Lo zar è cauto
La Russia sull’orlo della recessione. Sanzioni e caos in Medio Oriente fanno tremare Putin

Per il presidente russo Vladimir Putin, questo è un momento complesso. Da una parte c’è l’Ucraina, la guerra “esistenziale” che il Cremlino continua a combattere a suon di missili sulle città e avanzate in Donbass. Dall’altra parte, un Medio Oriente che ribolle e dove Mosca ha un sistema di partnership e alleanze molto peculiare. Due partite che si giocano su tavoli diversi, ma che Putin, in qualche modo, vuole riuscire a compattare.
La mediazione offerta dal leader russo a Donald Trump per adesso non ha ricevuto molto credito. Il presidente degli Stati Uniti ha dimostrato di non voler chiudere completamente le porte a un possibile intervento da “ponte” del Cremlino. Tuttavia, il coro di “no” dall’Europa e gli scenari di un attacco Usa agli impianti nucleari di Teheran hanno in qualche modo frenato l’ipotesi di un maggiore coinvolgimento russo. E Putin ha dovuto incassare una prima battuta d’arresto anche da parte dello stesso The Donald, secondo cui non è il momento per un’iniziativa russa perché prima avrebbe bisogno di una “mediazione per la Russia” nella guerra in Ucraina.
Putin però ha provato a rilanciare. Dopo l’ultima telefonata con Trump, il leader russo ha detto che “esistono opzioni per garantire gli interessi dell’Iran nell’energia nucleare pacifica e per alleviare le preoccupazioni di Israele”. E queste opzioni, ha continuato, “le abbiamo presentate ai nostri partner”. L’impressione, in questo momento, è che l’interesse di Putin sia soprattutto quello di evitare di andare in direzione contraria alle iniziative di The Donald. In primis perché sa che è un interlocutore fondamentale sul fronte ucraino. In secondo luogo, perché all’interno della Federazione Russia iniziano a circolare ormai con troppa insistenza le voci di una crisi profonda dell’economia. Un problema confermato dal flop del Forum Economico di San Pietroburgo, disertato dagli occidentali ma anche dai leader alleati, e dove lo stesso ministro russo dello Sviluppo economico Maxim Reshetnikov ha ammesso che il Paese è sull’orlo dell’entrata in recessione. E gli accordi con Washington, una volta finita la guerra, fanno gola a Mosca al pari della rimozione delle sanzioni.
Ma Putin ha anche un altro problema: salvare il salvabile in Medio Oriente. Perché se non può irritare Trump, allo stesso tempo deve convincerlo che la soluzione migliore sia evitare una nuova escalation e un tracollo dell’Iran. Per il presidente russo si tratta di agire da equilibrista. Deve dare sponde a Trump ma evitando di sembrare troppo allineato agli Stati Uniti. Deve sostenere l’alleato a Teheran senza apparire troppo legato a una Repubblica islamica che combatte con Israele ma che ha anche problemi con i Paesi arabi (amici di Putin sul fronte petrolifero).
Pur senza essere troppo legato a Xi Jinping, vuole blindare anche su questo fronte l’asse diplomatico con la Cina. Una partnership confermata pure dalla telefonata di ieri tra Putin e Xi, in cui i due leader hanno ribadito la necessità di un cessate il fuoco e condannato apertamente gli attacchi israeliani. E in questo continuo gioco di sponde, l’unica regola che si è dato il Cremlino sembra essere quella di non prestare il fianco a un regime change a Teheran. Alla domanda riguardo il possibile omicidio della Guida suprema, Ali Khamenei, da parte delle forze israeliane, Putin ha risposto seccamente: “Non voglio nemmeno discutere di questa possibilità”. Il presidente russo ha negato che gli ayatollah abbiano richiesto assistenza militare alla Federazione.
Ma il grande nodo da sciogliere resta quello del nucleare iraniano. Dopo che il direttore dell’Agenzia internazionale per l’Energia atomica, Rafael Grossi, ha smentito che “in Iran ci sia uno sforzo sistematico per produrre un’arma nucleare”, Trump ha ribadito di pensare che Teheran fosse a poche settimane dalla bomba. Durante la conversazione tra Xi e Putin, i due leader hanno affermato che la soluzione “delle questioni relative al programma nucleare iraniano non può essere raggiunta con la forza”. E in queste settimane, Mosca si era offerta di gestire il combustibile nucleare iraniano offrendo direttamente uranio arricchito e prendendo quello già elaborato, in modo da rassicurare Israele. L’ipotesi potrebbe far parte delle “opzioni” presentate dal Cremlino. E Putin ieri è stato chiaro: “Le strutture sotterranee di arricchimento dell’uranio sono intatte”. Segno che, in assenza di un coinvolgimento degli americani e delle loro bombe anti-bunker, l’intervento russo potrebbe diventare decisivo per rimuovere il problema dai siti iraniani.
© Riproduzione riservata