È un po’ paradossale che i protagonisti della formazione del Pd, postcomunisti e postdemocristiani di sinistra, facciano autocritica sui limiti della loro “fusione a freddo” senza comprendere in tale autocritica l’esclusione, a volte feroce, che a suo tempo fu fatta dell’area socialista. Eppure, in un’Italia che alle ultime elezioni politiche ha visto un’astensione di circa il 37% dell’elettorato, più un 4% tra schede bianche e nulle, se non altro si dovrebbe riflettere su quanto in questi anni si sia disperso e demotivato, in tante direzioni certo, ma anche in quella socialista.

D’altro canto, l’area socialista è piena di fondazioni culturali e di riviste che animano il dibattito, mentre tante e tanti militanti sui social media esprimono il desiderio di esistere come socialisti. I corpi organizzati politicamente, in primo luogo il Psi di cui è oggi segretario Vincenzo Maraio hanno cercato in questi anni di districarsi tra le varie segreterie e linee politiche succedutesi nel Pd,  finendo, come corpo più debole, col farne le spese. Ma il Psi è tuttora in piedi, con i suoi riferimenti territoriali e con le sue attività politiche. Senza dimenticarsi il parlando di area socialista, di tanti militanti del Pd, dell’una o dell’altra provenienza o anche nuovi alla milizia politica, che hanno preso l’adesione al socialismo europeo non come una sorta di stato di necessità ma come attiva partecipazione di ideali, di valori e di programmi.

Riproporre l’esigenza di un progetto socialista è una delle risposte possibili alla crisi italiana, intendendo il termine socialista nei suoi vari nomi e articolazioni, di socialismo democratico, di laburismo, o anche, come diremmo noi in Italia, di socialismo liberale. Costruire un partito socialista oggi significa saper operare una sintesi tra ceti dell’innovazione eticamente orientati, e ceti popolari e del ceto medio percorsi dalle disuguaglianze e dalle difficoltà conseguenti alla pandemia e alla guerra. Ivi compreso assumere tra le priorità i problemi della sicurezza, che tanto incidono anche e soprattutto sulle classi popolari delle nostre città. Dimostrando ai giovani che un progetto socialista moderno sa farsi carico dei problemi dell’ambiente e alle donne che si intende proseguire coraggiosamente in un’iniziativa di effettiva parità su cui il Psi nel passato ha combattuto battaglie coraggiose e significative.

Il Psi deve aprirsi alla sua area. Diciamolo francamente: finché il centro-sinistra era al governo del paese, poteva anche valere la pena per un gruppo dirigente ristretto di cercare di negoziare il negoziabile in termini di presenza e di rappresentatività. Ma ora, dopo una sconfitta come quella subita il 25 settembre dalle forze di centro-sinistra, c’è invece da fare una vera e propria ricostruzione di ideali, di valori e di programmi. E chi ha del filo, deve saper tessere la sua tela. E i socialisti devono dimostrare di saperlo fare.