La nuova rivista politico-culturale
Nasce Civiltà socialista, la nuova sfida dei riformisti

Torna in campo un grande partito socialista. Nelle intenzioni, per ora. Sulla carta. Ma con la forza delle idee che parlano alla crisi della sinistra italiana con la capacità di analisi di una scuola seria. Civiltà Socialista, la nuova rivista politico-culturale che è stata presentata ieri a piazza Colonna, prova a stare da protagonista nel dibattito sulla rifondazione della sinistra. I due direttori, Fabrizio Cicchitto e Umberto Ranieri riassumono nelle loro biografie la vicenda delle due anime del riformismo del Novecento, alla ricerca di una confluenza urgente, irrimandabile. E di una declinazione contemporanea.
Il primo numero della rivista è dedicato a Riccardo Lombardi, ai tempi padre dell’autonomismo socialista rispetto all’egemonia del Pci. Il suo impegno nel tenere allora i riformisti fuori dalle ambiguità oggi si può tradurre nella ricerca di una identità forte e chiara per quella parte della politica che si oppone a destre e qualunquisti. Si parla della crisi del Pd, stretto tra la demagogia dei grillini e la necessità di dare una interpretazione alle diseguaglianze che riescono a incarnare. “La civiltà socialista è nel profondo della società italiana, ha riguardato il sindacato, le associazioni, le cooperative, il Psi e pezzi importanti del Pci e caratterizzato anche l’esperienza di settori del mondo cattolico”, dice Fabrizio Cicchitto nella relazione che dà il benvenuto agli interlocutori. A decine, intervengono seguendo quella planimetria gli ultimi grandi eredi del PSI, alcuni brillanti dirigenti dell’ultimo Pci, studiosi di tematiche giuslavoristiche.
“Il mondo del lavoro è naturalmente il nostro ambito di riferimento”, indica Claudio Martelli. L’autore del manifesto del Merito e del bisogno richiama Giorgio Napolitano: “Fu lui a dire che una grande forza della sinistra deve avere al centro del suo nome il lavoro. Il Pd perde voti perché non rappresenta più il mondo del lavoro: né quello della scuola, né quello della sanità. Né tantomeno quello degli operai, degli sfruttati, degli emarginati. Che non sono scomparsi. Ne è piuttosto scomparsa la rappresentanza, si è preferito occuparsi d’altro come se la classe operaia, i non tutelati, gli ultimi non ci fossero davvero”. Le parole d’ordine sono chiare: rimettere al centro i temi fondanti della sinistra: il lavoro, l’istruzione pubblica, i diritti. “E’ sul recupero dei diritti civili e umani che i socialisti devono tornare a farsi sentire. Sul terreno dei migranti, ad esempio, c’è un evidente salvinismo di ritorno con aspetti autolesionisti e qualche punta di disumanità”, sottolinea Cicchitto.
Applausi generali. Come per Claudio Signorile, autentico delfino di Lombardi, e per Bobo Craxi che mette in guardia dai pericoli di una marea nera. Che però non è quella con l’orbace e gli stivali, no. E’ quella della disattenzione, della distrazione permanente. “Siamo davanti a un ignorantamento della società e della politica. Ecco che si fa importante lavorare anche con l’iniziativa di questa rivista al recupero di una cultura politica strutturata”, dice Bobo Craxi. E dopo di lui Ugo Intini, Gennaro Acquaviva, Giulio Di Donato, Mauro Del Bue, Biagio Marzo e Riccardo Nencini. A evocare l’anima socialdemocratica della sinistra ci sono anche i dirigenti che guidarono da miglioristi il processo che portò alla fine del Pci: Claudio Petruccioli ed Enrico Morando, Umberto Ranieri e Umberto Minopoli, oltre al più giovane Tommaso Nannicini.
Ranieri provoca i compagni dem: “Nel Pd c’è un patto di sindacato interno che ha creato gruppi di potere per le quali le questioni programmatiche sono secondarie. Si cambia orientamento a seconda delle convenienze. Ecco perché l’elettorato tipicamente di sinistra oggi finisce per sostenere perfino Meloni, per abbandono di campo dei titolari”. Petruccioli è d’accordo. “Vedo troppe vittime dell’economicismo, non mi piace”. Martelli solleva il sopracciglio. “Tutto giusto, ma è pars destruens. Ora dobbiamo capire se vogliamo ricostruire quello che vediamo essere in crisi”. L’impegno è quello di tirarsi su le maniche e partecipare a un nuovo inizio. Una nuova rivista per una sinistra da rivedere. Non è questione elettorale, è una questione di civiltà. Di incontro tra civiltà.
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