pianta politica che le si affiancasse, per mostrare la varietà, cioè una differenza compatibile, e una ricchezza da condividere”. Mi paiono modernissime le parole di Prodi che parla di affiancamento e non di espianti, che parla di differenza compatibile e di condivisione. Vale la pena ricordare che nel 1996 l’Ulivo vince le elezioni grazie alla desistenza con Rifondazione comunista, che tra le varie anime che componevano la “varietà” c’erano i Verdi, i Comunisti unitari, l’Udeur di Mastella, dal 1998 il PdCI di Diliberto, Cossutta e Rizzo e dai primi anni duemila anche il Prc. Non proprio dei campioni del riformismo versione Ceccanti.
Per concludere…
Al di là di ricostruzioni ideologiche e agiografiche, la via della vittoria è impervia e necessita di un progetto per il Paese e una grande capacità di dialogo e aggregazione. Guardando poi ai numeri attuali la spocchia autoreferenziale può apparire eccessiva. Per questo è necessario immaginare una coalizione di nuovo conio tra democratici, ambientalisti, sinistra e nuovo movimento 5 Stelle. Perché c’è bisogno di idee forti per la trasformazione del Paese in termini di giustizia sociale, ambientale di genere e generazionale, e perché la destra ad oggi sfiora quasi il 50% dei consensi. Suggerirei al professor Ceccanti un bel libro appena uscito Piccola borghesia e fascismo di Davide Vender che ci illumina sulla fragilità della costruzione dello Stato italiano. Senza un occhio alla struttura produttiva, ai poteri, al sovversivismo delle classi dirigenti, al ruolo della piccola borghesia, allo stabilizzante tintinnar di sciabole, non si capisce il compromesso storico e poi la stagione di costruzione unitaria di una forza politica espressione del vecchio arco costituzionale. Questa è l’anomalia italiana. Altrove, in Europa, esiste la sinistra, esistono i popolari, i liberali, gli ambientalisti. E la Sinistra sa parlare a tutti e vincere le elezioni senza alcuna torsione minoritaria. Accade in Spagna, in Portogallo, è accaduto in Grecia, in Germania, nei Paesi del nord. Questo assioma Sinistra uguale minoritarismo è davvero campato per aria. La necessità storica, il ritardo con cui siamo arrivati alle soglie del nuovo millennio, ha determinato la stagione dell’Ulivo, una invenzione necessaria, potente, visionaria. Oggi però quelle culture che potremmo definire costituzionali, quelle forze, sfiorano il 20% dei consensi. Troppo poco con troppe ambizioni e poche idee su come trasformare e rendere più giusta la società italiana. C’è assoluto bisogno di un cambio di passo e di una rigenerazione.
Il che tradotto in alleanze cosa significa?
È necessario tenere nel campo progressista il nuovo movimento di Conte. Dialogando e litigando quando serve, come sul tema della giustizia e del giustizialismo. Senza questo dialogo non ci sarà partita. Ultima considerazione riguarda la categoria fantasmagorica del riformismo. Posto che come categoria nasce come contrappeso alla opzione rivoluzionaria, considerando che di ipotesi rivoluzionarie in giro non se ne vedono, di cosa stiamo parlando? Forse sarebbe opportuno entrare nel merito. Negli ultimi anni, ogni volta che si è parlato di riforme in realtà abbiamo avuto a che fare con vere e proprie contro riforme. Quali riforme su giustizia, ambiente, modello di sviluppo, lavoro, scuola, università per favorire l’accesso e la mobilità sociale delle classi sociale meno abbienti? Perché, per me, la stella polare rimane la redistribuzione delle risorse e delle opportunità, la creazione di ricchezza, la produzione di valore, di valore d’uso, la lotta alle rendite parassitarie, quelle antiche e quelle degli algoritmi. Senza avere in testa un sano compromesso socialdemocratico tra capitale e lavoro, senza dare forza ai salari e al potere di acquisto delle classi subalterne, ai consumi interni non so davvero di cosa stiamo parlando.
