Aprire o chiudere al traffico? O magari lasciar passare le macchine solo nei giorni feriali con i ristoratori inferociti perché vorrebbero tornare alla pedonalizzazione. La diatriba sulle sorti del Lungomare è entrata nel vivo. Ad alimentare il dibattito su uno dei luoghi più belli della città, la notizia di milioni di euro in arrivo per il restyling di un piccolo tratto di strada. Ma anche questa non a tutti pare essere un’idea gloriosa. Lo era invece un progetto che ha trent’anni e che riposa nel dimenticatoio che ospita speranze, intenzioni e programmi per migliorare una Napoli immobile da troppo tempo.

«Non credo sia una buona idea spendere soldi per il restyling di un tratto molto piccolo del lungomare Caracciolo – spiega l’architetto Massimo Pica Ciamarra – O si affrontano i lavori nella sua totalità, seguendo una logica, oppure è inutile. Non si lavora in una città per pezzetti ma per sistemi. Chiaramente – continua – si affronta un punto per volta, ma avendo una visione d’insieme. Non condivido l’azione del restyling di quel pezzetto che per altro mi sembra sia nell’ottica di una pedonalizzazione di quel tratto». Per ora l’amministrazione comunale guidata da Gaetano Manfredi ha fatto sapere di voler rendere pedonale solo via Partenope, così come stabilito dalla precedente amministrazione de Magistris. Al momento, però, pare mancare una visione d’insieme, un’idea di cosa si vuole fare del lungomare cittadino. Se si lavora per tratti le cose non hanno grande valore. «Se parliamo di progetti – afferma Pica Ciamarra – questi riguardano l’insieme, per loro definizione sono parti di un sistema e quindi vanno colti come tale, vederli nell’ottica di realizzare una nuova pavimentazione lunga un chilometro non mi sembra che abbiano molto senso. Poi ci sono le gestioni ordinarie – continua – per cui io posso sperimentare la chiusura al traffico del lungomare, piuttosto che una chiusura solo in determinati giorni, ma queste sono decisioni che possono essere riviste subito se l’esperimento va male. Serve però una visione d’insieme, un progetto che tenga conto di tutto il lungomare».

E forse si potrebbe tirare fuori dai cassetti e rispolverare un progetto che ha più di trent’anni. «Tempo fa mettemmo a punto un progetto per ridisegnare il lungomare Caracciolo – racconta Pica Ciamarra – l’idea era quella di realizzare un asse sottomarino per ricavare sott’acqua dei parcheggi al di sotto delle scogliere che potevano accogliere fino a 2.000 auto. Il disegno – chiarisce – è questo: le rotonde diventano poli di aggregazione collegati dalla passeggiata pedonale e dal ventaglio di riferimenti trasversali che si sviluppano paralleli alla Villa Comunale, lavorando al di sotto delle attuali scogliere da Castel dell’Ovo fino al porticciolo di Mergellina dove il traffico viene spostato verso l’interno e gli spazi pedonalizzati si raccordano alla spiaggia con punti di belvedere alternati a piccole cave di pietra aperte verso il mare».

Il progetto, approvato perfino dalla Soprintendenza, era una proposta avanzata da un poderoso gruppo di imprese e validata da un importante istituto bancario. Oggi tutto sarebbe di proprietà pubblica. La tecnologia che si sarebbe dovuta usare per realizzarlo non era sconosciuta, ma avrebbe seguito la stessa logica che ha portato alla realizzazione della metropolitana di San Francisco che corre sott’acqua. I lavori sarebbero partiti dal mare e quindi i cittadini non avrebbero subito i disagi conseguenziali all’apertura di un cantiere nel centro della città. Si tratta di situazioni che nel mondo sono normali, da noi sono impossibili. Oggi il progetto ha ancora una speranza? «Assolutamente sì. È attuale e attuabile».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.