La terza parte
La risposta legittima all’orrore di Hamas: Israele e il diritto di difendersi

Nelle due parti precedenti di questa analisi, abbiamo descritto come Israele si difende e come opera per neutralizzare e smantellare le minacce terroristiche internazionali.
C’è chi agisce… e c’è chi si scandalizza
La comunità internazionale reagisce in modo un po’ ambiguo: lascia che Israele compia le necessarie pulizie per garantire a tutti un mondo più sicuro eliminando minacce terroristiche che infiltrano senza ostacoli tutte le frontiere del Medio Oriente. Lo fa con le proprie risorse e con il sangue dei propri cittadini e soldati. Poi, però, la comunità internazionale si ripulisce la coscienza stracciandosi le vesti perché, per eliminare il terrorismo, Israele si è sporcato le mani e non si è limitato alle dichiarazioni di principio. Il 29 dicembre 2023, il Sudafrica ha presentato un ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia, accusando Israele di genocidio. Ma l’uso della Convenzione sul Genocidio contro Israele è completamente infondato e offensivo. L’ennesima manifestazione di un vecchio schema: incolpare il popolo ebraico per le sofferenze che esso stesso ha subito nel corso della storia.
Il Sudafrica basa la propria accusa su due argomentazioni, che però non resistono a un esame serio. La prima riguarda l’entità dei morti civili e della distruzione nella Striscia di Gaza. Sebbene la guerra sia stata devastante per la popolazione civile, ciò non implica automaticamente che l’unico responsabile sia Israele (e non chi la usa sistematicamente come scudo) e tantomeno che si tratti di genocidio. La seconda accusa si fonda su dichiarazioni di funzionari israeliani passati e presenti che, secondo il Sudafrica, proverebbero l’intento genocida di Israele. Tuttavia, queste citazioni provengono da elementi dei partiti più estremisti che sostengono il governo e non riflettono le azioni e le posizioni reali del Paese. Inoltre, molte di esse sono state rilasciate nel doloroso contesto immediatamente successivo al massacro del 7 ottobre, un evento che ha sconvolto profondamente tutto lo Stato di Israele.
Genocidio: Un termine abusato
La definizione di genocidio fu coniata nel 1944 dall’avvocato ebreo Raphael Lemkin, che fu fondamentale nell’introdurre la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del genocidio del 1948, redatta subito dopo l’Olocausto. Il genocidio è considerato “il crimine dei crimini” e si riferisce all’intento specifico di “distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Tuttavia, come ha chiarito la stessa Corte Internazionale di Giustizia in passato, l’uso della forza, anche su larga scala, “non può di per sé costituire un atto di genocidio”. L’abuso crescente del termine “genocidio” rischia di svuotarlo del suo significato originale. Se ogni guerra venisse etichettata come genocidio, il termine perderebbe il suo valore, minando la stessa essenza della Convenzione sul Genocidio, che potrebbe portare gli Stati a ritirarsi, temendo che venga usata come arma contro di loro.
Il 7 ottobre 2023, già rimosso dalla memoria collettiva internazionale
Il 7 ottobre 2023, Hamas e altri gruppi terroristici hanno avviato una guerra contro Israele e lo hanno invaso massacrando chiunque e perpetrando atrocità senza precedenti. Oltre 1.200 israeliani sono stati uccisi, torturati, stuprati e mutilati, mentre 250 persone, tra cui neonati, anziani e malati, sono state prese in ostaggio. Questi atti costituiscono palesi violazioni del diritto internazionale umanitario, così come lo è il trattamento brutale riservato agli ostaggi, che continuano a essere torturati. Alcuni di questi, come i fratellini Bibas e la loro mamma, sono stati poi strangolati a mani nude e restituiti oltre un anno, dopo macabre cerimonie, in cambio del rilascio di decine di criminali catturati dall’IDF. Israele, in conformità con il proprio diritto e dovere di difendere i propri cittadini, ha dovuto rispondere con forza, cercando di garantire il rilascio degli ostaggi e di impedire ulteriori attacchi. Hamas, infatti, anche oggi non smette di minacciare di colpire ancora Israele.
Legittima difesa
È difficile biasimare seriamente Israele per l’uso della forza militare per difendersi da ulteriori attacchi, soprattutto se si considera che le sue azioni sono state in linea con le leggi di guerra internazionali. Israele ha sempre ribadito che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) colpiscono esclusivamente obiettivi militari e operatori del terrore, non i civili palestinesi. E ricorda che la stessa IV Convenzione di Ginevra sancisce chiaramente che ospedali e strutture civili protette dalla Convenzione stessa perdono la loro inviolabilità quando vengono sistematicamente utilizzate come copertura per le basi militari del nemico. L’intensità dei combattimenti e l’alta quantità di danni civili a Gaza sono, in gran parte, il risultato della strategia di Hamas, che ha scientificamente mimetizzato i propri combattenti tra la popolazione civile, incluse moschee, ospedali, scuole e edifici delle Nazioni Unite, utilizzando i civili come scudi umani. I terroristi di Hamas si sono fatti vedere in divisa solo quando partecipavano a raccapriccianti pantomime per il rilascio di ostaggi in cambio di terroristi. Il loro obiettivo, più volte dichiarato, è provocare un alto numero di vittime per mobilitare l’opinione pubblica mondiale contro Israele.
Le misure israeliane per proteggere i civili
La vera prova della mancanza di intento genocida da parte di Israele sta nelle robuste misure adottate per ridurre al minimo le vittime civili. Per esempio, le Forze di Difesa Israeliane lanciano volantini e inviano messaggi telefonici per avvisare la popolazione delle imminenti operazioni militari nella zona, anticipano i bombardamenti lanciando sulla stessa zona bombe inerti per fare scappar egli ultimi civili rimasti. Inoltre, affermano che le esplosioni sono calibrate con precisione, per colpire solo gli obiettivi militari, minimizzando – per quanto possibile – il rischio per i civili. Queste misure precauzionali, che spesso espongono le forze israeliane a maggiori pericoli, dimostrano l’impegno di Israele nel rispettare le leggi internazionali.
Aiuti umanitari e la lotta contro Hamas
Nonostante Hamas distrugga sistematicamente le infrastrutture che potrebbero favorire l’accesso e la distribuzione degli aiuti umanitari, Israele continua a ricostruirle per consentire l’ingresso dei rifornimenti, evitando però che questi vengano utilizzati per finanziare la macchina militare di Hamas. La Convenzione di Ginevra, infatti, prevede il dovere di assistere le popolazioni civili, ma riconosce che questo dovere viene meno quando l’esercito avversario sfrutta sistematicamente gli aiuti per rifornire i propri combattenti o per finanziarsi, rivendendo al mercato nero gli aiuti fra la propria stessa popolazione. L’infiltrazione di terroristi di Hamas anche nell’organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, come confermato da numerose prove, dimostra la portata del crimine di guerra commesso da Hamas, che ha l’intento esplicito di ostacolare la distribuzione degli aiuti umanitari proprio per creare una catastrofe e provocare l’indignazione del mondo.
Una tradizione di accusa contro gli ebrei
Con il precedente storico dell’Olocausto, in cui sei milioni di ebrei furono sterminati a causa della loro religione, e con il profondo attaccamento di Israele ai valori della sacralità della vita, l’accusa di genocidio risulta assurda e dolorosa. Anche per un agnostico “goy” (non ebreo) come me, si tratta di un caso moderno della millenaria abitudine di incolpare gli ebrei per i crimini commessi contro di loro.
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