Una delle ultime uscite dei miei genitori fu per degustare una bibita da Vanni a via Col di Lana, dietro piazza Mazzini. A mio padre, Rav Vittorio Chaim Della Rocca, piaceva andare a sedersi lì per prendere un caffè con parenti ed amici, soprattutto quando il caldo e l’umidità di Roma incombevano. Per diversi decenni appena arrivava, il titolare dei locali, Paolo, dopo averlo salutato calorosamente lo intratteneva lungamente, discorrendo dei più disparati argomenti: dalla casherizzazione alle dietrologie calcistiche, fino ad arrivare ai nuovi investimenti della famiglia nella ristorazione. Era un rapporto vitale che, viste le abilità comunicative di papà e le relazioni commerciali del titolare, trovava terreno fertile per lunghe chiacchierate. Io mi ricordo bene come nacque questa relazione.

Una bibita da Vanni

Erano i primi anni settanta. Andavamo con i nostri genitori a prendere una bibita da Vanni. Potevi incontrare lì attori e star della Rai, vista la vicinanza con Il Teatro delle Vittorie dove veniva registrata la trasmissione di punta Canzonissima, e i giocatori della Lazio scudettata, a iniziare da Giorgio Chinaglia, che era l’idolo delle folle biancoazzurre. Così, quando andavamo alla partita o agli Internazionali di Tennis, lì vicino, una sosta da Vanni per gustare qualcosa, era un rituale da condividere con gli amici. Come tante sere dopo il cinema, a vent’anni e su di lì, “ci vediamo da Vanni” era una richiesta di appuntamento frequente.

La certificazione Kosher

Ben presto l’azienda di ristorazione prese, in occasione dei ricevimenti, la certificazione Kosher. Così i bar mizvà di tutti noi familiari, di tanti amici della Comunità si svolgevano con il catering di Vanni. E questo felice sodalizio si allargò a dismisura con l’apertura del Peristilio, il locale posto al primo piano della pasticceria, e di Villa Macchia Madama, situata a Monte Mario sopra lo stadio. Teatro di tanti ricevimenti dei nostri correligionari. «Caro Maestro Vittorio – erano i primi anni Novanta– tra poco apriremo questa nuova location e mi farebbe piacere farla conoscere alla Comunità, che possiamo fare?». Così si rivolgeva Paolo Vanni al mio babbo, di cui fui testimone, prima di inaugurare questo spazio di verde che in futuro ci avrebbe visto partecipare in numerosi ricevimenti.

Il colpo al cuore

Con il proliferare di catering kosher anche nella comunità ebraica, il rapporto con Vanni non ha mai subito una decrescita. Perché sappiamo come gli ebrei diano, strutturalmente parlando, un grande valore alla fidelizzazione. È stato un rapporto continuo e duraturo fino a pochi giorni fa: quando con un clamoroso colpo al cuore inferto all’ambiente ebraico romano, la figlia del titolare ha pubblicato un post social con una riproduzione del lager nazista di Auschwitz con la scritta di Gaza e il riferimento alla giornata della Memoria. Sono arrivate poi le scuse ma il danno era stato fatto. La news in un batter d’occhio, con il tam-tam mediatico social si è diffusa nell’ambiente ebraico romano.

I fornitori di alimenti kosher, sconcertati ma sicuri delle decisioni da prendere, spiegando e motivando, hanno subito annullato e rescisso i rapporti in essere. Ciò ha comportato una serie di considerazioni che metto per iscritto. È stata una decisione sofferta di lacerazione con un luogo romano d’incontro. E per motivi di antisemitismo. Non è una decisione a cuor leggero. Ci fa ritornare alle vicende drammatiche delle leggi razziali quando i nostri antenati vissero, salvo qualche eccezione, il distacco e l’allontanamento sociale dalla società circostante. Ma per noi, nati negli anni del benessere e totalmente assorbiti nella bella vita romana, ciò rappresenta un duro colpo. È inutile negarlo: non l’avevamo provato nemmeno nell’ 82, quando ci fu una grave crisi tra mondo ebraico e mondo politico.

Jonatan Della Rocca

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