Il governo Draghi: eccezionalità o nuovo inizio?
Nei Paesi normali si vota, persino durante la pandemia si è votato. Questa situazione del governo dei quasi tutti deve mantenere il profilo della eccezionalità, anche se abbiamo imparato sulla nostra pelle quanto fosse sbagliata la teoria di Croce sulle parentesi storiche. Draghi è stato chiamato per affrontare l’emergenza Covid e il rilancio economico con il buon uso dei fondi europei del Recovery. Una vera e propria riserva della Repubblica, non una ipotesi politica di parte. Sarebbe davvero grave pensare il contrario, la democrazia va tutelata e fatta germogliare nella dialettica tra idee, interessi, opzioni sociali diversificate. Le mancate elezioni del 2011 e il governo Monti e di altri “migliori” hanno prodotto la bolla populista, l’ondata dell’antipolitica senza risolvere i problemi strutturali del Paese. Dunque questa storia del PDD sarebbe disastrosa per il Paese e per la Sinistra. Senza contare che gonfierebbe ancora di più le vele del rancore sociale e della destra nazionalista. Strano che poi ad avanzare questa curiosa suggestione siano quelli che polemizzavano con la supposta subalternità del precedente gruppo dirigente del Pd a Giuseppe Conte. E anche la postura del partito prepotente che prevale su ogni altra considerazione beh fa tenerezza. Perché per fare il prepotente bisogna avere numeri che ad oggi non ci sono. La cosa curiosa che questa torsione iper politicista di mettere il cappello del PD su Draghi sa molto di manovra da comunisti old style. La verità è che senza popolo non si va da nessuna parte e anche la tenuta delle istituzioni si indebolisce.
Il Pd ha puntato ad un’alleanza “competitiva” con i 5Stelle. Ma la frattura tra l’ex presidente del Consiglio e Grillo, non cambia decisamente le carte in tavola?
La politica italiana è un cantiere a cielo aperto. A Destra con l’ipotesi del partito unico Lega Forza Italia, al centro con la perenne ricerca di sintesi tra i diversi protagonisti, a sinistra un po’ ovunque, e anche nel movimento 5 stelle che stenta a trovare un nuovo profilo unitario. Sono discussioni che vanno osservate con rispetto. Certo viene da pensare alla sufficienza con cui, anche a sinistra, si è liquidata l’esperienza Conte e quell’assetto. In politica si può stare alla finestra aspettando il cadavere del nemico o si può giocare la partita provando a trasformare il campo e gli interlocutori. Valeva allora e vale ora. Le scissioni non portano quasi mai bene. Io sono stato “scisso” un paio di volte, nel senso accompagnato alla porta insieme ad altri, nel 2008 al congresso di Rifondazione e durante la trasformazione di Sel in Sinistra italiana. Caso strano al centro di questi bagni purificatori c’era sempre l’identità del foro interno, quasi mai l’idea di società da proporre ai cittadini. Bisogna fare attenzione perché è un attimo a ritrovarsi da Chiesa aperta al mondo a setta millenaristica. Per cronaca non è andata bene a chi è stato “scisso” e neanche a chi è rimasto. Il risultato drammatico è stata la parcellizzazione molecolare e la perdita di credibilità e consenso di tutti. Ciò detto per noi il discorso non cambia, senza una reinvenzione del polo progressista, con i sindaci, con i movimenti sociali, con una proposta forte su reddito, salario fiscalità e con Conte e il Movimento 5 stelle non riusciremo a raggiungere la massa critica necessaria per competere con la destra. Conte, in particolare, è una risorsa importante del nostro campo, capace di attrarre consensi, soprattutto giovanili, continuare un’opera di delegittimazione nei suoi confronti è una operazione suicida e poco responsabile.
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