In Ucraina le cose stanno andando malissimo per gli ucraini ma non bene per i russi. Le madri dei coscritti russi stanno marciando in quasi tutte le piazze reclamando i figli che hanno già combattuto per un anno in Ucraina e che malgrado le promesse non sono ancora tornati a casa. La cosa più triste però in questa vicenda è che le madri benché protettive nei confronti dei loro ragazzi sembrano appoggiare totalmente la guerra di Putin senza la minima critica: “Se mio figlio ha combattuto da eroe e ha fatto versare il sangue del nemico, vuol dire che il suo dovere l’ha fatto e lo potete rimandare a casa. Ma non avete qualcun altro da mandare in prima linea anziché prendere sempre i ragazzi coscritti appena usciti dalla loro famiglia?”.

E questa è la verità che ha anche un senso militare molto triste. Da quando è scoppiata la guerra tra Israele e Hamas, da quando tutti i media, televisioni, giornali e social, parlano soltanto di ostaggi e bombardamenti sulla Striscia di Gaza, l’Ucraina è scomparsa dalle cronache ma non dalla realtà. La realtà per ora è che i russi hanno ricominciato a bombardare metodicamente Kyiv per colpire in modo molto selettivo tutto ciò che produce energia, calore per l’inverno, gas per cucinare, acqua per lavare e bere. I morti civili sono per ora pochi, e i feriti una decina al massimo, ma c’è poco da rallegrarsi: ciò significa soltanto che le armi russe hanno raggiunto un altissimo livello di precisione e che le coordinate selezionate sul missile o sul drone vanno a colpire tutto ciò che rende possibile la vita. È già inverno e si gela, tutti sono intabarrati ma li attendono mesi terribili se non succede qualcosa. L’unica cosa militare che può accadere con qualche conseguenza è l’arrivo di una decina di potenti aerei da caccia e da bombardamento F-16. Sono aerei americani ma non sono regali americani. Biden è attentissimo a non fare nulla che provochi la Russia al punto da far perdere le staffe ad un uomo che parla di bombe atomiche ogni giorno.

Inoltre, Vladimir Putin sta dando segnali di insofferenza sarcastica perché da qualche giorno cita Cicerone per sostenere che quando si combatte le libertà civili devono arretrare. Putin usa farsi fare da giornalisti addomesticati le domande a cui vuole rispondere. È così abbiamo visto un signore dall’aria accigliata chiedere al presidente totalmente inghiottito in una gigantesca poltrona imperiale: “Ma perché stiamo qui a parlare di cultura? La cultura è un lusso quando si è in guerra. Se stiamo combattendo una guerra tutto deve essere fatto per vincere nulla per distrarsi dall’obiettivo più importante”, e Vladimir è bravissimo in queste recite perché finge una certa sorpresa di fronte a una domanda così diversa dalle altre. Poi si riprende dallo shock e risponde con calma serafica: “Credo che sia stato Cicerone a dire che quando la guerra rumoreggia, le Muse devono tacere. Io dico che forse in tempi di emergenza dovrebbero tacere le leggi perché il loro rispetto scrupoloso può danneggiare la vittoria”. Con lo stesso serafico sorriso Putin dette ordine di installare nella Bielorussia, le rampe di lancio per bombe atomiche e ha fatto armare le rampe mettendoci sopra delle vere bombe pronte all’uso.

A Kiev, sia Volodymyr Zelensky che il suo stato maggiore non nascondono il fallimento della controffensiva e ne danno la colpa sia all’America che all’Europa per non aver voluto concedere agli ucraini armi di lunga gittata con cui colpire il nemico sul suo territorio. L’invasore può vivere e combattere soltanto finché funzionano le linee di rifornimento che portano in prima linea munizioni, cibo e il rimpiazzo dei morti e dei feriti. Gli ucraini non possono colpire in territorio russo, perché Mosca potrebbe considerarlo un atto di guerra. I piloti degli F16 sono stati ormai addestrati e sono pronti a decollare: è l’ultima speranza di Kiev prima di essere costretta a subire la perdita del territorio.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.