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Green Deal
L’opera oscurantista dei negazionisti climatici e le due dimensioni della sostenibilità
Nonostante l’opera di disinformazione portata avanti dai negazionisti climatici, è ormai tragicamente evidente come l’aumento delle temperature della Terra dovuto all’enorme impatto delle azioni umane sull’ambiente contribuisca a produrre episodi estremi sempre più frequenti. Gli eventi catastrofici che hanno colpito la Spagna dimostrano quanto sia urgente assumere misure di abbattimento dei gas serra e di adattamento ai danni. Non è facile.
L’opera dei negazionisti
L’opera oscurantista dei negazionisti ha infatti facilmente modo di fare leva sul fatto che i costi necessari per sostenere politiche di contrasto sarebbero sopportabili solo da élite privilegiate e andrebbero a gravare in modo sproporzionato sulle spalle dei meno abbienti. Un’opera che ha gioco facile, appunto, poiché l’opinione pubblica tende a prestare scarsa attenzione a ciò che non ha impatti immediati e visibili – specialmente se evitare tali impatti avrebbe, invece, costi immediati e visibili. Infatti, a differenza di altre emergenze, nel caso della crisi climatica cause ed effetti sono distanti, nel tempo e nello spazio, e il legame tra rischio collettivo e azione individuale non è facilmente percepibile. E mentre l’inquinamento locale dell’aria o dell’acqua può essere bloccato alla fonte con effetto immediato, con il cambiamento climatico solo un’azione coordinata a livello sovranazionale può essere efficace, e solo nell’arco di decenni. Gli effetti delle politiche climatiche sull’occupazione, invece, si fanno sentire qui e ora.
La dimensione della sostenibilità
Negli ultimi anni, i policymaker europei hanno dimostrato una certa apertura nei confronti della dimensione sociale, approvando il Pilastro europeo dei diritti sociali. Tuttavia, politiche specifiche per affrontare gli impatti sociali del cambiamento climatico e della transizione verde sono state sviluppate solo a seguito del Green Deal europeo nel 2019: il Meccanismo per una transizione giusta è stato istituito nel 2020 ed è stato promosso un Fondo sociale per il clima (che entrerà in vigore solo nel 2026). Nonostante tutta la retorica positiva e le buone intenzioni, questo mosaico di politiche è però lontano dall’approccio olistico e globale alla giusta transizione che, ora, appare più che mai necessario. Inoltre, l’Ue non dispone ancora di strumenti politici che forniscano una copertura collettiva dei rischi legati al clima e alle condizioni meteorologiche estreme. Eppure, la necessità di reindirizzare la società e l’economia verso la dimensione della sostenibilità, sia ambientale che sociale, è sotto gli occhi di tutti. E può rappresentare per l’Europa un’occasione irripetibile per il suo rilancio strategico da più punti vista: sociale, economico e politico.
Le condizioni per la crescita verde
Se però si vuole fare in modo che una svolta mirata alla sostenibilità goda del consenso dei cittadini, è necessario rafforzare l’intreccio fra la dimensione sociale dell’ecologia e quella ecologica del benessere e dell’equità sociale. Non si tratta di ridurre la produttività sacrificando i grandi vantaggi del progresso tecnologico, ma di gestirli in modo equo e sostenibile, così da proteggere l’ambiente, tutelare l’occupazione e ridurre le disuguaglianze. Vasto programma, si dirà. Eppure, la crescita verde può essere un’opportunità che non andrebbe lasciata cadere. Richiede però alcune condizioni. Anzitutto il coinvolgimento dei cittadini europei i quali, come consumatori, contribuiscono a orientare il mercato e a indirizzare le scelte delle imprese, mentre invece, come elettori, condizionano le scelte dei decisori politici.
Se si vuole che la transizione ecologica goda di consenso sociale occorre che i provvedimenti adottati a sostegno della crescita verde siano tali da incrementare l’occupazione e promuovere le attività economiche. Non è impossibile, dal momento che non mancano esperienze di green economy rivelatesi efficaci anche in termini occupazionali ed economici, come ad esempio l’impiego di fonti di energia rinnovabile per alimentare aziende e macchine, oppure una migliore gestione del ciclo di vita dei prodotti. In secondo luogo, è necessario coinvolgere e rafforzare il maggior numero possibile di imprese, facendone nascere di nuove e stimolando nuove attività anche attraverso finanziamenti pubblici.
Infine, è necessario che i decisori istituzionali evitino di fare passi indietro rispetto alle politiche già approvate e di prestare orecchio sia ai negazionisti del cambiamento climatico sia a coloro per i quali nulla va fatto in quanto qualsiasi politica di contrasto finirebbe per far pagare i poveri per ciò che non hanno fatto e per escluderli da benefici che non hanno avuto. La transizione ecologica può essere invece l’occasione per il rilancio politico di una Europa eco-sociale. Affrontare la crisi climatica e della biodiversità in linea con gli obiettivi sociali può accelerare le transizioni a basse emissioni di carbonio in modo inclusivo ed equo, rafforzando una sfera pubblica egualitaria ed ecologica che protegga al contempo i diritti dei cittadini e l’ambiente in cui tutti viviamo.
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