Totò Schillaci si trovava alla clinica Maddalena, nel quartiere San Lorenzo a Palermo, quando è stato arrestato il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Era al bar della clinica, dove si cura per un tumore al colon scoperto poco più di un anno fa. “Il mondo mi è caduto addosso, sono andato in depressione, avevo paura di morire. In mente mi è venuto di tutto, ma fortunatamente questo brutto male era circoscritto al colon, non ha danneggiato altri organi ed è stato tolto. Non ho più il retto e lo sfintere. Però tra morire e avere questi problemi, meglio qualche piccolo problema”, ha raccontato l’ex calciatore in una lunga intervista a Il Corriere della Sera.

Schillaci ha appena partecipato al reality show Pechino Express, un programma Sky Original prodotto da Banijay Italia, girato in India quest’anno. ” Ero perplesso perché mi ero appena ristabilito dal tumore, ma le rassicurazioni dei medici e la volontà di mia moglie hanno fatto la differenza. Non sono partito in condizioni ottimali, ma lo spirito di adattamento non mi è mai mancato”. Ha paragonato l’esperienza al reality show in viaggio all’esperienza del Mondiale di Calcio di Italia ’90. E non è poco.

Perché Schillaci è rimasto soprattutto impresso nell’immaginario collettivo come il ragazzo di Italia ’90, l’attaccante di una squadra amatissima che ha sfiorato la finale, forse la nazionale più amata, “perché eravamo la squadra più forte, perché si giocava in Italia e anche per la canzone delle Notti Magiche. Il mio exploit ha contribuito, nemmeno io me l’aspettavo”. Schillaci era un protagonista, nonostante i grandi attaccanti convocati con lui. “Una favola così era inimmaginabile: tutto quello che toccavo diventava oro, ho avuto una grande occasione e l’ho sfruttata. Se mi chiede come mai ero così, non so dare una spiegazione. Avevo fatto 21 gol con la Juve, vinto la Coppa Italia e la Uefa, è vero, ma in Nazionale ero un debuttante: sono stato eletto miglior giocatore del torneo e sono arrivato secondo al Pallone d’Oro“.

Schillaci che ha unito l’Italia in quel torneo, rimasto nella storia con la maglietta azzurra addosso, ma ferito in alcuni casi dagli insulti razzisti. “Ho avuto delle difficoltà, con le scritte ‘terrone’ sui muri di Torino e poi i cori negli stadi. Sono orgoglioso di essere siciliano e felice di aver portato la sicilianità nel mondo: noi del Sud abbiamo questo calore dentro”. Non esclude del tutto che l’avventura in bianconero sia finita a causa del gossip. “Ci sono stati momenti difficili, molto brutti, anche a causa dei tifosi avversari. Questo può avere condizionato il mio rendimento e la Juve magari ha voluto cedermi”.

Sui legami tra integratori e altre sostanze somministrate agli atleti e malattie mortali, un dibattito esploso con le morti di Sinisa Mihajlovic e Gianluca Vialli: “Prendevamo qualsiasi cosa ci davano, ma sotto controllo medico. Collegare queste malattie al passato? Non ci voglio nemmeno credere, spero non sia così e voglio avere fiducia nei medici”. Se è riuscito ad affrontare questo momento difficile è stato grazie alla moglie Barbara. “È stata il mio medico personale, in tutto. Mi è stata sempre vicino: non volevo uscire, ero depresso, ho sofferto, ho avuto dolori. Lei c’era, mi ha preso per i capelli e mi ha detto di riprendermi la mia vita. È stata una guerriera, mi ha tenuto in piedi“.

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