La svolta
“L’orrore” delle interdittive sta per finire, la chiave è una decisione del Tar

Casi come quello della famiglia di Bruno Polifroni sono migliaia e costituiscono il banco di prova della libertà di fare impresa, della vita degli imprenditori e dei lavoratori, in definitiva della vita del Diritto nel nostro Paese. La speranza che la situazione cambi giunge da una recente sentenza del Tar di Bari che può costituire un punto di svolta rispetto alla logica dell’emergenza che da trent’anni governa la vita politica, sociale ed economica nel nome di una guerra alla mafia che travolge tutto e tutti mangiandosi i principi basilari dello Stato di Diritto. Per la prima volta infatti, un tribunale, il mese scorso, ha accolto un ricorso, curato dall’avvocato Pasquale Rinaldi, in materia di interdittive antimafia e ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la questione della compatibilità della legge italiana con il principio del contraddittorio cosi come riconosciuto dal diritto dell’Unione.
Un principio che certo riguarda il diritto di difesa nel processo ma che vale, secondo il Tar, anche «nei procedimenti amministrativi nei quali i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione». In altre parole non è tutto oro colato quello che dice la Prefettura. Finalmente si scoprono gli altarini della cosiddetta antimafia costruiti a partire dai primi anni Novanta e in virtù dei quali è potuto accadere che lo Stato di Diritto si sia ridotto allo Stato dei Prefetti, dei sospetti e degli interdetti. È potuto accadere che centinaia di Comuni siano stati sciolti per mafia senza contraddittorio e per via di sole relazioni prefettizie. È potuto accadere che a migliaia di imprenditori siano stati sequestrati i beni sulla base di semplici sospetti di infiltrazioni mafiose.
È potuto accadere che altrettanti imprenditori siano finiti nella blacklist e interdetti dal lavoro con la Pubblica amministrazione, senza contraddittorio in ragione di informazioni prefettizie. È accaduto che il sistema di prevenzione su cui si fonda la lotta alla mafia si è progressivamente sostituito al sistema penale, troppo garantista con diritto al contraddittorio e i suoi gradi di giudizio. Un tempo si sarebbe detto che prevenire è meglio che reprimere ma oggi assistiamo ad una prevenzione che è più cieca e distruttiva della repressione stessa.
Nella sentenza del Tar di Bari riecheggia il senso delle proposte di legge di iniziativa popolare del Partito Radicale volte a impedire le infiltrazioni mafiose nel sistema economico senza distruggerlo, a salvaguardare la continuità aziendale e amministrativa, a prevenire il crimine senza massacrare la vita delle persone, a combattere la mafia senza minare i principi dello Stato di Diritto e i diritti umani. Confidiamo anche in questo caso, come avvenuto con l’ergastolo ostativo, che siano le Alte Giurisdizioni, in questo caso la Corte di Giustizia europea, a sciogliere quei nodi che il Parlamento non è in grado di affrontare.
© Riproduzione riservata