I volti tesi, la coda tra le gambe, i pentastellati Ettore Licheri, Paola Taverna e Stefano Patuanelli dopo due ore e mezza lasciano l’abitazione di Giuseppe Conte senza rilasciare dichiarazioni. I tre, uscendo, hanno lo sguardo a terra e non rispondo alle domande dei giornalisti presenti. È una immagine, un frame che racconta tutto il film: l’imbarazzo, la tensione, la disillusione di chi pensava di aver traguardato il Movimento oltre le secche della crisi e ora si ritrova con un pugno di mosche.

Due mesi a litigare su Draghi, con i fuoriusciti che formano un primo altro partito (Alternativa C’è) e poi i fedelissimi di Casaleggio (Di Battista) che ne progettano un altro, e all’ultimo miglio prima del varo del “nuovo M5S” ecco che si sfalda la compagine di testa: il fondatore e garante Beppe Grillo contro Giuseppe Conte, che al momento non ha ricevuto alcuna investitura, né formale né informale. Appaiono ormai distanti i tempi in cui i parlamentari del Movimento, neofiti delle istituzioni, accusavano i giornalisti di inventare le divisioni e le tensioni all’interno dell’organizzazione. «La situazione è complicata, non so come si muoveranno in queste prossime ore», ammette l’ufficio stampa M5S alla Camera. Nel day after dell’arringa di Beppe Grillo ai gruppi parlamentari (prima Camera, poi Senato) contro Giuseppe Conte, la lacerazione è più vistosa che mai anche se i big del Movimento tentano una disperata opera di ricucitura. «Sicuramente ci prova Luigi Di Maio, a lui non conviene l’esplosione dei gruppi e del M5S», racconta un deputato di lungo corso.

Tutte le speranze erano rivolte alla delegazione che doveva mediare, ricevuta da Conte nella sua dimora romana, anch’essa – come l’hotel Plaza – intestata al padre della fidanzata, Cesare Paladino. Ma dall’incontro in via della Fontanella Borghese non arrivano buone notizie. Al termine una fonte di primo piano commenta: «Le notizie sono tutte molto negative, Conte è determinato a lasciare. Ci vorrebbe un’abiura di Grillo rispetto alle cose di ieri, ma nessuno la trova una ipotesi probabile». Nelle chat del M5S, raccontano le fonti stellate, c’è «molta tensione, molta preoccupazione, la gente è incazzata con la situazione in generale più che con l’uno o l’altro. Molti erano in bilico già prima, alla Camera 50-60 peones potrebbero lasciare». La chat più silente è quella del gruppo di governo: ne fanno parte alcune delle persone che sono in contatto con i due protagonisti della spaccatura. «Sono cose lontanissime da noi, Conte non so con chi parla, Grillo non so con chi parla», dicono i parlamentari “comuni”.

Più agitata la discussione nelle chat organizzate per regioni e quelle dei parlamentari e dei “graduati”: presidenti di commissione e capigruppo nelle commissioni. C’è chi se la prende con Grillo: «Un padre deve recidere il cordone ombelicale se vuole che la creatura impari a camminare da sola» e chi pensa che Grillo non cambierà mai, «è il suo progetto, la sua vita, non si farà mai mettere da parte». E chi lamenta il fatto che i parlamentari sono chiamati a schierarsi dopo aver assistito «ai soliti caminetti» e a «fare gli ebeti» non sapendo che dire agli attivisti, agli elettori, al Paese. Il destino della “rifondazione” che Grillo aveva affidato all’ex presidente del Consiglio, in sintesi, appare compromesso. Nei palazzi romani si rincorrono le voci di un addio possibile già in giornata o al più tardi la prossima settimana. «La nascita di una lista Conte è un’opzione – racconta un esponente del M5S di governo – ma lui l’aveva sempre esclusa con noi. Certo, da ieri è cambiato qualcosa». «Grillo ieri gli ha dato delle badilate: anche se Conte accettasse la situazione – commenta un altro parlamentare di peso – sarebbe un leader indebolito. Basterebbe un tweet del garante per buttarlo giù».

Se non è fine corsa, ci manca davvero l’ultimo chilometro. Forse l’ultimo centimetro. Al Riformista lo conferma la deputata Vita Martinciglio: «Per Beppe il Movimento è il suo progetto, la sua vita. Non mollerà mai. Non si farà mai mettere da parte. Prima di accettare qualsiasi incarico lo devono accettare tutti». Conte non lo aveva capito, a quanto pare. Si era illuso o lo avevano informato male? È su questa ultima ipotesi che nel Pd qualcuno ha acceso i fari. «Le bestie ferite sono pericolose», ci indica un membro della segreteria di Letta. Il sospetto che Conte stia lavorando ad un progetto che faccia da Cavallo di Troja – come ha scritto in un saggio il comunicatore di area dem Daniele Cinà – per carpire dei voti nel centrosinistra e portarli al centrodestra, non è più considerato peregrino.

Un rumors insistente c’è: «E se ci fosse dietro un ex ministro democristiano, che dal rettorato di una università suggerisce all’orecchio di Conte come farsi un partito di centro, moderato e cattolico, tutto nuovo?», dice una fonte ben informata da Palazzo Madama. L’equidistanza rivendicata da Conte in questi giorni ne sarebbe la controprova. Le grandi manovre per il Quirinale non ne sarebbero del tutto estranee. Lunedì ne dovremmo sapere di più: l’ex premier avrebbe chiesto a Casalino di organizzargli una conferenza stampa che i Cinque Stelle temono possa essere esiziale. Al momento di andare in stampa è in corso la war room del Movimento: tutti i Ministri, convocati da Luigi Di Maio e Patuanelli, sono riuniti ad oltranza. Sarebbe quest’ultimo l’incaricato del disperato tentativo di mediazione in extremis.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.