L’economia in rallentamento, le inquietudini, i nuovi fermenti, il lavoro, la sanità, il welfare, il territorio: la fotografia scattata dal 57esimo Rapporto Censis restituisce l’immagine di una società di sonnambuli, ciechi dinanzi ai presagi. Un ritratto a cui si affianca quello dell’Italia, che deve fare i conti non solo con il ripiegamento in piccole patrie e piccole rivendicazioni ma anche con la scarsità di traguardi condivisi.

Il risultato? Tra vitalità disperse e un confronto pubblico giocato su emozioni di durata assai breve «la società italiana trascina i piedi». Per Renato Brunetta, presidente del Cnel, si sta assistendo a un ritorno di protagonismo dei corpi intermedi e della coesione sociale. «Noi siamo pronti ad accogliere le analisi libere del Censis e a metterle a terra», ha assicurato.

Il pessimismo degli italiani

Indagando sul sentimento comune degli italiani emerge un pessimismo di rilievo, alla luce dei segnali negativi sull’andamento dell’economia nazionale che pesano sulle aspettative. Ben due famiglie su tre prevedono che alla fine dell’anno i redditi familiari resteranno uguali a quelli dell’anno precedente. Per il 44,1% verranno mantenuti gli stessi livelli di risparmio dell’anno passato, mentre il 48,5% teme di vedere i propri risparmi scendere rispetto al 2022. A tutto questo si aggiunge il timore espresso dal 25,9%, secondo cui – anche alla luce dell’incremento dei prezzi – si assisterà a un aumento della spesa per consumi. L’80,1% è convinto che l’Italia abbia imboccato la strada di un irrimediabile declino; un dato che sale all’84,1% tra i giovani.

Giovani in fuga

L’Italia si conferma un Paese di emigrazione: allo stato attuale circa 6 milioni di persone risultano essere residenti all’estero. Il quadro è allarmante: negli ultimi 10 anni il numero di italiani stabiliti all’estero è stato oggetto di un aumento del 36,7%, corrispondente a 1,6 milioni in più. Nel corso dell’ultimo anno gli espatriati sono stati 82.014, di cui il 44% tra 18 e 34 anni. A incrementare in maniera significativa è anche il peso dei laureati sugli expat 25-34enni, passando dal 33,3% del 2018 al 45,7% del 2021. «Un drenaggio di competenze che non è inquadrabile nello scenario di per sé positivo e auspicabile della circolazione dei talenti, considerato che il saldo migratorio dei laureati appare costantemente negativo per il nostro Paese», scrive il Censis.

L’allarme su anziani e natalità

Segnali tutt’altro che positivi arrivano pure sul fronte degli anziani, che a oggi rappresentano il 24,1% della popolazione complessiva; nel 2050 saranno 4,6 milioni in più e raggiungeranno un peso del 34,5% sul totale della popolazione. Per il Censis gli anziani di domani «saranno sempre più senza figli e sempre più soli». Le stime parlano del 10,3% degli anziani che nel 2040 dovrà fare i conti con problemi di disabilità. Non passa inosservato il nodo sulla natalità: le coppie con figli sono destinate a diminuire fino a rappresentare nel 2040 solo il 25,8% del totale; allo stesso tempo le famiglie unipersonali aumenteranno fino a 9,7 milioni. Una serie di cifre che mette in evidenza quanto sia attuale il tema relativo al bisogno assistenziale legato agli effetti epidemiologici dell’invecchiamento demografico.

L’emergenza lavoro

Un dato certamente importante è il record dell’occupazione: sono 23.449.000 gli occupati al primo semestre, il dato più elevato di sempre. Tuttavia resta intatto un triste primato dell’Italia: il nostro Paese rimane all’ultimo posto nell’Unione europea per tasso di occupazione. Al 60,1% si è arrivati grazie a una crescita tra il 2020 e il 2022, mantenendosi però al di sotto del dato medio europeo (69,8%) che se dovesse essere raggiunto genererebbe circa 3,6 milioni di occupati in più. Il 62,7% degli italiani ritiene che il lavoro non sia più centrale nella vita delle persone: il senso attribuito discende direttamente dal reddito che se ne ricava. Per il Censis è da intendere come il «segno di un certo distacco rispetto al lavoro come fattore identitario della persona».

Le paure della società

Di fronte alla complessità delle sfide che la società contemporanea è chiamata ad affrontare si registrano inquietudini e inerzia. L’84% ha paura del clima «impazzito»; il 73,4% esprime timori sui problemi strutturali ancora irrisolti in Italia in grado di innescare una crisi economica e sociale molto grave. Nuove ansie sono lampanti in seguito allo scoppio delle guerre: per il 59,9% c’è grande apprensione per un possibile conflitto mondiale che potrebbe coinvolgere il nostro Paese; il 59,2% sostiene che non siamo in grado di proteggerci da attacchi terroristici di stampo jihadista; secondo il 49,9% l’Italia non sarebbe capace di difendersi militarmente qualora venisse aggredita da un Paese nemico.