Di chi sono le scuole? La scuola di chi è? Inizia così il colloquio con il Preside Angelo Lucio Rossi ed è lui che lo chiede a me. Resto spiazzato, perché sembra una domanda retorica, scontata. È chiaro che la scuola è fatta per gli studenti, ma a ben guardare il dibattito politico, culturale, pubblico, la risposta “è fatta per i ragazzi”, non sembra così scontata, ovvia o retorica. Angelo Lucio Rossi è Preside all’istituto comprensivo statale Alda Merini di Milano, dove mille ragazzi studiano, molti restano anche il pomeriggio e la scuola è aperta a tante iniziative fino a mezzanotte, d’estate qui non trovi mai chiuso, sono decine le associazioni e fondazioni implicate così come i volontari con tanto di contratto a costo zero.

Tutto questo ben prima dei bandi del Ministero dell’Istruzione su “Scuole Aperte” e sappiamo che questa non è l’unica scuola che fa queste attività sul territorio italiano, sono esempi positivi di quanto la scuola e gli adulti che ci lavorano, sentano che i bisogni e le domande dei ragazzi vanno ben oltre l’ora di lezione. Dobbiamo andare fieri di una scuola e di insegnanti e dirigenti così. A guardare esempi come questo, prendono forma le parole che Papa Francesco disse, citando un proverbio africano, quando incontrò in Piazza San Pietro nel maggio del 2014, il mondo della scuola: “Per educare serve un paese intero”. Bello ma irrealizzabile, si potrebbe dire, guardando invece scuole così, si scopre che è possibile e fattibile.

“Dieci anni fa sono venuto a Milano – racconta il Preside – e dopo anni complessi altrove, ho deciso di andare in una scuola non semplice in una zona limitrofa al quartiere di Quarto Oggiaro, periferia nord ovest di Milano, perché mi volevo mettere alla prova. Io credo che la crisi educativa sia crisi degli adulti e di riflesso la vediamo sui ragazzi. Serve quindi un impegno, che vada oltre le doverose lezioni, e servono adulti veri, educatori e tutto questo risponde all’emergenza educativa”. Il Preside Rossi è molto diretto: “Non c’è il libretto delle istruzioni da seguire come per montare un mobile. Anche per noi in questi anni è stato tutto nuovo, ma volevamo fare di più perché i ragazzi hanno bisogno di altro oltre alle nozioni. La scuola logocentrica ha fatto il suo tempo come ci ha insegnato Luigi Berlinguer: per questo abbiamo aperto alla musica, all’arte e allo sport garantendo corsi e laboratori gratuiti nell’arco della giornata. Per noi non è mai stato un problema di numeri ma di possibilità. Vorrei che tutti potessero trovare la loro strada e sviluppare i loro talenti, non scappare altrove. Ma soprattutto desidererei rendere percorribile la strada dell’autonomia scolastica attraverso convenzioni e protocolli per sviluppare una reale sussidiarietà e un cambiamento della scuola dal basso”. “Il Papa – prosegue il Preside – mi ha fatto comprendere l’importanza centrale dell’educazione informale soprattutto nelle zone periferiche e questa è possibile solo se ci implichiamo noi adulti. Questo è il senso profondo del ‘Patto Educativo di Comunità’: il territorio, le realtà profit e non profit, i singoli cittadini, le associazioni, le fondazioni insieme ai genitori, si sono chinati sui ragazzi per ampliare l’offerta formativa e ridurre la dispersione scolastica in contesto di popolazione scolastica di forte immigrazione”.

Sicuramente c’è un Dirigente scolastico che ha promosso una scuola della comunità, dove i diversi attori, genitori, docenti, volontari, territorio sono tutti protagonisti. Ma è l’autonomia scolastica e il suo vero utilizzo, lo strumento che rende possibile tutto questo. È utile ricordarlo perché l’autonomia scolastica è uno strumento importante e deve essere rafforzata e rilanciata sulla scia dell’innovazione tracciata da Berlinguer. “La prima cosa che ho fatto – prosegue il Preside – è chiedere agli adulti genitori, insegnanti, amministratori di implicarsi con l’educazione, assumendosi una responsabilità personale per il bene dei nostri ragazzi. Il donare il proprio tempo alla scuola è utile ai ragazzi tanto che i genitori si sono organizzati in associazione vera e propria e restano ad aiutare anche quando i figli sono cresciuti. La scuola è sempre più aperta, contaminata, da una molteplicità di laboratori che la rendono un luogo vivo e aperto”.

“I volontari sono fondamentali, molti sono genitori ma anche semplici abitanti del quartiere: sostengono gli alunni nell’aiuto allo studio o in biblioteca, nella cura dell’orto didattico, ma anche per una presentazione di un libro nelle biblioteche aperte al quartiere. La scuola è una comunità che vive tutto il giorno. Oltre all’attività curriculare del mattino la scuola attiva gratuitamente un aiuto allo studio pomeridiano, 5 pomeriggi di sport (calcio, pallavolo, basket, nuoto, yoga), ciclofficina, ceramica, falegnameria, orchestra, banda musicale e corsi a prezzo calmierato di musical, teatro e scuola musicale pomeridiana. La partecipazione ad essi è su base volontaria e i ragazzi scelgono liberamente se e quale attività frequentare. In estate l’apertura della scuola è naturale, anche perché insieme a Save the Children è nato un bel progetto. Da cosa nasce cosa e da alcuni mesi è partito anche un progetto con il carcere di Bollate per l’inserimento di giardinieri nei nostri giardini. Tutto fa “scuola”, perché tutto è pensato per far crescere i ragazzi. Una storia che da dieci anni rappresenta il frutto dell’impegno personale di ognuno ed è ben descritta dalla grande lavagna all’ingresso della scuola di Via Gallarate dove è riportata una grande scritta di Don Pino Puglisi: ‘Se ognuno fa qualcosa si può fare molto’. Di questo hanno bisogno i ragazzi dell’impegno di noi adulti e se ognuno fa qualcosa, si può fare molto”.