MADRID. Negli spazi di Ifema, l’avveniristico centro congressuale e fieristico di Madrid, Pedro Sánchez ha da poco concluso il suo primo discorso da Presidente dell’Internazionale Socialista e nel dopo-congresso il primo ministro spagnolo e segretario generale del PSOE, il secondo più antico partito socialista d’Europa, si avvicina e saluta con calore la delegazione del Psi, guidata dal segretario Enzo Maraio.

E d’altra parte, al di là di ogni retorica, tra socialisti spagnoli e socialisti italiani, resta un legame forte e antico, almeno a partire dagli anni Trenta, quelli della Guerra civile: allora giunse in Spagna Pietro Nenni e quaranta anni dopo il vecchio patriarca tornerà a Madrid al primo congresso in libertà del PSOE, un ritorno che si svolse in un clima di grande commozione. Del resto, negli anni dell’esilio i socialisti spagnoli avevano trovato aiuto politico e materiale dal Psi, sia negli anni di De Martino che in quelli di Craxi.

Al congresso dell’Internazionale Socialista, la IS, dopo il saluto ravvicinato alla delegazione italiana – il Psi è attualmente l’unico partito italiano membro dell’IS –  è seguito un colloquio informale ma molto interessante con l’Avanti! della domenica, nel corso del quale Sánchez ha approfondito diversi temi. Con tre sottolineature ricche di implicazioni.  La prima riguarda l’attualità – niente affatto retorica – dei valori socialdemocratici. Dice Sánchez:Valori più vivi che mai. Nella risposta alla pandemia e alla crisi energetica hanno dimostrato la loro validità. Il paradosso è che i governi che seguono altri approcci ideologici alla fine hanno adottato politiche chiaramente socialdemocratiche” – afferma riferendosi probabilmente ad alcuni movimenti conservatori europei.

La seconda sottolineatura riguarda il “modello spagnolo” – espressione promossa dal nostro giornale nello scorso numero –  che ha saputo affrontare la questione dei lavoratori precari rafforzando il contratto a tempo indeterminato, impostato come via di accesso ordinaria al mercato del lavoro, con il risultato di aver prodotto un aumento visibile dell’occupazione stabile. Afferma Sánchez: “con una precarietà quasi istituzionalizzata perdono i lavoratori, ma perdono anche le aziende e l’intera economia”. 

Terza sottolineatura: tra le virtù del modello spagnolo c’è quella di aver avviato una concertazione condivisa, tema che, ad esempio in Italia, ha conosciuto stagioni più o meno proficue: “Il nostro più grande successo – ha raccontato il premier spagnolo –  è aver convinto imprenditori e sindacati, attraverso il dialogo sociale, del fatto che la riforma che affrontava il tema della precarietà era vantaggiosa per tutte le parti”.

L’impressione generalizzata è che Pedro Sánchez si muova con familiarità tra i delegati al Congresso. L’Internazionale conta sull’adesione quasi 150 partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti di tutto il mondo, con tradizioni e storie anche molto diverse tra loro. Eppure il neopresidente dedica a ciascuno il tempo necessario, tra un selfie e una chiacchierata informale, non lasciando mai vacante il suo posto riservato accanto ai membri del Presidium ma, al contrario, assicurando la sua presenza costante. Da premier spagnolo, mantiene comunque un profilo istituzionale e autorevole, ma si rivolge a ciascuno con la confidenza che in genere, un socialista, riserva a un compagno. Una parola che non soltanto non omette, ma valorizza in ogni occasione possibile. Tutte  premesse che, unite ai punti programmatici elencati nel discorso di investitura, aprono la strada a una certezza: l’Internazionale Socialista sta per assumere un nuovo ruolo nello scenario globale. Nonostante c’è chi pensa che i valori della socialdemocrazia siano da archiviare in qualche polveroso cassetto della memoria, c’è chi invece è convinto, come noi che da queste pagine ne abbiamo fatto una battaglia politica, che solo considerando una bussola quei valori, si possano rafforzare democrazia, uguaglianza, merito, inclusione. Adesso con qualche ragione in più.

