Sei Punte
Il documentario filo-terrorista
La Bbc confessa: “A Gaza abbiamo fatto da megafono ad Hamas”

La British Broadcasting Corporation (BBC) è forse la più celebre conglomerata dell’informazione a livello globale, e vanta un accreditamento di professionalità e affidabilità quasi leggendario. Nei giorni scorsi ha dovuto ammettere di aver fatto realizzare e di aver divulgato un presunto documentario sulla guerra di Gaza (“Gaza: How To Survive A Warzone” era il titolo) misurato sulle esigenze comunicative di Hamas, un reportage infettato di pregiudizio anti-israeliano e antisemita non migliore di un qualsiasi opuscolo di bassa propaganda.
I “gravi difetti” del reportage BBC su Gaza
Il presunto documentario pretendeva di raccontare la guerra di Gaza tramite gli occhi di un ragazzino palestinese, il quale risultava poi essere figlio di un membro del governo di Hamas. Il servizio era realizzato con opportuno “trattamento” della famiglia del ragazzo, in particolare la madre, remunerata tramite rimesse in favore della sorella. Chiamata a rendere conto della genuinità e affidabilità del cosiddetto documentario, la cui realizzazione era affidata ad attivisti palestinesi spacciati per giornalisti indipendenti, la BBC si costringeva infine a riconoscere che il lavoro presentava “gravi difetti”, i quali esponevano a un serio pregiudizio reputazionale l’emittente e ne compromettevano l’accreditamento fiduciario presso il pubblico.
Il problema squadernato da questa vicenda è che di quel “giornalismo” non è responsabile, per una volta, quel singolo e pur importante operatore dell’informazione. A dover rendere conto di mistificazioni anche più gravi e della sistematica propalazione di bufale anche più strepitose è infatti un lunghissimo corteo editoriale (l’Italia è posizionata ben in testa), che sulla guerra di Gaza si è esercitato senza sosta nel confezionamento malizioso di verità così bugiarde che quelle della BBC, al confronto, appaiono innocue e trascurabili sviste.
Gaza, le cateratte di balle
Tutte le pagine di questo giornale sarebbero insufficienti anche solo per sunteggiare le cateratte di balle dilagate in sedici mesi di cronache e commenti sul conflitto scatenato dall’assalto palestinese del 7 ottobre. Memorabili i cinquecento morti, contati uno per uno a circa tre minuti e mezzo dall’evento, che un attacco aereo israeliano avrebbe determinato in un ospedale di Gaza: non erano cinquecento morti, ma una trentina; non erano nell’ospedale ma in un parcheggio attiguo; non erano, soprattutto, vittime di un attacco israeliano ma di uno dei tanti razzi palestinesi diretti contro Israele e finiti invece sulla testa dei palestinesi.
Memorabili le puntuali trasposizioni in prima pagina delle veline da tunnel sulle carestie che a grappolo – un paio al mese, mediamente – avrebbero assediato Gaza: con il dettaglio che quella parola – “carestia” – si faceva nebbia quando i dati veri e le rilevazioni documentate rendevano evidente che nessuno moriva di fame a Gaza. Memorabili le panzane sulle “zone di sterminio” preordinate dall’intelligenza artificiale per massimizzare il numero di civili da abbattere. Tutta spazzatura informativa rispetto alla quale la roba per cui la BBC ha chiesto scusa profuma di lindo.
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