Il caso della cantante
Lasciate in pace Laura Pausini: sia libera di non cantare “Bella ciao”
Io l’avrei cantata, “Bella ciao”. Sarà perché è un ritmo orecchiabile e facile e l’ho suonata tante volte alla chitarra, pur preferendo canti di lotta più impegnativi e dal significato chiaro come la mitica “Contessa” di Paolo Pietrangeli. Sarà anche perché resto indifferente davanti alle simbologie, soprattutto quelle costruite a tavolino, come appunto “Bella ciao”. Anche un po’ maschilista, se vogliamo. L’avrei cantata. Ma se qualcuno me lo avesse imposto a dimostrazione del mio tasso di antifascismo e di adesione alla Resistenza (che scrivo con la maiuscola, tranquilli) e di repulsione verso il nazismo, la mia gola si sarebbe seccata, mi sarei ammutolita.
Laura Pausini è una giovane donna di quarantotto anni, romagnola. Una cantautrice con 226 dischi di platino, la più famosa italiana nel mondo, canta in tutte le lingue con la sua voce eccezionale. Lasciatela in pace, per favore. Non è una militante politica, di nessuna parte. Probabilmente non le importa molto dei partiti e delle elezioni imminenti. Temo che in questi momenti, questa indifferenza, ammesso che sia anche la sua, stia contagiando una bella fetta di italiani, soprattutto quelli che come lei, non hanno ancora compiuto cinquant’anni. Dovrebbe essere compito dei rappresentanti politici, e magari anche di noi giornalisti, trovare argomenti convincenti per rompere il tetto dell’indifferenza che incombe sulle nostre teste. Invece no, invece vogliamo che Laura Pausini canti “Bella ciao”. Se non lo fa, ecco pronto l’avverbio preferito dei tempi di Stalin, “oggettivamente”. Se non intoni quel canto di cui non si sa neanche se era delle mondine, come il bellissimo “sciur parùn dalle belle braghe bianche”, o da dove abbia avuto origine, non sei dalla parte della lotta partigiana, e quindi “oggettivamente” contro. Cioè da quella dei nazisti.
L’episodio non è di quelli epici, è anzi banale.
La cantante partecipava a un gioco, nel programma tv spagnolo “El Hormiguero”, e doveva cantare una canzone che comprendesse nel testo la parola corazon, cuore. Lei ha pensato subito a quello un po’ matto di Little Tony, ma nessuno la conosceva, quella canzone. È stato allora che, quasi con un riflesso condizionato, il conduttore ha canticchiato quel motivetto conosciuto nel mondo quasi quanto “Volare”, di cui nessuno sa più che il vero titolo è “Nel blu dipinto di blu”, ma tutti la gridano a squarciagola perché è quasi un urlo liberatorio. Pausini però non la ha voluta cantare, ha detto: «È una canzone molto politica e io non voglio cantare canzoni politiche». “Bella ciao” per i non italiani, è un po’ come “Volare”, inutile illudersi del contrario. La parola “ciao” è conosciuta in tutto il mondo, è citata in italiano nei libri e nei film. E altrettanto il saluto “ciao bella”, purtroppo a volte accompagnato da una pacca sul sedere, dei filmini italiani con Maurizio Arena e Renato Salvadori. È vero che “Bella ciao” in alcune circostanze è stata intonata anche come inno alla libertà, come è accaduto a Instanbul, ma in gran parte del mondo è solamente una canzoncina italiana orecchiabile e piacevole. Non è certo “L’ internazionale”. Oltre a tutto tantissimi, e in particolare gli spagnoli, la conoscono soprattutto per averla sentita nello sceneggiato tv “La casa di carta”.
Ma la sinistra italiana, pur sapendo che di quei versi non si conoscono le origini e che sicuramente non li cantava nessuno durante la guerra partigiana, l’ha voluta imporre come simbolo a ogni manifestazione del 25 aprile piuttosto che del primo maggio. E l’ha trasformata in una sorta di spartiacque, quello che determina chi sta di qua e chi di là. Buoni e cattivi, ancora una volta. Anzi, peggio, a leggere un paio di commenti di ieri su Repubblica e La Stampa. Spocchiosi, intolleranti. Stefano Cappellini accusa Laura Pausini di esser diventata il Davide Van De Sfroos (cantante amato da Salvini) o il Mariano Apicella (che si esibiva con Berlusconi) di Giorgia Meloni. Lo dice con disprezzo, perché evidentemente sia i due cantanti citati che i due leader politici stanno dall’altra parte, rispetto allo spartiacque artificioso di “Bella ciao”. Poi si lascia andare a constatare che “c’è una quota di italiani che non ha mai ritenuto dirimente scegliere tra gli occupanti nazisti e i partigiani”. E tra questi ci sarebbe Laura Pausini, perché non sarebbe credibile la sua non conoscenza del testo della canzone. Delle battute sulla Stampa, che chiama il senatore Urso “Benito” e mette un po’ di fango sul testo di una bella canzone di Laura Pausini trasformandola in “La solitudine tra A noi!”, possiamo solo dire che fanno apparire letteratura quelle di Marco Travaglio.
© Riproduzione riservata