Messaggi forti, temperati ed efficaci
Leone XIV e il cambio di passo con Francesco: messaggi forti ma senza ambiguità. Telefonata con Zelensky, presto a Kiev
«Pace» è stata la parola con cui Leone XIV si è presentato al mondo dalla Loggia delle Benedizioni, citando quello che è il saluto del Cristo Risorto. Una pace che – mai come in questa delicatissima fase storica – rischia di tramutarsi in una chimera, in un contesto nel quale avanzano i cannoni e si spegne il dialogo che è il primo passo affinché si possano gettare quei “ponti” cari al Sommo Pontefice. Da subito il Santo Padre ha parlato di pace «disarmata e disarmante», quasi a voler indicare i rischi di una corsa al riarmo che – sulla scorta dell’esperienza dei pontificati di Leone XIII e Pio X – si presenta come foriera di un conflitto inevitabile già nelle sue premesse.
Nel suo ruolo di Pastore di guida, il Papa ha fino ad ora utilizzato ogni occasione per accendere l’attenzione sui conflitti ponendosi in un ruolo di mediazione e raccordo. E anche in questa impronta sembra ritornato uno stile più consono alla Santa Sede rispetto alle intemerate impulsive di Francesco. Dichiarazioni accorte quelle di Leone XIV, ma efficaci, come nel suo saluto in occasione del Regina Coeli in una piazza San Pietro gremita nella mattinata di domenica, quando il Papa si è detto vicino con il cuore alle sofferenze del popolo ucraino e ha chiesto – oltre al cessate il fuoco – il rilascio immediato degli ostaggi israeliani e che vengano consentiti gli aiuti umanitari alla popolazione civile di Gaza.
La telefonata tra il Papa e Zelensky
Ma Leone XIV, che stiamo imparando a conoscere giorno per giorno, non si è limitato agli appelli, che hanno pur sempre il loro peso: chiamando il presidente Zelensky, il Santo Padre ha voluto ulteriormente rafforzare le parole di domenica. Inoltre il Papa è stato invitato a Kyiv. Per Zelensky, «una visita del genere porterebbe vera speranza a tutti i credenti e a tutto il nostro popolo. Abbiamo concordato di organizzare un incontro di persona». Si capiranno nelle prossime settimane le tempistiche di questo passo dall’importanza simbolica, alla vigilia di quel viaggio a Nicea in cui il Santo Padre ricercherà l’unità di tutti i cristiani, lì dove il primo Concilio ecumenico 1.700 anni fa (325 d.C.) cercò di riunificare le anime del primo cristianesimo.
“Siamo noi i tempi”
Ma la giornata di ieri è stata anche quella dell’udienza che il Papa ha riservato ai giornalisti e agli operatori dei media, in cui ha voluto ribadire l’importanza della vera caratteristica dell’informazione: la libertà nella ricerca della verità. Solo un’informazione libera può consentire ai popoli scelte consapevoli. Leone XIV ha esordito citando il Discorso della Montagna e quel “beati gli operatori di pace”, sottolineando come l’informazione «non deve inseguire il consenso» ma la verità e ricordando quanto disse Sant’Agostino sui tempi: «Viviamo bene e i tempi saranno buoni, siamo noi i tempi». Il Papa, ringraziando i presenti per il «servizio alla libertà e alla verità», ha voluto porre l’accento sui rischi che comporta la ricerca della verità. Da qui il riferimento a tutti quei giornalisti imprigionati per la sola colpa di compiere il loro dovere, per cui ha chiesto l’immediato rilascio e ha espresso la solidarietà della Chiesa.
Messaggi forti, temperati ed efficaci
In queste prime uscite il Santo Padre sta inviando messaggi forti, temperati sì, ma efficaci, compiendo una demarcazione fondamentale tra il suo ruolo di Pastore e quello di figura dall’impatto globale anche in chiave politica. Appare evidente che Leone XIV, accorto osservatore, si guardi bene dal rischio che il suo messaggio venga distorto e banalizzato, e soprattutto utilizzato politicamente per finalità che esulano dal ruolo ecumenico della Chiesa.
© Riproduzione riservata







