La Cpi, la Corte penale internazionale, ha emesso oggi un mandato di cattura contro il presidente russo Vladimir Putin, accusandolo di essere responsabile di crimini di guerra commessi in Ucraina.

Il tribunale con sede all’Aja, nei Paesi Bassi, reputa Putin responsabile di crimini di guerra a causa del suo presunto coinvolgimento nel rapimento di migliaia di bambini dall’Ucraina.

In una nota la Cpi sottolinea che il numero uno del Cremlino “è presumibilmente responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa”.

Contestualmente un secondo mandato d’arresto è stato diposto anche nei confronti di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, Commissario per i diritti dei bambini presso l’Ufficio del Presidente della Federazione Russa, con accuse simili.

L’inchiesta era stata avviata già poche settimane dopo l’inizio della guerra in Ucraina, scoppiata come noto il 24 febbraio del 2022. Dopo poco più di un anno, alla luce delle verifiche svolte, i tre giudici della Cui (l’italiano Rosario Aitala , la giapponese Tomoko Akane e il costaricano Sergio Ugalde) hanno accolto le richieste del procuratore che si è occupato dall’inchiesta, Karim Khan.

L’INCHIESTA SUI CAMPI DI “RIEDUCAZIONE” RUSSI

Fondamentale, stando a quanto ricostruito nell’inchiesta, il ruolo del Commissario per i diritti dei bambini presso l’Ufficio del Presidente della Federazione Russa, Maria Alekseyevna Lvova-Belova: sarebbe stata lei infatti ad ordinare l’invio di bambini ed adolescenti strappati ai loro cari e al loro Paese per finire nelle strutture controllate dal Cremlino per essere sottoposti all’indottrinamento russo. Per favorire l’esodo dei bambini ucraini lo stesso Putin aveva firmato nel maggio 2022 un decreto per facilitare e velocizzare le procedure per far ottenere agli ucraini la cittadinanza russa.

Lo stesso Putin, spiega la Corte, è “individualmente responsabile” per i rapimenti e la deportazione di diversi bambini: “per averli compiuti lui direttamente, congiuntamente con e/o attraverso altri” e “per non aver esercitato un controllo adeguato sui subordinati civili e militari che li hanno compiuti“.

Ovviamente da parte di Mosca non si è fatta attendere la reazione. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha dichiarato che “le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, nemmeno dal punto di vista legale”.

Di tono ben più duro, come da personaggio, il commento del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, fedelissimo di Putin ed ex presidente della Federazione Russa. “La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto contro Vladimir Putin. Non c’è bisogno di spiegare DOVE dovrebbe essere usato questo documento“, scrive su Twitter.

Di tutt’altro avviso Kiev, col procuratore generale dell’Ucraina, Andrij Kostin che ha definito quella della Corte penale internazionale “una decisione storica“. “Sono personalmente grato al procuratore della Cpi Karim Khan per questa storica decisione. Continuiamo la stretta collaborazione con la Cpi nei casi di deportazione forzata di bambini ucraini. Oltre 40 volumi di fascicoli, più di 1000 pagine di prove già condivise con la Corte“, ha scritto su Twitter Kostin.

La decisione della Cpi nei fatti cambia poco per il conflitto in corso ormai da oltre un anno. L’emissione del mandato d’arresto non significa che Putin sarà arrestato: da un lato perché la Corte non ha una propria “polizia” e quindi deve affidarsi ai singoli Stati; dall’altro perché la Russia non ha mai ratificato lo Statuto di Roma, il trattato che istituì la Corte penale internazionale, di cui quindi non accetta la giurisdizione. Dunque il Cremlino non ha alcun obbligo di cooperare con la Cpi e consegnare al tribunale dell’Aja Putin per permettere un eventuale processo per crimini di guerra

 

Redazione

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