La polemica
Iva Zanicchi e quel modo di pensare che umilia il nostro Sud
Nel 2003 Fossati scriveva “C’è un tempo perfetto per fare silenzio”. Nel 2021 non lo abbiamo ancora individuato. Nel 2021 siamo qui a scrivere di un non silenzio su razzismo, stereotipi, manifestazioni di debolezze dell’italiano medio, di una massa fagocitata, masticata e restituita rimodellata in peggio, prima dalle TV, poi dal web. Quando mi hanno chiesto di scrivere qualcosa in merito, ero indeciso, ho pensato che non sarebbe servito. Ho pensato che quel che avrei scritto, lo avremmo commentato tra noi che ci riteniamo salvi, ma è pur vero che o ci salviamo tutti o non
si salva nessuno.
Allora ho riflettuto e ho capito che se per quelli che usano i soliti luoghi comuni per marchiare gli altri, quel che scriverò sarà “cacca”, allora vale la pena farlo. Tutti mafiosi in Sicilia, tutti camorristi a Napoli, tutti ‘ndranghetisti in Calabria, coronuniti in Puglia e via così associando al delinquere, intere popolazioni. Se il cantante napoletano cantava al Madison Square Garden era sicuramente per l’appoggio di qualche Boss. Non importa se quel cantante aveva cantato prima ovunque e con chiunque da Tito Schipa a Renata Tebaldi, da Claudio Villa a Nilla Pizzi, non conta che avesse superato il concorso indetto dall’EIAR (ex RAI) e che poi avesse vinto Sanremo, il Festival di Napoli e tanto altro. Nemmeno importa se in Italia era sulle copertine dei giornali una settimana si e una no e che a New York c’erano tantissimi napoletani che lo amavano.
Lui lì ci arrivava perché qualche mafioso ce lo portava. È quel pensiero stampato nella mente che diventa mentalità stessa a stabilirlo, più resistente di un marchio a fuoco sulla pelle. Mi sto riferendo all’intervista incriminata della signora Iva Zanicchi contro la quale non ho nulla di personale. Quando ho visto e ascoltato il video che mi aveva inviato in privato un amico, non ho avuto nemmeno il tempo di sorprendermi perché il moto che mi ha animato subito è stato di ribellione, il motivo l’ho capito dopo. Non c’era nelle sue parole soltanto la chiara diffamazione di mio padre Nunzio Gallo. Insieme alle sue palesi insinuazioni, c’erano un’intera visione del Sud, una disposizione dell’animo, una mimica, un atteggiamento corporeo, degli ammiccamenti, che mi avevano colpito e che avevano superato in partenza l’effetto sorpresa.
Quello che la signora diceva sui siciliani era frutto dello stesso pensiero: «Se lei vive a Palermo qualche contatto ce l’ha… o no?». Alludendo ai mafiosi. Una frase che non può che nascere dalla convinzione che in certi luoghi del meridione siamo tutti, come minimo, collusi. Non conta che anche Falcone e Borsellino fossero siciliani, certa mentalità supera la verità in curva e senza sbandare, ma prima o poi va a sbattere. Ho deciso di querelare la signora Zanicchi non solo per quel che ha detto di mio padre ma per quel modo di pensare che glielo ha fatto dire. Destinerò eventuali proventi a una Fondazione che nascerà con lo scopo di dare borse di studio ai ragazzi napoletani che vorrebbero studiare canto e che non se lo possono permettere. “C’è un tempo perfetto per fare silenzio”. Non è stato ancora individuato, usiamo il ritardo a fin di bene.
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