Far teatro è da sempre il suo forte. «Non sanno cosa sia fronteggiare un uomo di 74 anni innamorato» spara Lula. Ovazione e lacrime tutt’intorno. Sguardi a filo di telecamera verso la neofidanzata perfettamente calata nella parte. E dopo l’uscita calibrata su una platea smaniosa di melodramma, l’ex presidente detta la linea politica al congresso del partito dei lavoratori (pt), da lui fondato e di cui è rimasto il leader indiscusso anche durante i 19 mesi di carcerazione per corruzione e riciclaggio dai quali è appena uscito. Una linea di attacco assoluto. Contro il presidente d’ultra destra del Brasile, l’ex colonnello Jair Bolsonaro. E contro i tanti che nel pt spingono per un riposizionamento al centro. «Ebbene sì – ha esordito Lula – siamo l’esatto opposto di Bolsonaro. A chi critica o teme la polarizzazione abbiamo il coraggio di dire che siamo e saremo l’opposto di chi taglia i diritti dei lavoratori, produce disoccupazione, riduce il salario minimo, fa ricomparire in Brasile il flagello della fame, distrugge la natura e attacca donne, neri, la popolazione LGTB e chiunque osi essere differente». E contro la destra del suo partito: «Sì, siamo radicali. Radicali difensori della sovranità, delle università pubbliche gratuite, della sanità per tutti e nemici di chi nega la scienza». È tornato in scena un Lula scatenato, convinto di poter portare il pt di nuovo a vincere soltanto sferrando una battaglia frontale vecchio stile alla destra radicale, andata al potere nell’ottobre dell’anno scorso con il 52% dei voti, un voto essenzialmente bianco e ricco nonostante il grande apporto di consensi garantito dalle comunità evangeliche molto presenti nella favelas e nei sobborghi poveri (ma non solo lì: un elettore brasiliano su quattro è di fede evangelica).

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Lula non pare aver intenzione di fare spazio ad altri leader, né nel suo partito né altrove a sinistra. Ma ha due grandi ostacoli, oltre all’età (alle prossime elezioni avrà 77 anni) e all’odio anti pt che anni di campagne tv su dirigenti corrotti, fondi neri e appalti truccati hanno radicato anche nei settori popolari. La necessità di trovare alleati (i partitini a sinistra potrebbero non bastare, dolori per Lula cercare alleati non infidi al centro). E sei inchieste aperte con lui imputato. In questo momento per la legge Ficha limpa (fedina pulita) Lula non è candidabile. Lui confida nella possibilità che il Tribunale supremo dichiari “giudice non parziale” il magistrato che lo fece arrestare, Sergio Moro, poi chiamato da Bolsonaro a fare il superministro della giustizia. E annulli almeno il primo processo. «Così come credo nella giustizia di questo Paese – dice Lula – credo che sconfiggeremo questa farsa. È solo questione di aver pazienza».

Redazione

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