Afuera
Javier Milei arriva in Italia. Tra la speranza che contagi qualcuno e il bisogno di un ‘Afuera’ liberale
Atterra domenica prossima in Italia il controverso neo presidente argentino, Javier Milei, con al suo fianco la ministra degli Esteri Mondino e una delegazione di imprenditori ansiosi di confrontarsi con noi su ricerca, energia e investimenti. Milei arriva a Roma per assistere alla canonizzazione di “Mama Antula”, fondatrice della Casa per Esercizi spirituali di Buenos Aires, in Vaticano, dove incontrerà prima il suo connazionale Papa Francesco cui proporrà un viaggio in Argentina, poi diversi protagonisti delle istituzioni, tra cui il Premier Giorgia Meloni.
Alle prese in patria con il complicato iter del decreto legge Omnibus, che incontra resistenze figlie del fallimentare status quo argentino, e presentato in Italia come personaggio caricaturale, Milei è invece un caso interessante dagli esiti incerti, visto che propone riforme reaganian-tatcheriane a latitudini sudamericane sconquassate da un livello di assistenzialismo stellare.
Le mosse di Milei
Milei ha subito ricollocato l’Argentina lontano dai Brics e vicino alle libere democrazie occidentali, e da Israele annunciato lo spostamento dell’ambasciata argentina a Gerusalemme (come già prima di lui aveva deciso di fare il Presidente Usa Donald Trump). Lodato dal Fondo Monetario Internazionale per l’encomiabile piano di riforme che puntano alla difficile stabilizzazione del paese, tanto da avergli staccato la cedola di un finanziamento di 4,7 miliardi di dollari, Milei propone linguaggio assai diretto verso i cittadini, quasi virulento ma di verità (“No hay plata”, non ci sono soldi) e idee liberiste, che in Italia fanno storcere il naso. E si permette di dire che sì, è licenziabile anche un dipendente pubblico (come servirebbe anche qui, visto che sono tutti pagati lo stesso, bravi e fannulloni, con ciò impedendo a noi di avere una pubblica amministrazione davvero efficiente, a quelli bravi che la popolano di guadagnare quanto meritano, e al pubblico di assumere gente in gamba che possa sceglierlo in luogo del privato, cosa oggi impossibile a causa degli stipendi da fame che ci sono nel pubblico), che il perimetro dello Stato spendaccione va ristretto a favore dell’iniziativa privata, e che la spesa pubblica va tagliata con la motosega.
A prescindere da come finirà il suo esperimento (lui dice di lavorare per la prospettiva dei prossimi 35 anni), la speranza è che una simile mentalità possa contagiare il centrodestra italiano che invece fatica a mollare il suo approccio statalista. E perché no cominci a pensare di tagliare la spesa pubblica eccessiva che ci fa costare troppo lo Stato e pagare troppe tasse, vendere immobili pubblici per ridurre il debito pubblico, riformare la pubblica istruzione per formare meglio i ragazzi italiani, la pubblica amministrazione dove i fannulloni devono poter essere licenziati, la giustizia politicizzata che sbaglia tre volte al giorno, ogni giorno, iniziare a ridurre il peso di partecipate e municipalizzate, rivedere le concessioni dinastiche su demanio e trasporto, inaugurare una serissima lotta alla burocrazia: se per aprire un bar, un salone estetico o un’officina ci vogliono 70 autorizzazioni e permessi, e un anno di attesa (che costa un sacco di soldi), chi nasce povero non diventerà’ mai benestante, e una nazione con sogni di crescita e benessere non può fondarsi sulla sola iniziativa di pochi, magari fortunati per nascita, o sulla perpetua resistenza di categorie corporative che pretendono di continuare a guardare il mondo di oggi con le lenti di quello di 30 anni fa.
La lezione
Chissà che Milei non riesca a spiegare che fare liberalizzazioni e puntare su tagli di spesa pubblica e conseguenti abbattimenti fiscali non convenga anche al bilancio dello Stato perché se si paga meno si paga in di più, oltre che ai cittadini le cui libertà individuali non vanno un solo centimetro in avanti. E chissà che non lo ascolti senza pregiudizio anche l’opposizione, impegnata a fare proposte di legge costituzionali lunari come quella di rinominare la “Camera dei Deputati’ in “Camera delle Deputate e dei Deputati”. Quando si dice, le priorità. Afuera…!
© Riproduzione riservata