Nel Si&No del Riformista spazio al dibattito sul mondo sportivo dopo la vittoria di Jannik Sinner dopo la vittoria nella finale dell’Atp di Vienna nella quale ha conquistato il quarto titolo del 2023 e il decimo in carriera: Jannik Sinner diventerà il numero uno al mondo? Favorevole Claudio Giua, giornalista secondo cui il giovane tennista starebbe “dimostrando una crescita quasi senza paragoni”. Contrario Andrea Ruggieri, secondo cui: “Sinner probabilmente non riuscirà a tenere stabilmente testa a Carlos Alcaraz”.

Qui il commento Claudio Giua: 

Qualsiasi bambino delle scuole tennis pensa che un giorno, magari tra dieci o quindici anni (ricordate l’infinità che vi sembravano dieci anni quando ne avevate sette o otto?), sarà il numero 1 al mondo. Per la verità, da piccolo Jannik Sinner voleva diventare il numero 1 dello slalom gigante ma capì per tempo che il tennis gli piaceva di più perché “se sbagli, hai il tempo per rimediare”. Siccome soltanto uno o due su decine di milioni di allievi di ciascuna leva tennistica ce la fanno, può essere che i predestinati del primo lustro del millennio siano lui, detto Pel di Carota, classe 2001, e Carlos Alcaraz, classe 2003. E se lo spagnolo è già stato in cima al ranking mondiale, il sudtirolese è uno che domenica sera, subito dopo il secondo ATP 500 vinto in un mese e i record italiani di titoli ATP in carriera (10, dei quali 4 da febbraio a oggi) e di vittorie in una stagione (56), ha detto di sé: “Ho tanto lavoro da fare fuori dal campo, e poi alleno la mente, sto provando a capire il mio cervello”. Parole che descrivono compiutamente il più determinato azzurro del dopoguerra, più di Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta che alla sua età, nel Pleistocene e nel Paleocene del tennis moderno, avevano soprattutto programmi di dolce vita.

Sinner sicuro di sé e delle proprie decisioni

Jannik sta mostrando una crescita qualitativa senza quasi paragoni. Per capirci: Alcaraz e Holger Rune, altro ventenne che ambisce a issarsi in cima alla classifica ATP, hanno prestissimo mostrato qualità senza sbavature fino a dare la sensazione di non avere chissà che altri margini di miglioramento. Lui, invece, cresce torneo dopo torneo, partita dopo partita e, appunto, è consapevole che il percorso per dirsi davvero soddisfatto del proprio rendimento è assai lungo. Che il ragazzo fosse sicuro di sé e delle proprie decisioni s’era intuito già ai suoi primi successi, prima del trionfo nelle Next Gen Finals milanesi del 2019. La conferma era arrivata dopo l’uscita di scena agli Australian Open dell’anno scorso, quando s’era semipubblicamente lamentato di non avere sempre al fianco il mentore Riccardo Piatti, restato a Bordighera. Poco dopo, aveva rotto il contratto con il coach comasco e aveva cominciato ad allenarsi con Simone Vagnozzi, giovane protagonista – dall’angolo – dell’exploit di Marco Cecchinato di qualche anno prima, e poi anche con il guru australiano Darren Cahill, un passato con numeri 1 come Andy Murray, Simona Halep e tanti altri. Una scelta affatto di pancia eppure giudicata come “azzardata”, “ingrata”, “tecnicamente sbagliata” da commentatori di grande esperienza. È andata come Sinner voleva andasse: il suo servizio è diventato tra i più efficaci del circuito, le discese a rete (dunque i serve and volley) tutt’altro che salti nel buio, la difesa da ogni punto del campo, ma soprattutto lungo la linea di fondo, una specialità della casa.

Sinner ha le armi per battere Medvedev e Alcazar

Nel corso della finale di Vienna vinta 7-6 4-6 6-3 contro il numero 3 ATP Daniil Medvedev, ha fatto meno errori e piazzato più vincenti dell’avversario. Il russo, che ha già vissuto l’ebbrezza di guidare il ranking ATP, è stato esplicito nel corso della conferenza stampa post-match: “Sapevamo tutti che Jannik aveva il potenziale per essere un gran giocatore, ora ha trasformato il potenziale in realtà. In questo finale di stagione siamo noi quattro una spanna sopra gli altri”. I temporanei Fab Four, oltre al moscovita e a Sinner, sono ovviamente Novak Djokovic e Alcaraz.
Dunque dobbiamo attenderci che l’attuale numero 4 al mondo bruci le tappe e arrivi presto dove nessun italiano è mai salito? Corrado Barazzutti ne è certo: “Sembra pronto per vincere uno slam e diventare il numero 1 del mondo”. Io sono più cauto. Al momento Jannik ha le armi per battere Daniil e Carlos, ma l’ostacolo Djokovic forse è psicologicamente ancora troppo alto per lui. Ma è solo questione di tempo: una variabile tutta a favore dell’adolescente spilungone che dalla Val Fiscalina scese sulla Riviera di Ponente.

Claudio Giua

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