La legge di bilancio del governo Meloni, è una manovra di sinistra? Ne abbiamo parlato con il prof. Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano.

Prof. Cottarelli questa è una manovra che colpisce il ceto medio?
«Negli ultimi anni i tagli di tasse sono stati fatti prevalentemente per i ceti bassi. Sopra dei 35-40 mila euro, gli sgravi fiscali sono stati molto modesti. Negli ultimi dieci anni il peso relativo della tassazione è quindi stato sostenuto sempre più da chi ha un reddito superiore ai 35-40 mila euro. Però non da chi ha redditi davvero alti, che magari non paga le tasse in Italia perché prende la residenza all’estero, e da chi “vive di rendita”, visto che una buona parte delle entrate di questi ultimi è costituita da redditi da capitale e questi sono tassati al 26 per cento. Aggiungo che questi ultimi sono stati avvantaggiati da questa manovra e da quella per il 2023 che ha ridotto la tassazione su forme di rivalutazione dalla ricchezza o guadagni in conto capitale. Quindi il peso delle tasse cade sempre più sulla classe media. Fra l’altro, considerando che la manovra taglia i contributi sociali solo fino a 35 mila euro, chi guadagna 35 mila e uno perde tutto il vantaggio. Quindi non conviene superare questa cifra».

E per gli autonomi cosa è stato fatto?
«È stata confermata la flat tax al 15% con cui gli autonomi hanno già avuto un bello sconto».

Ma è vero come dice Landini che le partite iva sono tutti evasori?
«Io sono partita iva e le tasse le pago tutte e tanti altri fanno come me. Ma nel rapporto mandato quest’anno e l’anno scorso dal governo al parlamento viene indicato che per i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori l’evasione sarebbe del 68%. Sappiamo tutti che in certe attività soprattutto in alcune parti d’Italia l’eccezione è quando ti danno la ricevuta fiscale».

Il governo Meloni favorisce gli evasori?
«Si. L’anno scorso ha fatto un condono fiscale che loro non vogliono chiamare condono perché dicono si paga tutto il dovuto. Sì ma se paghi con cinque anni di ritardo in periodo di inflazione è un bello sconto. Invece la decisione del governo di imporre una tassazione minima al 15 sulle multinazionali è una cosa buona anche se parte di un accordo in sede Ocse che se implementato solo d alcuni paesi è un po’ meno efficacie. Adesso il governo sta provando a recuperare qualcosa con il concordato biennale preventivo, che a me non piace molto. Sembra un po’ lo stato che riconosce che non ce la fa a incassare il dovuto e quindi si accontenta di qualcosa; non è un bel segnale. Ti metti d’accordo col fisco, ti pago un certo importo, sai bene che se ti metti d’accordo pagherai meno del dovuto e l’agenzia delle entrate si deve accontentare».

Sulle pensioni invece il governo si è rimangiato la promessa di abolire la legge Fornero?
«Le promesse elettorali si fanno e poi non si mantengono. La cosa che mi preoccupa è che l’elettorato non sembra preoccuparsi molto di questa cosa, quindi l’andazzo è di promettere qualunque cosa nelle campagne elettorali. Per questo io avevo fatto un disegno di legge che avrebbe obbligato i partii a indicare nei programmi elettorali quali sono le coperture. Il disegno di legge è ancora in parlamento. In teoria, potrebbe ancora essere approvato anche se io sono andato via. Ma non nutro molte speranze».

Si è pentito di essersi dimesso dal parlamento?
«No. Adesso sto portando avanti questo programma di visite nelle scuole italiane di una quarantina di personaggi noti che sta andando molto bene. L’obiettivo era 150 scuole abbiamo avuto per ora 230 domande e crescono ogni giorno».

Fa bene la sinistra a criticare la manovra perché vorrebbe più deficit?
«Non so se tutta la sinistra voglia più deficit ma sarebbe un errore. Casomai, io critico la manovra perché ce n’è anche troppo di deficit. Doveva essere il prossimo anno del 3,7% del Pil e invece lo abbiamo portato al 4,3%. E negli anni successivi scende un pochino ma solo perché i tagli delle tasse sono limitati al 2024, anche se nella realtà sappiamo bene che non potranno essere temporanei. Quindi è una finzione far finta che nel 2025 il deficit scenda: lo voglio vedere questo governo che aumenta le tasse nel 2025.Quindi rimane la situazione dei conti pubblici resta abbastanza precaria con un rapporto tra debito pubblico e Pil che non scende neanche nelle previsioni del governo».

Tutta colpa del superbonus?
«Quando è stato realizzato alcuni partiti di centrodestra ne volevano di più. L’idea del superbonus non era sbagliata in quel momento anche perché il settore edilizio era stato colpito dalla pandemia però si è esagerato nel mettere troppi soldi, troppo rapidamente nello stesso settore, soldi che potevano essere utilizzati molto più utilmente per pubblica istruzione e sanità per esempio. O per ridurre il debito pubblico».

Nella manovra si fa abbastanza per industria, imprese e sviluppo?
«No, ma per questo c’è il Pnrr che dovrebbe essere lo strumento principale per aumentare la crescita italiana nel medio e lungo termine».

Lei ha ancora fiducia nel piano?
«Mancano ancora tre anni e si può ancora recuperare il ritardo, ma bisogna avere la volontà politica per farlo».

Cosa succederà col patto di stabilità?
«Ci sarà un accordo prima della fine dell’anno perché nessuno vuole tornare alle vecchie regole. Credo sarà un compromesso in cui il nuovo approccio, ossia discutere un piano di rientro Paese per Paese, sarà accettato. Ma per avere il consenso della Germania e di alcuni Paesi del nord Europa, qualche vincolo in più sarà imposto, per esempio in termini di riduzione del deficit che dovrà comunque esser ottenuto anno per anno».