Ciak, azione. Non solo la riforma costituzionale. Giorgia Meloni nel suo ultimo video della serie spot de “Gli Appunti di Giorgia”, girato interamente tra le sale di Palazzo Chigi, oltre a pubblicizzare la svolta istituzionale del premierato, ancora tutta da migliorare, elenca un serie di obiettivi raggiunti dal governo. Meloni parla della legge di bilancio e millanta record occupazionali. Magnifica un Piano Mattei che è tutto di là da venire e reclamizza il patto con l’Albania sui migranti. Quindi si dedica alle misure a sostegno della disabilità. Il piatto forte, oltre alla riforma della Costituzione, è sicuramente la manovra finanziaria. Meloni dice di essersi concentrata sulla “difesa del potere d’acquisto” delle famiglie e dei lavoratori. “Più soldi in busta paga”, annuncia la presidente del Consiglio. Meloni si riferisce al taglio dei contributi previdenziali per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 35mila euro, confermato per tutto il 2024. Un taglio che, teoricamente, su base annuale dovrebbe valere intorno agli 8 miliardi di euro. Comunque meno dei 9 miliardi di euro degli 80 euro del governo di Matteo Renzi.

In pratica i lavoratori beneficeranno fino a un massimo di 100 euro mensili. Un taglio che era già in vigore quest’anno e che quindi non comporterà “più soldi in busta paga” rispetto alla situazione attuale. Senza contare gli aumenti delle tasse sulle famiglie contenute qua e là nella manovra finanziaria del centrodestra. Altro che difesa del potere d’acquisto. Il governo Meloni, infatti, ha aumentato l’Iva su prodotti come i pannolini e gli assorbenti. Ma anche sul latte in polvere e perfino sui passeggini. Tutto il contrario rispetto a uno degli altri slogan della manovra dell’attuale esecutivo, ovvero “il sostegno alle famiglie e alla natalità”. Un cavallo di battaglia di Fratelli d’Italia smentito dalla realtà dei fatti. E quindi anche il claim “meno tasse”, che a un certo punto appare in sovraimpressione durante il video di Meloni del 10 novembre, non corrisponde alle azioni concrete intraprese dal governo. Più tasse. Più tasse sulle famiglie. La premier parla poi di un “aumento delle spese sanitarie”. “Una cifra mai raggiunta prima”, spiega la presidente del Consiglio da Palazzo Chigi. Dimentica però i tagli previsti dalle proiezioni della Nadef (circa 2 miliardi) e soprattutto non dice di aver rifiutato i 37 miliardi di euro dell’Unione Europea del cosiddetto “Mes sanitario”. Meloni poi dice di aver inanellato una serie di “record occupazionali”. E quindi “maggior numero di occupati di sempre”, “maggior numero di occupati donna di sempre”, “maggior numero di contratti a tempo indeterminato di sempre”, “tasso di occupazione più elevato di sempre”.

Governo Meloni, dal Piano Mattei all’aumento delle tasse: tutto quello che non torna

A meno di miracoli, si tratta di una serie di risultati che è difficilmente attribuibile al lavoro fatto dal governo Meloni in questo primo anno di legislatura. Infatti la tendenza al miglioramento dei dati sul lavoro è cominciato nel 2021, con il governo di Mario Draghi. Già durante l’esperienza Draghi erano stati raggiunti dei record e la tendenza è stata confermata. Insomma, è difficile affermare che i “record occupazionali” siano frutto delle politiche del governo Meloni.
Altro giro, altro slogan. Come quello del “Piano Mattei” sull’Africa. Per il momento non c’è ancora niente di “strategico” e soprattutto nulla di chiaro e specifico. Il consiglio dei ministri si è limitato ad approvare dieci giorni fa un generico documento di sei pagine, che introduce la creazione di una cabina di regia specifica. Tutto molto vago e parzialmente già in atto: dal contrasto all’immigrazione irregolare alla cooperazione allo sviluppo. E poi la ricerca, l’istruzione, la promozione delle esportazioni, gli investimenti, l’approvvigionamento delle risorse naturali e il potenziamento delle infrastrutture digitali. Nessun disegno con una visione profonda, almeno per adesso. Eppure Meloni definisce questa bozza come “il più significativo progetto strategico che questo governo abbia messo in campo a livello internazionale e a livello geopolitico”.

E sono pochi i dettagli anche sul Patto tra Italia e Albania per i migranti. Meloni lo bolla come “un accordo storico e innovativo”. La Commissione Europea è preoccupata e attende di avere maggiori informazioni da Roma. Il tutto mentre anche da Bruxelles non comprendono, ad esempio, come si possano applicare le domande d’asilo al di fuori di un Paese dell’Unione Europea. Un piano che, sostanzialmente, prevede una cessione di sovranità di Tirana per realizzare due centri gestiti legalmente dall’Italia ma sul territorio albanese. Un accordo simile a quello, criticatissimo, tra Regno Unito e Ruanda. Tanto che lo stesso premier dell’Albania Edi Rama ha espresso delle riserve: “Non sappiamo se l’accordo sui centri per migranti funzionerà”. E ancora Rama: “Se l’Italia non riuscirà a fare i rimpatri dovrà riprenderseli”. Se la premier scomoda il termine “storico” per definire il patto, il capo del governo albanese è sempre scettico: “Questo è un accordo teorico, poi va messo in pratica. E non sarà facile, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Gli accordi con i Paesi africani sono la cosa più difficile”. E un Piano Mattei ancora nemmeno sulla carta di certo non aiuta. Intanto, con Meloni al governo, il numero degli sbarchi è raddoppiato rispetto allo scorso anno e agli anni precedenti. Con un aumento di più del 100% se paragonato all’estate del 2022, è in questo campo che il governo di centrodestra ha polverizzato ogni record, ma in negativo.