Te le ricordi, le Notti Magiche? Che belle le notti magiche dell‘Italia. L’impresa, il miracolo, il capolavoro della Nazionale di Roberto Mancini che vinceva gli ultimi Europei. E chi se le dimentica, quelle Notti Magiche: quando non esistevano i “merda” in coro e puntuali a ogni rimessa dal fondo del portiere avversario, i calciatori sopravvalutati e strapagati, i procuratori a farla da padrone, le campagne acquisti ingiustificabili, i bilanci che con qualsiasi altra attività imprenditoriale farebbero portare i libri puntualmente in tribunale, i cori razzisti ogni domenica, i gruppi ultrà violenti, gli stadi fatiscenti, i settori giovanili non valorizzati.

Che nostalgia guarda. Che mestizia soprattutto. Serviva la stecca di Trajkovski al 92esimo, l’1 a 0 subito dalla mediocre Macedonia del Nord, la seconda volta di fila dell’Italia fuori dai Mondiali, a risvegliare il riformismo dei pallonari. Editorialisti e commentatori, tifosi e opinionisti. Tutti a gridare oggi: repulisti! È il V-DAY del calcio italiano. Tutto da buttare. Perché invece solo qualche mese fa la situazione era più o meno a posto, alla fine niente male dai, tutto sommato non ci potevamo lamentare e solo per un motivo visto che: avevamo vinto gli Europei.

Tutta questa indignazione esplode oggi. E nell’ordine si legge a destra e a manca di: generazione senza fenomeni né talenti, troppa tattica e poca tecnica, giovani che in questo Paese non vengono valorizzati. Polvere è rimasta delle Notti Magiche, di Donnarumma “miglior portiere al mondo” e giudicato per le sue scelte personali da chi si venderebbe per 50 euro, di Jorginho candidato a Pallone d’Oro, di un calcio che era il contrario o quasi del catenaccio, di Roberto Mancini finalmente un grande allenatore della Nazionale invece di quel Ventura lì, di Alberigo Evani nientedimeno Sex Symbol secondo i media stranieri, dei tormentoni lanciati dai calciatori sui social network.

Facile oggi buttare la colpa addosso al commissario tecnico: avrebbe dovuto mettere mano a una squadra a dir poco opaca in troppi elementi, dicono e non a torto. Difficile però potesse essere la sola soluzione in una rosa in seria difficoltà psicologica, succube di un trip mentale dalle qualificazioni, terrorizzata dalla replica di una Caporetto come quella del 2017 – e infatti, eccolo servito il remake. Ancora più facile oggi bombardare gli sconfitti, i perdenti, e intonare le solite cantilene, con aspetti che c’entrano e che non c’entrano affatto con il campo, i risultati: si riparta dai giovani, si curino gli impianti e i vivai, si rinnovi tutto il gruppo e via dicendo. Come no.

Quel gruppo, a pensarci, andrebbe a questo punto ancora più esaltato per quella vittoria inaspettata e clamorosa dell’estate scorsa. Alla fine, come si dice, stacce: il 2021 è stato l’anno d’oro dello sport italiano, resterà nei secoli – e, a proposito, di campioni in questi anni ce ne sono forse come non mai in quasi tutti gli sport, ci possiamo consolare. Ora è toccata l’altro verso delle montagne russe. Peccato che questi ragazzi resteranno per molti, forse per la maggior parte, più per questa débacle che per quell’impresa. È sempre vincere l’unica cosa che conta, non ci sono Notti Magiche che tengano.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.