Il giorno del funerale
La complessa eredità lasciata da Bergoglio alla Chiesa: ritrovare forza spirituale con una dottrina chiara
La scomparsa di Francesco apre un bivio storico: continuare nel suo solco globale e missionario o rifiutare le mode del tempo

“Ad Vitam”. È questo un punto fermo che Papa Francesco ha voluto ribadire fino all’ultimo dei suoi giorni, vissuti nonostante le precarie condizioni di salute nell’esercizio di quella missione che per chi crede e si riconosce nella Chiesa di Cristo è opera dello Spirito Santo. Dunque, le molte voci di possibili dimissioni – e persino elucubrazioni giornalistiche che dopo la rinuncia di Papa Benedetto XVI arrivarono a ritenere che il Papato potesse divenire “a tempo” e non più “Ad Vitam” – sono state sfatate dallo stesso Francesco nella scelta di mantenere saldo il suo ruolo e di esercitare fino all’ultimo istante il Munus Petrino. L’eccezionalità e le ragioni che hanno portato alla rinuncia di Papa Benedetto XVI non possono e non devono divenire una consuetudine: tra i teologi il dibattito è ben lungi dall’essere esaurito, il tema è più che delicato.
Lo stesso Francesco nel 2014 si era espresso affermando che la scelta di Benedetto XVI fosse stata istitutiva della figura del Papa emerito. Ma il tempo e i 10 anni di convivenza hanno probabilmente convinto Francesco che il Papato non può essere inteso come temporaneo e che da ciò ne dipende l’unità stessa della Chiesa. Troppe divisioni sono sorte e si sono articolate intorno ai due Papi, spesso a loro insaputa, alimentando un clima di incertezza e diffidenza che non solo ha indebolito il pontificato di Francesco, ma ha anche destabilizzato quel clima di armonia che è necessario all’interno della Chiesa. Che, come ricordò nella sua ultima omelia Papa Benedetto XVI in Piazza San Pietro, “non è mia, è di Cristo”. E nonostante oggi il dibattito sulla scomparsa di Francesco sia animato più dai laici o dagli atei, e meno dai cattolici – con il conseguente risultato che l’operato di Francesco viene giudicato più sul piano politico che religioso e spirituale – a non trovare posto nello spazio spirituale e temporale della Chiesa sono il ripristino della durata del Papato e il superamento di una concezione secolarizzata.
Un pontificato che ha lasciato un segno chiaro sul piano politico e su quello che Francesco ha inteso come il nuovo orizzonte della cristianità, l’Asia e il sud globale, sacrificando quell’Europa che il suo predecessore aveva eretto quale roccaforte fondamentale da difendere e riconquistare in quanto cuore pulsante del cristianesimo. Francesco – con il suo spirito sudamericano e la sua formazione da gesuita – ha applicato il modello e lo spirito della Compagnia di Gesù nel suo pontificato, immaginando e costruendo una Chiesa missionaria, proiettata agli ultimi, scendendo sul terreno rischioso della secolarizzazione. Sul piano politico, ha portato avanti un’azione lontana dalla diplomazia pontificia e dagli appelli politici condensati all’interno di un più ampio indirizzo spirituale, facendo spesso prevalere un carattere impulsivo già visto nella lotta politica argentina, dove il gesuita Bergoglio prima e il cardinale poi si opposero alla dittatura di Videla e alla sinistra peronista e al marxismo con la “Teologia del Popolo”.
Francesco non parlava la lingua della politica ma quella del popolo, e su alcuni temi ha conquistato le simpatie di tanti non cattolici e non credenti che ne apprezzarono lo spirito combattivo e le lotte per il Creato, da loro declinato come ambientalismo, e il sostegno all’immigrazione. Fino alla sua posizione nel conflitto russo-ucraino e su Gaza: su quest’ultima, l’utilizzo della parola “genocidio” ha portato a una crisi di rapporti con Israele e il mondo ebraico. Sui temi sociali ed etici Papa Francesco si è mantenuto in linea con la dottrina, nonostante molte sue dichiarazioni – fatte a braccio e sui voli che lo hanno condotto nei vari viaggi apostolici – furono spesso mal intese e strumentalizzate da quel mondo progressista che tenta di accaparrarsi la memoria del Santo Padre.
Quello che forse nel pontificato di Bergoglio è mancato è stata la chiarezza dottrinale, e quella fermezza avuta sui temi sociali. E sembra essere questa la grande richiesta per il futuro Pontefice, affinché la Chiesa ritrovi quella forza spirituale e teologica che non viene dall’abbraccio con le mode del tempo, ma dalla forza di una dottrina chiara.
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