Crepe nella maggioranza
Manovra ed emendamenti, zitti e buoni nella maggioranza? Non il leghista Massimiliano Romeo
Sugli emendamenti il capogruppo del Carroccio ha detto: «Avevo capito che due o tre si potessero presentare». Spento un fuoco però, se ne accende già un altro

Sarà come sempre, come ogni anno, fino all’ultimo respiro. Giorgia Meloni dovrà accontentarsi ed accettare che il suo “auspicio” di licenziare la legge di bilancio entro metà dicembre – cosa di cui non si ha memoria almeno dagli anni Settanta a oggi – sia destinato a schiantarsi contro il più evidente principio di realtà: guida una maggioranza rissosa che appena può fa sgambetti ad una parte o all’altra. Così palazzo Chigi dovrà accontentarsi se la legge di bilancio avrà il via libera del Senato entro il 23 dicembre per poi andare alla Camera per il visto-si-stampi entro la fine dell’anno. Attenzione poi che anche questo modus operandi del governo – decreti su decreti, divieto di presentare emendamenti, “tutti zitti e buoni e in fila per tre col resto di due” scherza ma non troppo ieri un deputato di Forza Italia – comincia ad essere percepito come fastidioso anche nei banchi di Fratelli d’Italia.
Gli emendamenti di Romeo
Non è stato zitto e buono il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo che, nonostante le reiterate istruzioni della premier, martedì sera ha presentato tre emendamenti. E che emendamenti: frontalieri, magistratura onoraria ed enti locali. Mercoledì mattina il capogruppo alla Camera (chissà perché poi visto che la manovra è al Senato) ha chiarito in modo molto perentorio che “Romeo si è sbagliato”. Il capogruppo leghista se l’è cavata con una battuta: “Avevo capito in effetti che due o tre si potessero presentare…”.
Si dovevano vedere le facce. Se quella di Romeo avesse potuto parlare avrebbe fatto un trattato sulla necessità della disobbedienza, anche in una coalizione politica, per crescere e determinarsi. Concetto un po’ faticoso per Meloni che pure ha fatto della disobbedienza la benzina della sua crescita. Comunque, non saranno emendamenti ma ordini del giorno. Quelli in genere non si negano a nessuno. Il problema è che spento il “focherello” Romeo/Lega, si accende sempre nel perimetro della manovra il fuoco vero di Nevi/Tajani, cioè di Forza Italia. Mercoledì, in trasferta a Berlino, Meloni e Tajani avrebbero avuto il tempo e il modo di chiarirsi. Il segretario di Forza Italia si è lamentato per i continui distinguo, “chiaramente strumentali”, di Salvini e della Lega. Non passa giorno, è stato il ragionamento del vicepremier e ministro degli Esteri, “senza che dica, faccia, prometta in qualche modo e su qualunque cosa”. Il segretario della Lega “è in difficoltà perché non cresce nei sondaggi” ma questo non giustifica la continua provocazione.
La tensione in Forza Italia
Tajani, a questo punto, avrebbe anche fatto notare come la Lega abbia ottenuto il via libera in Commissione Affari costituzionali del ddl Calderoli sulla Autonomia differenziata, la “bandiera” più cara al nord leghista. Ieri mattina è stato incardinato in Commissione Affari costituzionali, sempre dal fedelissimo (di Meloni) Alberto Balboni, il disegno di legge di riforma costituzionale sul premierato. La “madre di tutte le riforme” come l‘ha definita la premier Meloni. E insomma, Salvini una cosa, Meloni un’altra. E Forza Italia nulla. Così non può essere. “Anche noi abbiamo la nostra riforma, la nostra bandiera e pretendiamo tempi uguali per tutte” ha detto il portavoce Nevi che ha chiesto la calendarizzazione del capitolo più difficile della riforma della giustizia: la separazione delle carriere tra giudici e pm. Ma il ministro della Giustizia Carlo Nordio frena: “Prima c’è il premierato, non possiamo ingolfare il Parlamento con due riforme così importanti”.
Forza Italia non ci sta e al suo interno c’è sempre più tensione. La sostituzione di Licia Ronzulli dalla guida del gruppo Senato alla vicepresidenza di Palazzo Madama in staffetta con Gasparri che va al suo posto, è un altro sintomo di acque agitate. Anche in vista del dopo-europee. Il regolamento di conti dentro Forza Italia è appena iniziato? E fin dove arriverà? Meloni fece di tutto per non avere Ronzulli nella squadra di governo. È stata l’ultima clamorosa litigata con Silvio Berlusconi, erano i tempi in cui prendeva forma la squadra di governo e il Cavaliere scriveva biglietti così: “Meloni è supponente, prepotente, arrogante e ridicola”. C’è anche la longa manus della premier dietro la rimozione? Inevitabile pensarlo.
Le contromanovre delle opposizioni
Le opposizioni sono ben consapevoli di questo marasma interno. E non restano certo ferme. Hanno presentato 2647 emendamenti: 1103 del Pd, 945 dei 5 stelle, 329 di Verdi e sinistra, 180 di Italia viva e 90 di Azione. Un bel lavoro per la Commissione perché, al di là della speranza che qualcosa venga recepito (sono disponibili per l’aula 200 milioni), è necessario comunque valutarli, giudicarli ammissibili o meno, accorparli, e poi discuterli. La capogruppo ha previsto l’arrivo in aula il 12 dicembre ma potrebbe slittare ancora.
Quelle delle opposizioni sono vere e proprie contromanovre. Il Pd l’ha suddivisa in cinque capitoli e le priorità sono salario minimo, congedi paritari, investimenti per la doppia transizione digitale ed ecologica, la sanità pubblica e la difesa dei servizi pubblici essenziali. “Abbiamo indicato tutte le coperture del caso” ha spiegato Misiani. I Cinque stelle l’hanno suddivisa in sei pilastri che sono un evergreen del Movimento: la proposta “taglia mutui”, i “cashback fiscali”, il “taglio al tetto del contante”. E ancora salario minimo e bonus fiscali.
Italia viva ha fatto proposte mirate su ripartizione degli utili ai lavoratori per salari più equi, il blocco dei macchinari industriali se mostrano difetti e prima che uccidano, reddito per la libertà (destinato alle donne che lasciano mariti violenti). E poi il ritorno della 18 app per incentivare la cultura tra i giovanissimi, il ripristino degli scavi fiscali per favorire il ritorno dei cervelli in Italia e la riapertura della missione Italia sicura come cabina di regia permanente contro il dissesto idrogeologico e nel post tragedie. Gli emendamenti sono quasi tutti a prima firma Matteo Renzi e Raffaella Paita che ieri nel premier time ha avuto un vivo e faccia a faccia con Meloni.
Restano molti nodi ancora nel testo della manovra, pensioni, sanità, cedolare su affitti brevi. La maggioranza tenterà di risolverne qualche spostandolo nel decreto Anticipi. Ma poi, alla fine servirà il solito maxiemedamento che tutto può e tutto tiene.
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