Nel suo primo discorso come presidente della IS ha affermato che la socialdemocrazia non è un concetto antico, ma che ha bisogno di essere rivitalizzato. Come può essere rivitalizzato e rafforzato?
I valori socialdemocratici sono più vivi che mai. La risposta alla pandemia o alla crisi energetica provocata dalla guerra di Putin ha dimostrato la loro validità. Il paradosso è che i governi che appartengono ad altre famiglie ideologiche alla fine hanno adottato politiche chiaramente socialdemocratiche. È la realtà nella quale viviamo che ha rivitalizzato questi valori, perché le società esigono una politica utile per affrontare le disuguaglianze e proteggere la gente dalle ricette che hanno condotto al disastro durante l’ultima crisi finanziaria. Quello che dobbiamo fare è dimostrare che non si tratta semplicemente di una risposta a una congiuntura concreta, bensì è un modello della società duraturo nel quale si possono riconoscere le classi medie e quelle lavoratrici. E ciò si ottiene affrontando direttamente i problemi. La socialdemocrazia del secolo XXI deve essere, più che mai, una politica di azione. Una politica di fatti.

Noi del giornale socialista italiano “Avanti!” abbiamo chiamato “il Modello Spagnolo” quello che “rompe” la precarietà del lavoro rendendola stabile con la riforma del mercato del lavoro che Lei ha avviato con il suo governo. Si può esportare il modello spagnolo in Europa attraverso la famiglia della Internazionale Socialista, avendo lei il ruolo di presidente della IS?
Il “modello spagnolo”, se può essere definito come tale, parte da una riflessione in merito alle conseguenze della precarietà in due ambiti. Innanzitutto, per gli stessi lavoratori, condannati alla instabilità e all’incertezza o all’assenza di incentivi per la formazione. In secondo luogo, in termini generali di attività economica. Una maggiore precarietà comporta il rinvio di grandi decisioni vitali, maggiore difficoltà di ottenere un prestito o minori incentivi per investire nella formazione ed aumentare la produttività. La riflessione di partenza è chi perde e chi vince con una precarietà quasi istituzionalizzata. Perdono i lavoratori, ma perdono anche le aziende e l’intera economia.  Il nostro più grande successo è aver convinto imprenditori e sindacati, attraverso il dialogo sociale, del fatto che questa riforma era vantaggiosa per tutte le parti.  Otto mesi dopo che è entrata in vigore, l’occupazione sta crescendo in Spagna. Abbiamo superato la soglia dei 20 milioni di contribuenti attivi nella Previdenza Sociale e quasi la metà di nuovi contratti firmati sono a tempo indeterminato. Questo panorama è accompagnato da un incremento del salario minimo di un 26% dal 2018, che affronta alla radice uno dei problemi più urgenti delle nostre società, ossia quello della povertà lavorativa.  Credo che questa via meriti di essere percorsa in altri paesi nei quali il ‘discorso dominante’ continua ad essere ancorato a una falsa ortodossia che la socialdemocrazia ha il dovere di combattere con i fatti. E, soprattutto, dimostrando che la fine della precarietà non solo è una questione di dignità lavorativa, ma anche una risorsa che opera a favore della crescita economica.

Qual è il ruolo del PSE e della IS in un momento di così grande crisi economica e sociale?
Quello di dare risposte chiare e decise alle enormi sfide che affrontiamo. Dopo decenni di dominio, le ricette neoliberali hanno fallito. La loro eredità è un aumento impressionante della disuguaglianza, un modello di sviluppo ingiusto e insostenibile, e una messa in discussione della capacità della democrazia rappresentativa per risolvere i problemi della maggioranza sociale.  La pandemia ha contribuito ad accelerare la prova di questo fallimento. Oggi, i grandi organismi ed istituzioni internazionali fanno di nuovo ricorso alle soluzioni socialdemocratiche come le uniche vie valide per creare società forti e forme solide di crescita per affrontare le varie crisi che viviamo. In questo contesto, le forze progressiste hanno la responsabilità storica di essere protagoniste dei cambiamenti. A tal fine, abbiamo bisogno di costruire riferimenti chiari, con piena, precisa consapevolezza delle sfide del presente e una chiara visione del futuro a medio e lungo termine, affinché le riforme che realizziamo siano solide e durature.  Questo è il proposito che mi ha portato ad assumere la presidenza di una istituzione come la Internazionale Socialista: avvalersi della sua eredità storica per farla diventare la grande piattaforma delle idee socialiste e socialdemocratiche, le quali sono chiamate a definire e a ‘pensare’ a una visione del mondo nei prossimi decenni.  Vorrei inoltre aggiungere una sfumatura che credo sia importante: il nostro è un messaggio di ottimismo, basato sull’efficacia delle nostre misure. Di fronte al tono catastrofico che piace tanto alle destre, noi crediamo che gli enormi problemi del mondo abbiano una soluzione. E ciò deve essere il compito della Internazionale Socialista: pensare e definire le soluzioni ai problemi partendo da un’interpretazione ambiziosa e globale.