La Cina ci spia: qual è la novità? Le cronache riportano entusiasticamente come una società privata, la Zhenhua Data con sede a Shenzhen, in pochi anni abbia composto un data base (Oversea Key Information Data Base – Okidb) condensando informazioni raccolte principalmente da fonti aperte. Gli italiani classificati sarebbero 4.544 tra loro politici, imprenditori, ma, soprattutto, membri della criminalità organizzata. Non è ancora noto quale il reale utilizzo di tali informazioni. Certamente tale meticolosa collezione infastidisce e, ancora una volta, fa emergere quel lato della medaglia che tanti ancora non vogliono vedere. La Cina ci spia: qual è la novità? Per aumentare la sua influenza la Cina può avvalersi, per rimanere in argomento raccolta informazioni, dei servigi del ThirdDepartment of the General Staff Department (3PLA): è l’ente di raccolta e analisi SIGINT (Signals Intelligence, nel linguaggio dell’intelligence) principale della Cina, sovrintende a una delle più grandi e sofisticate infrastrutture SIGINT e di cyber collection al mondo e sicuramente la più estesa nella regione Asia-Pacifico.

Il Terzo Dipartimento gestisce almeno dodici uffici operativi e tre istituti di ricerca e le sue strutture situate intorno alla Cina riferiscono direttamente alla sede del Terzo Dipartimento a Pechino. Questa primavera il quotidiano francese Le Monde ha accusato i cinesi di spiare le istituzioni dell’Unione Europea attraverso apparecchiature situate all’interno dell’edificio dell’ambasciata di Malta a Bruxelles, immobile in buona parte ristrutturato con fondi cinesi. L’edificio di Rue Archimède per la stampa francese «ha ospitato apparati tecnici installati dai Servizi segreti cinesi per spiare le istituzioni europee». Non è forse vero che un ex ambasciatore italiano con alti incarichi dirigenziali presso la Farnesina è accusato di avere girato ai cinesi informazioni riservate riguardanti imprese italiane? Lo spionaggio economico è stata un’arma che la Cina per anni ha utilizzato per cercare di colmare velocemente gap tecnologici. Il trasferimento di tecnologia da Occidente a Oriente è passato da una parte all’altra del mondo anche attraverso il furto organizzato scientificamente da unità militari a ciò dedicate.

Recentemente Martin Feldstain docente di economia alla Harvard University: «Il punto cruciale è il furto di tecnologia. Se i cinesi non accetteranno d’interrompere tale pratica…». La cybersecurity, il ruolo delle imprese cinesi Huawei, ZTE, Dahua, Hikvision, il progetto delle Smart City fanno discutere. Il timore, per molti versi fondato, è l’intreccio tra settore privato e pubblico in Cina, vale a dire la stretta cooperazione tra la parte civile e quella militare. Chris Wrai, capo dell’Fbi riguardo i telefoni cellulari cinesi ha lanciato un monito: «Consentirebbe loro di modificare o rubare informazioni e di fare spionaggio senza essere scoperti». Quale la linea di separazione tra interesse pubblico e quello privato quando la maggior parte delle aziende tecnologiche cinesi sono di proprietà dello Stato, quindi soggiogate al potere e alla volontà politica? Come l’Occidente può difendersi dai continui attacchi cinesi? Guardiamoci attorno.

Sono in corso importanti trattative tra Bruxelles e Pechino per cercare di stabilire un po’ di equilibrio, torna di moda il concetto di “reciprocità”. Termine invocato da anni che, semplicemente, significa uguali opportunità, uguali obblighi. La produzione delle merci in Europa per tutelare il consumatore e l’ambiente sono giustamente sottoposte ad una legislazione rigida, quindi sono gravate da maggiori costi. La Cina inquina e noi ne paghiamo i costi direttamente indirettamente. I cinesi in Europa hanno campo libero, ma le nostre imprese manifatturiere e di servizi quando vogliono sbarcare in Cina non godono della stessa libertà d’azione. Guardiamoci nuovamente attorno: volgiamo lo sguardo ad Est. Recentemente la Cina ha consegnato alla Serbia sei droni da ricognizione armati con 18 missili terra-aria.

Altri quindici droni, così si legge su un dispaccio cinese, sono in consegna. Tali droni ad uso militare sono stati fabbricati dall’azienda di stato cinese China Aerospace Science and Technology Corporation, hanno un raggio d’azione di circa 250 chilometri. La con la “diplomazia del debito” (o trappola del debito) sta strozzando la vicina Serbia. Certamente la fornitura di due manciate di droni con la relativa dotazione di missili non cambia lo scenario militare della Serbia, tanto meno quello della NATO, ma è un monito che dovrebbe servire per comprendere quale sia la strategia globale di Pechino. Infine, una polemica riflessione: in quale modo il nostro Ministro degli Esteri Luigi Di Maio affronterà la citata questione del presunto spionaggio da parte della Cina di 4.544 italiani? Forse lo considererà un altro regalo annesso alla Nuova Via della Seta?