Indietro tutta, compagni
“Schlein andrà a sbattere alle Europee”, l’allarme nel Pd dopo la virata verso l’arcipelago rosso della segretaria Elly

“Elly Schlein andrà a sbattere alle Europee, bisogna tenersi pronti”. L’indiscrezione, che fonti autorevoli intestano a Dario Franceschini, corre di bocca in bocca, di chat in chat. C’è chi ne deduce che Area Dem si starebbe attrezzando per dare il benservito alla segretaria, provando a riorganizzarsi sin da ora. Gli interessati smentiscono ma l’incontro tra l’ex Ministro della cultura, il lettiano Marco Meloni, Francesco Boccia e Nicola Zingaretti c’è stato. Roberto Speranza, atteso alla riunione riservatissima, si sarebbe sfilato per tempo. Almeno il patto che ha saldato Articolo 1 a Elly Schlein tiene. Ma è l’unico. Ufficialmente i maggiorenti collaterali al cerchio magico di Elly starebbero provando a evitare il peggio, quello scontro con la scogliera di Bruxelles contro la quale rischia di infrangersi la navigazione di Schlein. Come? Verificando le disponibilità per le teste di lista dei collegi di candidati non troppo alternativi.
Capaci perfino di prendere voti, se la segretaria non si mettesse di traverso. E c’è chi ipotizza, tra i loro nomi di punta, quello del sindaco di Firenze, Dario Nardella, che i Dem potrebbero candidare come capolista per l’Italia centrale. Diversa la posizione dell’ala riformista, le cui sorti sono affidate a Stefano Bonaccini, Lorenzo Guerini e Piero Fassino. I tre si starebbero scaldando a bordo campo, pronti a rientrare in partita all’indomani dell’uscita di Elly. La strategia della segretaria non sembra quella di cucire con i due correntoni di Franceschini e Bonaccini.
Per Schlein la regola è una: nessun nemico a sinistra. La vecchia massima ben si addice al nuovo corso del Nazareno. Il “Nuovo Pd” di Elly Schlein ha spostato l’asse del suo consenso a sinistra della sinistra e ha aperto le porte a chi il Partito Democratico l’aveva a lungo avversato. Sardine, pezzi dei movimenti pacifisti, parte dell’ambientalismo duro e puro si sono saldati con Elly Schlein, tornando ad alimentare l’idea di un’area che dilaga a sinistra senza soluzione di continuità. Un arcipelago rosso che include ormai tanti che il Pd lo hanno combattuto per anni e che ora vi si rispecchiano, tout court. È il caso di Arturo Scotto, di Nichi Vendola, di Roberto Speranza. Ma anche di Massimo D’Alema e Sergio Cofferati, che ha ripreso la tessera dopo dieci anni. E se la segreteria nazionale oggi è coordinata da Marta Bonafoni, che a Roma conosce certamente meglio i centri sociali dei circoli dem, va detto che sono sette membri della segreteria su dieci a non aver mai neanche pensato di prendere la tessera del partito prima di sette mesi fa. Era il 28 febbraio quando Elly Schlein veniva proclamata segretaria: da allora lo spostamento di asse verso sinistra è stato costante. Implacabile. Il ruolo del volto storico della “Tele Kabul” santoriana, Sandro Ruotolo, formalmente responsabile cultura e informazione ma di fatto diventato un portavoce-ombra di Schlein, è funzionale proprio al progetto di fare da ponte con i movimenti alternativi, l’arcipelago pacifista e antiatlantista e quello giustizialista che occhieggia ai vari Travaglio, Santoro e Ranucci.
In questo contesto si succedono gli abbandoni dal Pd. Enrico Borghi, che ha raggiunto Italia Viva. Beppe Fioroni, che ha rilanciato i Popolari. Andrea Marcucci, in direzione liberale. E che dire di Carlo Cottarelli? La sua parabola sui banchi Dem è durata pochi mesi. L’esperto di conti pubblici non aveva fatto quelli con la Schlein, da cui si è allontanato a passi lunghi e ben distesi appena ha capito in che direzione viravano i “Nuovi” Dem. Ieri era stato l’eurodeputato Andrea Cozzolino a lanciare il suo J’accuse forte e chiaro contro gli ormai ex compagni dem. “Sono stato maltrattato dal Pd, mi hanno sospeso in modo indecente”, può ben dire oggi che il castello accusatorio nei suoi confronti sembra crollare. Il Pd da quell’orecchio non ci sente. “Un imputato assolto è spesso un colpevole che l’ha fatta franca”, predicava Piercamillo Davigo. E così sembra pensarla uno che a Bruxelles sarebbe pronto ad andare: Michele Santoro, su cui punta il M5S, sottraendolo alla candidatura che gli avrebbero offerto dal Nazareno. Può tornare utile la competenza dell’ex presidente dell’Inps, Giuseppe Tridico, che pure scenderebbe in pista per l’Europarlamento: il vecchio che avanza sotto la Schlein è tutto in età pensionabile, d’altronde.
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